La metà dei disoccupati europei è senza lavoro da più di un anno, e una delle nazioni che soffre maggiormente per questo problema è proprio l'Italia. In totale nell'Unione europea sono oltre 12 milioni di persone, quasi il doppio rispetto all'inizio della crisi economica. Un boom preoccupante, perché più tempo si resta senza lavoro e più difficile diventa ritrovarlo. Per questo Bruxelles ha deciso di correre ai ripari. Secondo quanto ha appreso “l'Espresso”, mercoledì 16 settembre la Commissione europea dovrebbe lanciare una proposta per creare un programma specifico dedicato ai cosiddetti “long-term unemployed”, i disoccupati a lungo termine. Una raccomandazione che dovrà essere votata dal Consiglio d'Europa e, una volta approvata, dall'anno prossimo essere messa in pratica da tutti gli Stati membri.
Sebbene il tasso dei senza lavoro sia stia riducendo nell'Unione europea – gli ultimi dati di Eurostat dicono che la quota è scesa al 9,5 per cento, pari a 23 milioni di persone – la percentuale di quelli che non hanno un'occupazione da più di un anno non diminuisce con la stessa rapidità. La situazione, come è logico intuire, è particolarmente grave nei Paesi più poveri. I peggiori sono la Grecia e la Slovacchia, dove oltre il 70 per cento dei disoccupati è senza impiego da oltre dodici mesi. Segue a breve distanza l'Italia, dove la quota supera il 60 per cento. Secondo i dati della Commissione europea, l'anno scorso da noi c'erano 1,9 milioni di persone senza lavoro da oltre un anno e 1,2 milioni da più di due anni. Un problema complesso. Oltre all'aumento del livello di povertà, infatti, la disoccupazione a lungo termine porta altre conseguenze pericolose. Chi resta a casa per molto tempo rischia di perdere le abilità lavorative, ma soprattutto la fiducia in se stesso indispensabile per trovare un nuovo impiego. Questione politica, oltre che economica. Un disoccupato a lungo termine tende a non avere fiducia nei leader che lo rappresentano (o ad averne meno di chi un lavoro ce l'ha). Non è quindi un caso che con il peggiorare della crisi sia aumentata anche la disaffezione nei confronti dell'Unione europea, sempre più determinante nelle scelte dei governi nazionali. Da qui nasce la proposta della commissaria europea all'occupazione, la belga Marianne Thyssen.
Il piano ricalca a grandi linee quello adottato con la Garanzia Giovani, il programma pensato dalla Commissione nel 2013 per combattere il problema della disoccupazione giovanile. Come in quel caso, l'idea a Bruxelles è quella di creare un sistema basato sulle agenzie per l'impiego, dove il disoccupato si registra, viene valutato per le sue capacità, monitorato costantemente e aiutato a reinserirsi nel mondo del lavoro attraverso corsi di formazione e aggiornamento, consigli pratici sulla scrittura del curriculum e, se serve, supporto psicologico. I dettagli non sono stati resi noti, ma una cosa è certa. «Non metteremo soldi aggiuntivi: ci sono quelli del Fondo sociale europeo e spetta ai singoli Stati decidere di dedicare risorse a questo problema», ha detto la commissaria Thyssen, il cui obiettivo è quello di portare entro sette anni il numero di disoccupati a lungo termine da 12 a 7 milioni. Affinché il programma funzioni è però importante capire se e quante risorse investiranno le nazioni dell'Ue in questo programma.
In Italia, a differenza di altre nazioni, non esistono incentivi economici a livello nazionale per i disoccupati a lungo termine: ogni regione decide sulla questione come meglio crede, in molti casi semplicemente non vengono concessi sussidi. Il risultato è che, secondo i dati della Commissione, siamo il quintultimo Paese europeo nella classifica dei benefici economici offerti a chi è senza lavoro da oltre dodici mesi. Siamo anche in fondo alla graduatoria che calcola quanti disoccupati sono iscritti al registro per l'impiego: meno del 50 per cento, contro il 90 per cento della Germania e quasi il 95 per cento della testa di serie, la Finlandia. L'iscrizione alla lista dei disoccupati è il primo obiettivo della proposta disegnata dalla commissaria Thyssen. L'altro punto importante è il contratto: un accordo tra l'agenzia e la persona in cerca di occupazione, in cui quest'ultima si impegna a seguire le indicazioni fornitegli. Vuoi fare il saldatore? Devi andare a fare un corso. Per questo conta l'incentivo economico: perché se saltare il corso, o non iscriversi al registro dell'impiego, implica perdere l'aiuto economico, è probabile che moltissimi ci andranno, altrimenti non ci sarà incentivo. I soldi sono cruciali anche per coinvolgere le imprese, le quali tendono ad interessarsi alla questione se ne possono ricavare benefici finanziari. Il governo italiano offrirà sgravi fiscali interessanti per le aziende che assumono un disoccupato di lungo corso?
Come per la Garanzia Giovani, anche in questo caso quella della Commissione europea è una raccomandazione, non una decisione vincolante per i Paesi europei. «Il nostro è un messaggio: vogliamo dire agli Stati membri che la disoccupazione a lungo termine è il grande problema al momento, e che è necessaria più attenzione per contrastarlo in modo efficace», dice un funzionario di Bruxelles che non vuole essere nominato. La proposta è un mix delle esperienze virtuose raccolte in giro per il vecchio Continente. Come quella di Christian Sprauer, fondatore della start-up Railova, una società che fornisce servizi informatici alle compagnie ferroviarie e ha sede nella regione di Bruxelles, dove la disoccupazione è al 18,8 per cento (molto più del 12,6 per cento dell'Italia). Dei dodici dipendenti attuali, sette sono ex disoccupati a lungo termine. Il segreto? L'aiuto fornito da Actiris, l'agenzia del lavoro locale, dotata di ben cinquanta psicologi divisi nei diciotto uffici sparsi per la regione. E i benefici fiscali previsti dal Belgio per questo tipo di assunzioni. Non proprio noccioline: per uno dei sette dipendenti, ha raccontato l'imprenditore, il risparmio è stato di 12 mila euro all'anno per tre anni.
Voci da Bruxelles11.11.2022
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