Tre storie, un punto di vista diverso sulle migrazioni: nato da un’idea di due italiane che lavorano come cooperanti internazionali in Senegal e realizzato da un team multidisciplinare grazie al contributo dello European Journalism Centre, il documentario "Va e torna" sarà pubblicato in anteprima per l’Italia il prossimo 16 dicembre sull’Espresso
“Mi hanno detto che sono come un cocco, nero fuori e bianco dentro”. Karou, 35 anni, senegalese di nascita ma lombardo di adozione, pronuncia questa frase con un perfetto accento bergamasco. Siamo a Thiès, a poca distanza dalla capitale del Senegal Dakar, dove l’uomo ha deciso di tornare dopo quindici anni trascorsi in Italia, per avviare un’attività imprenditoriale. Karou fa parte di quel gruppo di persone che gli esperti chiamano “migranti di ritorno”, una categoria eterogenea, che comprende chi, dopo aver vissuto per lunghi periodi all’estero, decide di scommettere in un futuro nel luogo in cui è nato.
Va’ e torna - “Demal te niew”, letteralmente “Va’ e torna” nella lingua wolof, è un webdoc che racconta le storie di tre migranti di ritorno.
IL TRAILER[[ge:rep-locali:espresso:285243295]]Nato da un’idea di due italiane che lavorano come cooperanti internazionali in Senegal e realizzato da un team multidisciplinare grazie al contributo dello European Journalism Centre, il webdoc sarà pubblicato in anteprima per l’Italia il prossimo 16 dicembre sull’Espresso, media partner del progetto.
“Con questo lavoro vogliamo offrire un punto di vista diverso sulle migrazioni”,
racconta Silvia Lami, cooperante internazionale che gestisce un progetto di supporto alle start up d’impresa dei migranti di ritorno a Thiès, cittadina a 60 km dalla capitale Dakar. Perché se nascono collaborazioni, le idee imprenditoriali dei migranti possono diventare una risorsa sia per il paese di origine che di emigrazione.
Le storieE' il caso per esempio di
Ndary, che nella località turistica di Saly ha aperto una gelateria insieme a un socio italiano che aveva conosciuto a Pescara, quando lavorava come addetto alla segnaletica stradale per il Comune. “Il nostro gelato, lavorato a partire dalle materie prime che importiamo dall’Italia, è il migliore di tutto il Senegal”, racconta orgoglioso.
[[ge:rep-locali:espresso:285243144]]“Abbiamo scelto i nostri tre protagonisti tra una trentina di migranti di ritorno che abbiamo intervistato per una ricerca etnografica”, prosegue
Marcella Pasotti, che ha lavorato per anni in diversi Paesi dell’Africa nell’ambito della cooperazione internazionale e della comunicazione.
Oltre a Ndary, la scelta è ricaduta su
Karou, che ha lasciato le montagne bergamasche e un lavoro stabile come operaio per avviare una fabbrica di tubi in plastica riciclata a Thiès, la sua città natale. “Le difficoltà non mancano, partire con un’attività in Senegal non sempre è facile. Però sono sicuro che solo qua posso dare un futuro migliore ai miei figli”, riflette Karou, pensando alle possibilità che un mercato nuovo e in espansione può offrire rispetto a quello europeo, saturo e in crisi in molti settori.
Anche il terzo protagonista,
Mouhamed, ha deciso di scommettere sul Senegal dopo aver vissuto a Como e a Napoli. Insieme a soci italiani e senegalesi, acquista abiti di seconda mano dal Belpaese per venderli a Dakar, nel grande mercato dell’usato di Colobane.
Il webdocOltre alle video interviste, il webdoc contiene articoli di approfondimento e visualizzazioni che hanno lo scopo di raccontare i numeri dietro al fenomeno delle migrazioni, e, più in generale, il contesto del Senegal.
Demal te niew è stato selezionato per partecipare all’Ethnographic Film Festival di Amsterdam il prossimo 7 dicembre. Sempre a dicembre, l’OIM, Organizzazione Internazionale Migrazioni, lo presenterà a Dakar in anteprima per l’Africa.