Amministrazioni inadempienti, scuole e ospedali a rischio, case vecchie e abusive. Con lo sciame sismico nel centro Italia, puntualmente, si torna a parlare di messa in sicurezza del territorio. Ma tra i cittadini stenta ad affermarsi la consapevolezza del rischio

Immaginate di vivere in Aspromonte, in un borgo a mille metri d'altezza. E che il vostro comune abbia approvato un documento in cui si stabilisce cosa fare in caso di tsunami. Ecco, vi sentireste al sicuro? Difficile, ma sareste comunque in buona compagnia. Perché quel fantasioso piano d'emergenza esiste, e i numeri degli altri comuni calabresi, in tema di procedure operative di intervento in caso di calamità naturali, non sono per nulla rassicuranti.

Le amministrazioni che hanno approvato e aggiornato il piano d'emergenza sono nove, su un totale di 409. Degli altri, 190 non si sono dotati del documento, contravvenendo alla legge n.100/2012 (che non prevede sanzioni, almeno finché gli eventi non provocano danni), e 210 possiedono piani vecchi o copiati: capita, così, di leggere indirizzi appartenenti ad altre città o di accorgersi che tra i 50 comuni della provincia di Vibo Valentia (tutti in zona sismica 1), solo quattro hanno redatto il piano.

Se la terra dovesse tremare, come già accaduto in passato, la Calabria non è preparata. Preferisce non pensarci. Anche dove le regole sono state rispettate, la popolazione non sa come verrebbe gestita l’emergenza. Non un cartello per strada, nessuna attività di promozione di buone pratiche. È così anche altrove, si dirà. Ma lo si farà dimenticando, o ignorando, che parliamo della regione a più alto rischio sismico del Paese, tra le più vulnerabili in tutto il continente.

«Sappiamo che le faglie si sono mosse, si stanno muovendo e continueranno a muoversi». A dirlo è il geologo e direttore della Protezione civile calabrese Carlo Tansi. Ci sono numeri, serie storiche e studi scientifici che supportano la sua affermazione. Il 37 per cento dei comuni italiani che rientrano nella categoria rischio 1 (la più pericolosa, dove possono verificarsi fortissimi terremoti), sono calabresi (261). L'intero territorio regionale è suddiviso tra rischio 1 e 2. 
rischio sismico calabria
Tra i dieci terremoti più disastrosi per numero di vittime nella storia d'Italia, tre si sono verificati in Calabria: a Lamezia nel 1638 (10 mila morti), nell'area centro-meridionale nel 1783 (35 mila morti) e nello Stretto di Messina nel 1908 (oltre 100 mila morti). Quello di inizio Novecento, che rase al suolo quasi tutta la città di Reggio Calabria, è anche l'ottavo sisma più catastrofico su scala mondiale. La regione balla da secoli per effetto di numerose faglie, causate dallo scontro tra la placca africana e quella europea, che si avvicinano alla velocità di 7 mm all'anno.

Se ai terremoti aggiungiamo le frane e le alluvioni, si calcola che negli ultimi 250 anni hanno perso la vita circa 200 mila persone. Ciò nonostante, «i piani di emergenza sono indecenti – dice Tansi –. Sono scritti male e di difficile fruizione da parte dei cittadini. La Protezione civile sta cercando di rimediare all’inerzia dei comuni: stiamo creando un’app di gestione delle emergenze capace di funzionare anche offline. Entro tre mesi partirà la sperimentazione nelle città capoluogo».

La sensazione, però, è che per mettere in moto il sistema della prevenzione regionale non basterà un’applicazione per smartphone. Lo stesso Carlo Tansi, nominato un anno fa a capo della Protezione civile, aveva minacciato le dimissioni il 2 ottobre.



Ora quel “micro-sindacato”, la Cisal, da cui Tansi dice di essere attaccato ha richiesto un provvedimento disciplinare nei suoi confronti per la «campagna denigratoria del direttore verso i lavoratori della Protezione civile regionale». Tutto questo mentre Legambiente fa sapere che il 95,2 per cento degli istituti scolastici necessita di manutenzione urgente, il 43 per cento risale a prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica (1974) e solo il 7,2 per cento possiede certificazioni di idoneità statica. Mentre l’assessore all’Ambiente di Reggio Calabria, Antonio Zimbalatti, denuncia l’assenza di certificazione antisismica per gli Ospedali Riuniti (non l’unico nosocomio in difficoltà statica, come già evidenziato dalla commissione parlamentare d'inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale). E mentre il presidente dell'Istat, Giorgio Alleva, in audizione alla Camera sulla legge di Bilancio 2017, rende noto che il 42 per cento degli immobili italiani costruiti prima del 1971 in zona 1 rientra nei confini calabresi.

Qualche segnale positivo c’è. Un mese fa la giunta regionale ha approvato una delibera che fissa in 90 giorni il termine per l’approvazione dei piani d’emergenza, pena l’esclusione delle amministrazioni comunali dai fondi per il miglioramento sismico. Si spera, poi, che possano essere tanti i cittadini calabresi tra i fruitori del bonus terremoto inserito nella manovra 2017, che introduce detrazioni fiscali per chi decide di “rinforzare” la propria casa.

Sì perché, se l’edilizia pubblica scricchiola, quella privata non se la passa poi tanto meglio. «Gli edifici altamente vulnerabili sono 450 mila – dice Carlo Tansi –, a cui si aggiungono 142 mila abitazioni abusive, le prime a venire giù in caso di forti scosse. Non si tratta solo di superficialità e incompetenza amministrativa. È un problema culturale che riguarda tutti i calabresi. Non c’è un’adeguata percezione del fenomeno. Troppo spesso in passato chi ha ricevuto finanziamenti ha dato una rinfrescata all’intonaco. È necessaria una legge che istituisca una volta per tutte il fascicolo del fabbricato, contenente la caratterizzazione sismica e geologica degli immobili».

«Gran parte dei piccoli e medi insediamenti abitativi calabresi, nonché i centri storici delle città, sono costituiti da costruzioni in muratura – spiegano i professori Domenico Bruno e Fabrizio Greco del dipartimento di ingegneria civile dell'Università della Calabria –. Edifici che, come confermato dagli eventi sismici in centro Italia, sono i più esposti all'aggressione sismica, con elevato grado di vulnerabilità». Gli interventi che possono realizzare i privati – di adeguamento (raggiungimento degli standard garantiti dalle nuove costruzioni) o di miglioramento – «devono essere preceduti da una valutazione tecnica della salute strutturale dell'edificio. Indagini che richiedono un impegno economico non di poco conto. Le detrazioni sono misure efficaci, particolarmente vantaggiose per le classi sociali mediamente abbienti. Ma le istituzioni nazionali e, soprattutto, quelle locali potrebbero trovare delle forme di sostegno nei riguardi delle fasce più povere che, a causa del basso reddito, non potranno godere a pieno degli incentivi fiscali associati al bonus terremoto».

Sempre la legge di bilancio prevede l'adozione entro il 28 febbraio delle Linee guida per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni (con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sulla scorta del parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici). Uno strumento che gli ingegneri dell'ateneo calabrese definiscono «cruciale affinché con l’impegno di tali risorse si possa conseguire una concreta prevenzione del rischio sismico e una razionalizzazione delle risorse messe in campo dal Governo».