«Mi piacerebbe che i diciottenni, come gesto politico, reinviassero al mittente ?il denaro ricevuto, per così dire, in dono. Mi piacerebbe cioè che chiedessero di investirlo ?là dove invece, viceversa, il denaro viene sottratto».
Lo scrittore Andrea Bajani, curatore del programma Giovani al Salone del libro di Torino, lancia la provocazione. E perché non resti teoria propone «un cartello di uomini e donne di cultura disposti ad andare nelle scuole e ragionarne coi diciottenni di queste questioni».
«Se gli adulti - politici o cittadini - non se ne occupano, che siano i ragazzi a pretenderlo, gestendo questo fondo. Si organizzino, vadano a Roma, pretendano un incontro e una valutazione su come potrebbe essere speso altrimenti quel denaro. Con i loro diciotto anni diventino cittadini attivi. Non accettino la paghetta. O meglio, ne facciano un uso politico».
Davvero crede che i ragazzi sarebbero disposti a rinunciare a questi soldi?
«I ragazzi dovrebbero riportare la cultura in termini di collettività e non soltanto nei termini di una spesa personale. Se lo stato pensa che i soldi vadano investiti in formazione culturale delle famiglie, lo faccia a vantaggio di una comunità. E dunque: che lo Stato investa quel denaro - con mandato dei giovani - sui teatri falcidiati, sulle biblioteche lasciate senza fondi. Reinvesta finanziando progetti di lettura nelle scuole, nelle carceri, nei centri anziani. Riportando la poesia al centro del vivere civile, le grandi domande. Questo
è come mi piacerebbe che i ragazzi usassero i loro soldi. Che si facessero Stato, diventando grandi. È il più bel regalo che potrebbero farsi».
Scoprire l’arte insieme. Andare a esplorare luoghi nuovi. Non le sembra positivo?
«In questi anni l’iperprotezione dei bambini-ragazzi e l’iper-stimolazione hanno prodotto più danni che vantaggi. L’effetto è stato di impigrimento. ?Sta venendo meno la fame di sapere. ?Il sapere è anche trovare la strada ?per raggiungerlo. ?I ragazzi hanno troppo. Quando si va nelle scuole ci si rende conto che gli studenti immigrati sono ?i più affamati di sapere perché pensano ancora che il sapere potrà cambiare loro la vita. Quelli che non hanno accesso ai consumi culturali, non trasformano la cultura in un consumo: le danno un valore rivoluzionario. Bisogna affamare i nostri ragazzi. ?Se avranno fame troveranno ?la loro strada».