Esteri

Dall'Arabia Saudita all'Angola, che affare gli Stati canaglia

di Emanuela Scridel   31 maggio 2016

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I rapporti economici dell’Italia con i regimi peggiori del mondo sono in crescita da un anno. Compresa la vendita di armi

I rapporti economici e politici fra l’Italia e numerosi paesi i cui regimi sono classificati fra i peggiori al mondo si sono moltiplicati negli ultimi anni, in particolare nel 2015. Oltre all’Egitto, sono Stati repressivi e non democratici Angola, Iran, Arabia Saudita, Turkmenistan e Kazakistan. Fra 6 e 7 oscilla infatti il punteggio assegnato a questi paesi da Freedom House: più alto è il punteggio (e sette è il massimo) peggiore è il regime e massima la violazione dei diritti umani.

Come per l’Egitto, dal 2014 vi è stato un intensificarsi dei rapporti economici anche con l’Angola, oggi terzo partner commerciale sub-sahariano dell’Italia con una presenza italiana caratterizzata principalmente da Eni e Inalca-Cremonini. Ma è sul settore militare che l’Italia intende puntare. E infatti, nel 2014, il tour promozionale dell’industria bellica denominato “Sistema paese in movimento” guarda all’Angola: un giro d’affari potenzialmente miliardario che può coinvolgere Fincantieri, Selex ES, Oto Melara e molte altre imprese e che pare stia iniziando a dare i suoi frutti. È dello scorso gennaio il contratto di Finmeccanica e Selex in Angola per forniture militari per più di 300 milioni di euro.

Ma chi è il presidente angolano con il quale facciamo  accordi? José Eduardo dos Santos è salito al potere con una serie di brogli elettorali nel 1992 e oggi, dopo alterne vicende, è ancora in carica. Insieme alla sua famiglia detiene le maggiori ricchezze del Paese. Il suo operato è stato condannato da molti organismi internazionali che si battono per la difesa dei diritti umani: l’Angola è classificata oggi come “dittatura” sia dal Democracy Index dell’“Economist” sia da Freedom House. Jose Filomeno, il figlio del presidente, soprannominato “il Principe”, è attualmente capo del Fondo sovrano nazionale. In Angola è considerato più importante del padre a livello politico, e insieme agli altri membri della famiglia si spartisce tutti i settori chiave dell’economia. Sua sorella, Isabel, è considerata dalla rivista “Forbes” la donna più ricca dell’Angola. Nel contempo il reddito medio angolano si aggira intorno ai 1.600 euro l’anno.

Dall’Africa al Medio Oriente il passo è breve e i flussi di denaro non conoscono confini. I noti accordi tra imprese e istituzioni italiane e iraniane - stipulati nel corso della recente visita del presidente Hassan Rouhani in Italia - valgono 17 miliardi di dollari. Una lista di 24 accordi destinati ad aumentare. Dai trasporti alla ingegneristica, passando per la cantieristica e la raffinazione.

Può darsi, che come afferma Rouhani, a seguito dei recenti risultati elettorali nella Repubblica Islamica dell’Iran si respiri «un’atmosfera nuova». Ma secondo quanto riportato da diversi osservatori internazionali, fra cui Nessuno Tocchi Caino, nei due anni di presidenza di Rouhani sono stati giustiziati 2.277 detenuti. Oltre al fatto che le esecuzioni di minorenni sono continuate nel 2015, fatto che pone l’Iran in aperta violazione del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici e della Convenzione sui Diritti del Fanciullo che  ha però ratificato.

Peggio ancora la situazione in Arabia Saudita dove il numero di esecuzioni ha raggiunto il suo livello più alto degli ultimi cinque anni: nel 2015 sono state almeno 102, contro 78 del 2013. Sotto il comando della dinastia saudita è fatta rispettare rigorosamente la legge della dottrina wahhabita, un’interpretazione fondamentalista del Corano. Molte libertà fondamentali proprie della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo non esistono. Ciononostante, come spiega la nota economica della Farnesina del gennaio 2016, «le relazioni economiche italo-saudite vivono un momento decisamente favorevole e strategico per i nostri interessi nazionali. Il Regno è infatti largamente disponibile a intensificare le relazioni economiche con l’Italia, che gode di un’immagine complessivamente positiva, e a sviluppare iniziative economiche e finanziarie di comune interesse». Per valore complessivo dell’interscambio con l’Arabia Saudita, l’Italia figura nel 2014 come undicesimo partner commerciale del regno a livello mondiale e come il terzo tra i paesi della Ue.

Gli ultimi due anni hanno visto il consolidarsi anche dei rapporti fra l’Italia e due delle cosiddette repubbliche ex sovietiche, a tutti gli effetti regimi dittatoriali: il Turkmenistan e il Kazakistan. Il “Democracy Index” dell’Economist annovera da diversi anni il Turkmenistan tra i regimi più autoritari del mondo: sia il Dipartimento di Stato degli Usa sia numerose organizzazioni umanitarie denunciano da tempo le reiterate violazioni dei diritti umani. Nel 2014 Renzi è il primo capo di governo occidentale a recarsi nel Paese centroasiatico. Una visita sfociata nell’accordo siglato dall’Eni per la gestione e l’uso di idrocarburi in Turkmenistan.

Ancora una volta a completare il quadro dei rapporti economici fra i due  paesi vi è il business delle armi:  in pochi anni è stata autorizzata l’esportazione di un arsenale dall’Italia verso il Turkmenistan che nell’insieme vale quasi 370 milioni di euro.

Quelli fra Italia e Kazakistan sono invece rapporti di lunga data, per nulla scalfiti dal caso Shalabayeva. Il Kazakistan possiede risorse naturali in grandissima quantità. Occupa il dodicesimo posto nel mondo per riserve di petrolio ed il quattordicesimo per quelle di gas. Inoltre è il primo Paese al mondo per la produzione di uranio. A ciò si aggiunge, negli ultimi vent’anni, un tasso di crescita medio annuo tra i più dinamici, pari a circa l’8 per cento. Dal punto di vista della forma di governo, sebbene si autodefinisca una Repubblica presidenziale, il Kazakistan è un regime dispotico. Il presidente Nursultan Nazarbaev, in carica dal 1991, gode di un potere praticamente assoluto. Nell’aprile del 2015 si è fatto legittimare da elezioni farsa con il 97,8 per cento dei voti: una consultazione condannata dalla Osce come particolarmente carente nel rispetto degli standard internazionali di democrazia.

Nonostante questo, i rapporti fra Italia e Kazakistan sono andati intensificandosi, come dimostrano i risultati del business forum italo-kazako svoltosi a Milano nel giugno 2015, in cui i due Paesi hanno firmato  accordi commerciali per un  valore di 500 milioni di dollari. L’Italia è oggi al terzo posto tra i partner commerciali del Kazakistan, dopo Russia e Cina, e tra i principali investitori europei. Roma continua inoltre ad essere uno dei principali fornitori di armamenti leggeri al Kazakistan: destinate alle Forze Armate, hanno un valore stimato poco al di sotto del milione di euro. È peraltro di qualche mese fa la ratifica dell’accordo tra i governi italiano e kazako sulla cooperazione militare, grazie al quale si promuove l’esportazione e l’importazione di materiale della difesa nei settori aeronautico, navale militare e l’approvvigionamento di armamenti.