Il capo della curva della Lucchese finisce nei guai con la giustizia, allora scappa a Donetsk e imbraccia il mitra. Spacciandosi per emissario di imprese italiane

Per il latitante Andrea Palmeri, 38 anni, di Lucca, orgogliosamente neofascista e notissimo capo ultrà della Lucchese, la strada da percorrere non è stata breve né semplice dalla curva dello stadio toscano a quello dello Shakhtar Donetsk. Ma a Palmeri è sembrata l’unica percorribile, per una ragione, a suo dire, dirimente: portare l’Italia fuori dall’Europa, dichiarandolo nelle interviste così come sul suo profilo aperto di Facebook. Dove si mostra a torso nudo tatuato con croci celtiche o mentre imbraccia un mitragliatore spiegando quanto sia necessario combattere non solo contro gli Stati Uniti, ma anche contro «la deriva dei costumi» (si è convertito al cristianesimo ortodosso russo) che ha reso possibile ad esempio i matrimoni gay e il recupero in mare dei migranti.

L’unico leader politico italiano a cui riserva parole di encomio è Matteo Salvini. Ma a queste motivazioni andrebbe aggiunta un’altra che Palmeri raramente menziona dal suo arrivo nel 2014 a Luhansk, capitale dell’autoproclamata e omonima repubblica che, assieme a quella di Donetsk, costituirebbe la cosiddetta Novo Rossia, entrambe non riconosciute dalla comunità internazionale, ma sostenute militarmente dal Cremlino.

Ciò che Palmeri non ama sottolineare è che ha deciso di andare in una delle zone più contese e violente della storia recente per sfuggire alla giustizia italiana che allora lo aveva condannato in primo grado per associazione a delinquere, con l’obbligo di dimora fino al processo d’appello. Nel 2016 la Corte d’Appello di Firenze lo ha condannato - in contumacia - a due anni e otto mesi di carcere dopo aver usufruito in primo grado del rito abbreviato e quindi di uno sconto di un terzo della pena. Il “Generalissimo”, come viene chiamato dai suoi sodali ultras della Lucchese, era già finito in cella in passato sempre a causa della sua condotta violenta nei confronti di simpatizzanti di sinistra e tifosi di altre squadre. I giudici di Firenze, pur riducendogli di un anno la pena richiesta, lo hanno condannato per “associazione a delinquere, lesioni aggravate, porto abusivo di coltello e minaccia aggravata”.

Dopo aver lasciato indisturbato la propria città, contravvenendo all’obbligo di firma, e aver raggiunto il Donbass, via Russia, per prendere le armi, Palmeri ha fondato una onlus che dichiara di avere la missione di raccogliere fondi a favore della popolazione impoverita dal conflitto. Ad “aiutarlo ad aiutare” può contare sull’energia di Irina Osipova, pasionaria dei giovani italo-russi che lo scorso anno fu candidata alle comunali di Roma nella lista di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Sui social gira una foto della giovane studentessa moscovita con indosso una maglietta nera, con la scritta “Defend Italia” e l’immagine di un kalashnikov, mentre abbraccia un allegro Palmeri. Osipova però è stata a lungo anche vicina alla Lega Nord di Salvini, che accompagnò nel suo primo viaggio in Russia e collabora con l’associazione Lombardia-Russia diretta dal giornalista Gian Luca Savoini, responsabile per il Carroccio dei rapporti con Mosca già dai tempi di Umberto Bossi. Il “Generalissimo” che si definisce un vero “fascista” ha rapporti molto amichevoli anche con Maurizio Marroni, consigliere regionale piemontese di Fratelli d’Italia, anche a giudicare da una festosa cena avvenuta a Luhansk.

Marroni è colui che non solo si è recato nel Donbass facendosi intervistare dalle tv separatiste sulle iniziative per avvicinare il mondo euroscettico italiano alla Russia, ma è anche il presidente del Centro di Rappresentanza della Repubblica Popolare di Donetsk, una sorta di “consolato” aperto lo scorso 14 dicembre presso i locali del Comitato “Fondazione Magellano” a Torino. Fino allo scorso anno ve ne era un altro nella Repubblica Ceca, fatto chiudere dalla magistratura. Ora ci siamo solo noi.

Tra gli italiani di estrema destra che combattono (forse stipendiati) nel Donbass c’è anche il ventiquattrenne Alessandro Bartolini, che alle telecamere della Rai ha detto di essere stato finora un disoccupato e di aver sempre sognato di combattere. Il suo tentativo di entrare nell’esercito italiano è fallito ma il ragazzo non ne ha rivelato la ragione in modo comprensibile. Alla domanda sulle sue simpatie in ambito politico, ha risposto senza esitazioni: «Forza Nuova».

Un altro foreign fighter che si troverebbe ancora a Luhansk, come riporta il suo profilo Facebook, è Gabriele Carugati. Ex addetto alla sicurezza di un centro commerciale lombardo, è figlio della segretaria della Lega di Cairate. Tre anni fa, a una nostra richiesta di intervista, Carugati rispose via social con una foto di un proiettile di mitragliatore abbellito con le iniziali R.Z, scritte a pennarello, e un post : «Prima o poi ti darò l’intervista». Il coordinamento Ucraina Antifascista l’anno scorso ha diffuso numerosi comunicati in cui denuncia l’uso strumentale dei propri materiali informativi da parte di gruppi che flirtano con i fascisti e di individui come Irina Vikhoreva che si è presentata alle comunali di Roma nella lista di Forza Nuova “Iorio sindaco”.

Per tornare al latitante lucchese, dalle fotografie e dagli articoli pubblicati nel Donbass dai media filo russi, risulta che Palmeri si sta spacciando per intermediario tra alcune municipalità locali e l’imprenditoria italiana. Lo scorso marzo Nasha Gazeta, un giornale di Luhansk, ha pubblicato un articolo sull’incontro tra «un rappresentante italiano e il sindaco del comune di Alchevsk, Natalia Pyatkova, per discutere di prospettive imprenditoriali». Come si vede dalla foto a corredo dell’articolo, il rappresentante è proprio il “Generalissimo”.

Nell’articolo si legge anche che, secondo l’italiano, ci sarebbe interesse da parte dell’imprenditoria di casa nostra a investire nel Donbass. Insomma, un pregiudicato latitante sarebbe il nostro uomo a Luhansk, dove gli è stata conferita peraltro la cittadinanza onoraria. Palmeri è di casa anche a Mosca dove si trovava sicuramente nel giugno scorso assieme a un geometra venticinquenne di Lecco, Vittorio Nicola Rangeloni che ha trovato lavoro a LNR Today (l’agenzia stampa della Repubblica Popolare di Luhansk). I due, solidali anche per la comune adesione alle idee dell’estrema destra, si sono immortalati in una foto davanti al Cremlino a cui hanno aggiunto in un post su Instagram un commento volutamente di scherno: «Oggi siamo andati a ritirare gli stipendi!».