Nonostante gli appelli, il ddl Lenzi va a rilento in commissione: due settimane per 40 votazioni, ne mancano altre 160. L'approdo in Aula, fissato prima al 30 gennaio, poi al 20 febbraio, slitterà ancora. Il pallino è in mano al Pd, che assicura impegno e, con M5S e Sel, vuole le sedute notturne. Il governo resta a guardare

Da Roberto Saviano a Dj Fago si moltiplicano gli appelli per una legge sul fine vita, ma appena passati gli otto anni dalla morte di Eluana Englaro, la proposta in discussione alla Camera va avanti a rilento. Doveva giungere in Aula il 30 gennaio, poi si è slittati al 20 febbraio. Adesso è in arrivo un altro rinvio: anche il 20, infatti, è divenuto un appuntamento irrealistico, destinato ad essere scavalcato. La prossima “data certa” ancora non è stata fissata. Per il momento dunque nelle riunioni in commissione Affari sociali ha la meglio quella che il radicale Marco Cappato chiama la “tattica del rinvio subdolo”, quasi invisibile, portata avanti in vario modo da chi è contrario alla legge. Ci si mette anche il fato: il segnale di accelerazione che doveva arrivare alla fine di questa settimana, è stato rinviato alla prossima per un grave impedimento della relatrice che nulla ha a che fare con la politica. Il pallino del gioco resta comunque in mano al Pd, da dove del resto arrivano assicurazioni di una “indubbia volontà politica a portare avanti il provvedimento con rapidità”. Si vedrà.

Per quel che riguarda le ultime due settimane, la tempistica non è molto rincuorante.  La commissione Affari sociali si è riunita per sette volte: ha discusso per diciassette ore di eventuali modifiche al ddl sul fine vita, totalizzando 40 votazioni. Ne mancano ancora 160 per concludere l’esame degli emendamenti. Troppe, per finire entro i termini previsti. Se i ritmi non cambiano, servono infatti altre 76 ore, ha calcolato per inferenza il presidente della commissione Marazziti.

Proprio per questo, Pd, Cinque stelle e Sel hanno già messo in campo la richiesta di riunirsi anche in seduta notturna. Una “follia” per il leghista Alessandro Pagano ma anche per i cattolici più moderati, i quali non si esprimono negli stessi termini, ma pensano ugualmente che il fine vita “non sia argomento adatto ad essere discusso di notte”. Anche l’ex montiano Marazziti, riferiscono vari deputati, non è stato del resto stringente coi tempi, in omaggio alla promessa di “non strozzare il dibattito”. Comunque la questione, che doveva essere affrontata giovedì scorso, sarà al centro della sedute di martedì prossimo. Quando, dal ritmo delle votazioni, si capirà quanti giorni serviranno ancora e se avrà senso vedersi anche quando fuori è buio pesto.

Per altro verso, c’è da dire che l’esame degli emendamenti non ha stravolto il testo del ddl Lenzi, nonostante le molte proposte di modifica presentate dal fronte cattolico,. Il provvedimento - sostanzialmente pressoché immutato - infatti continua a essere sostenuto non soltanto dal Pd, ma anche dai Cinque stelle e da Sel. “L’impianto è complessivamente soddisfacente”, chiarisce il deputato grillino Matteo Mantero, membro della Affari sociali, assicurando che se resta così “avrà il nostro voto anche in Aula”. Certo, in commissione l’asse Pd-Cinque stelle è solido, ma la diffidenza è dietro l’angolo. I democratici infatti ricordano lo sgambetto sulle unioni civili, i grillini quello sull’omofobia. In entrambi i casi, dice la storia, alla fine in Aula è prevalso l’asse Pd-Ncd e l’accordo coi Cinque stelle è divenuto carta straccia. Ma si trattava di avvenimenti dell’era Renzi. Adesso, con Gentiloni, è tutto diverso. Il governo si è mostrato infatti del tutto agnostico sulla materia del fine vita, rimettendosi sempre alla volontà dei deputati. Nessun intervento. Nessuna cabina di regia con i due rami del Parlamento. L’esatto contrario dell’iperattivismo di palazzo Chigi dei tempi del ddl Cirinnà. Che fu decisivo per portare a casa la legge, però.

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