Carcere di Sassari, il boss Leoluca Bagarella a Claudio Fava: 'Qui la mafia non c'è'

La domanda del boss, accusato di centinaia di omicidi, al deputato e vicepresidente della Commissione antimafia  in visita al super carcere con una delegazione di parlamentari. Una beffa, visto che a Bancali sono reclusi 90 mafiosi tra i più pericolosi dei clan italiani

«Ma voi chi siete?» chiede il boss Leoluca Bagarella, accusato di centinaia di omicidi, facendo capolino dalla sua cella del super carcere di Sassari, mentre una delegazione di parlamentari in rappresentanza della Commissione antimafia visita l'istituto di pena.

La domanda arriva mentre davanti alla cella del corleonese si trova Claudio Fava, vice presidente della Commissione. Il deputato rivolgendosi al cognato di Totò Riina, dice: «Siamo dell'antimafia». Bagarella lo guarda dritto in faccia e ribatte: «E che siete venuti a fare? Qui mafia non ce n'è...». Negare sempre l'esistenza della mafia è una regola degli affiliati a Cosa nostra. Negano davanti all'evidenza. Anche se in quelle celle del carcere di Bancali a Sassari, realizzato proprio per i boss al 41 bis, si trovano i 90 mafiosi tra i più pericolosi delle mafie italiane. Stanno tutti in questo carcere i migliori rappresentanti delle organizzazioni criminali organizzate. 
Mafia
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La commissione antimafia presieduta da Rosi Bindi vuole approfondire alcuni aspetti critici della gestione della norma penitenziaria del 41 bis riservato ai mafiosi e per questo ha fatto una missione di due giorni a Cagliari e Sassari. I commissari vogliono approfondire profili critici che sono stati evidenziati da L'Espresso, in particolare sui permessi eccezionali accordati ai boss. E così è stata convocata in audizione il giudice Lisa Diaz, magistrato di sorveglianza del tribunale di Sassari la quale ha spiegato ogni passaggio e ogni azione di sua competenza, senza entrare nel merito di provvedimenti firmati da altri suoi colleghi. La commissione ha acquisito una voluminosa documentazione sui permessi accordati ai detenuti. E per questo motivo la delegazione ha anche visitato la sezione 41 bis di Bancali.

Da questo carcere alcuni detenuti hanno ottenuto da un giudice di sorveglianza il permesso di andare a casa. In particolare, come ha raccontato il nostro giornale, il mafioso della 'ndrangheta Salvatore Pesce, zio di Francesco Pesce, a capo del clan di Rosarno, nella piana di Gioia Tauro. Questo permesso non è stato trattato dal giudice Diaz. Il detenuto è stato trasportato a casa, scortato dalla polizia penitenziaria, per far visita alla figlia ammalata, e qui amici e parenti hanno creato un gran viavai nell'abitazione. La moglie di Salvatore Pesce era anche lei detenuta in regime di alta sorveglianza in un carcere calabrese, ma il giudice di Sorveglianza di Reggio Calabria ha respinto per lei la richiesta di permesso speciale. Mentre il giudice calabrese vieta alla donna di uscire dal carcere, per lo stesso motivo il magistrato di Sassari autorizza il boss a recarsi a Rosarno.

Questo caso, come altri, verranno adesso esaminati dalla Commissione antimafia. Perché il 41 bis vieta contatti dei detenuti con l'esterno. I commissari dell'antimafia hanno effettuato un sopralluogo anche nel carcere di Cagliari-Uta, per monitorare lo stato di avanzamento dei lavori dell'ala che dovrà ospitare le celle riservate ai 41 bis, come lo è per Sassari. «È un'indicazione normativa quella di utilizzare soprattutto carceri insulari per i detenuti in 41 bis, per fare in modo che siano lontani fisicamente dal luogo di permanenza. La realizzazione di una struttura 41 bis richiede misure e scelte di estrema attenzione, che non possono essere modificate in corso d'opera. L'esperienza di Sassari da questo punto di vista rappresenta un'eccellenza», ha detto Claudio Fava. Concetto ribadito anche dalla presidente della commissione Rosi Bindi: «Secondo quanto è stato sostenuto dalle persone che abbiamo ascoltato a Cagliari, non si rilevano particolari problemi nelle carceri sarde legati alla presenza di detenuti in regime di 41 bis. Il carcere di Sassari è forse l'unico veramente a norma in Italia, per quanto la popolazione carceraria sia abbastanza numerosa, criticità non ce ne sono».

Per quanto riguarda il carcere di Cagliari, la presidente Bindi spiega che «è prevista la costruzione a norma di una parte del carcere anche per l'applicazione del 41 bis. Sono in corso i lavori, verificheremo anche quelli perché è giusto che questa norma venga applicata, nel rispetto dei diritti di ogni persona, anche dei mafiosi, e per la sicurezza di ciascuno di noi. La norma è un caposaldo della lotta alla mafia che va mantenuto nel nostro Paese».

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