Gli ultimi rapporti sulla pedopornografia in rete parlano chiaro: aumenta il materiale scambiato e diventa sempre più difficile individuare chi lo traffica. Mentre crescono i pericoli per i ragazzini sui social network. Ma esistono delle contromisure da usare

Stiamo perdendo la guerra contro la pedofilia sul web (e gli orchi si incontrano su Facebook)

Ieri c'erano le prime chat e i forum, oggi i social network e il dark web: da quando la rete ha cambiato il nostro modo di comunicare e lavorare, pedofili e pedopornografi l'hanno sempre utilizzata per scambiarsi materiale o adescare le proprie vittime. E negli anni, nonostante il sempre maggior interesse delle forze dell'ordine e dei colossi della tecnologia al contrasto del fenomeno, la situazione non sembra essere migliorata, anzi.

L'ultima conferma arriva da Meter, onlus di ispirazione cattolica che collabora con la Polizia postale, e che ha da poco diramato il suo ultimo rapporto relativo al 2016: due milioni di immagini censite, quasi il doppio rispetto all’anno precedente; tonnellate di giga che hanno come protagonisti involontari e inermi bambini e persino neonati (esiste un portale specifico che ha una chat con dialoghi in italiano). Di più: le vittime dagli 0 ai 3 anni sono in aumento e i loro carnefici hanno imparato a non lasciare tracce: «Grazie a servizi come Dropfile, che consentono lo scambio temporaneo di file - si legge nel report - ci si dà appuntamento virtuale su una chat, si rende il materiale disponibile al massimo 24 ore e poi lo si cancella. In questo modo la finestra in cui le autorità possono intervenire si restringe notevolmente».

COME SI MUOVE IL PEDOFILO SUL WEB
L'approdo principale per scambiarsi materiale pedopornografico in rete resta sempre il dark web. Per accedervi basta usare il software gratuito Tor: il programma, utilizzato anche da attivisti per comunicare in sicurezza in paesi sottoposti a regimi che limitano la libertà, è diventato uno dei preferiti degli orchi proprio perché garantisce un totale anonimato. In questo modo i pedofili diventano difficili da identificare e perseguire ed è molto complesso risalire al loro indirizzo IP. Nel solo novembre 2016, Meter ha segnalato un indirizzo nel dark web con 82.046 video scaricati da 476.914 utenti. Un’enormità. Il 10 marzo dell’anno corrente il numero di video era salito a 109.535. Una vera e propria catena di montaggio che scorre nel web sotterraneo.

Allarme Orchi
Bambini parliamone, cosa fare per superare gli abusi subiti
23/5/2016
Nel 2016 il Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia online, in seno alla Polizia Postale, ha coordinato 576 indagini cui hanno fatto seguito 51 arresti e 449 denunce. La maggior parte ha riguardato casi di adescamento in Rete dei minori, con numeri in continua crescita: 313 gli episodi in tal senso, mentre per le attività di prevenzione e monitoraggio sono stati analizzati 21.591 siti internet e di questi 1.972 erano a carattere pedopornografico. Tutti inseriti nella black list istituita con la legge n.38/2006. Purtroppo queste pagine muoiono e rinascono senza soluzione di continuità. E male che vada si spostano appunto sul meno controllabile dark web.

FOTO POSTATE ONLINE E USATE DAI PEDOFILI
A cambiare in maniera significativa negli ultimi anni è la fonte da cui i pedofili prendono il loro materiale: i social network che usiamo tutti. Quelle foto che per i genitori rappresentano immagini d'amore familiare e innocenza, per un pedofilo possono infatti costituire un bottino prezioso. Almeno la metà del materiale rinvenuto nei siti pedopornografici proviene dai profili Facebook di mamme e papà che volevano soltanto socializzare un frammento di gioia familiare. Non tenendo però conto dei pericoli. Perché una volta che si è condivisa una foto se ne perde il controllo e, una volta in circolo, l’immagine potrà essere replicata e moltiplicata restando online per sempre. A confermarlo sono i dati della ricerca della Australia's new Children's eSafety, organismo che sovrintende alla sicurezza dei minori davanti al pc o a un telefonino.

Passando in rassegna le decine di milioni di scatti pedopornografici sequestrati dalla polizia nazionale australiana, è emerso che a essere immortalati erano stati, per un cinquanta per cento dei casi, bambini intenti a svolgere normalissime attività quotidiane come nuotare, fare sport, giocare al parco. Tutte (o quasi) foto rubate da Facebook e in misura minore da Instagram.

I genitori non si accorgono di quanto sia semplice trafugare una foto postata su Facebook, specie se lasciata visibile alla platea dei propri contatti, comprensivi di fake. Per non dire di chi acconsente che i propri contenuti siano cliccabili da tutti. Una cornucopia per i pedofili che scaricano sui propri supporti e cominciano a far circolare immagini per di più geolocalizzabili. Avrebbero, volendo, gioco facile nell’andare alla ricerca fisica del loro oggetto del desiderio. Ulteriore aggravante, spiega sempre lo studio australiano: con gli attuali programmi di elaborazione grafica non è difficile manipolare queste istantanee candide e affettuose, tramutandole in disgustosi filmati hardcore. I database del deep web sono pieni di video pedopornografici taroccati realizzati a partire da foto ordinarie razziate su Facebook. E questo accade nella migliore delle ipotesi. Non basta, per fronteggiare questi nuovi mostri, la Convenzione di Lanzarote ratificata dall’Italia nel 2012 che pure ha modificato in senso più restrittivo la norma del nostro codice penale sulla pedopornografia, disciplinando pure i casi di grooming (l’adescamento di minori su Internet).

DAL WEB ALLA REALTÅ
Ha fatto molto rumore un recente fatto di cronaca: una madre inglese (operatrice sociale che lavora a stretto contatto con i bambini vulnerabili) ha raccontato come un vicino di casa, spacciandosi per un compagno di scuola, sia riuscito a conquistare la fiducia della sua bambina di undici anni, molestandola con la webcam sulla chat di Facebook. Inizialmente la donna non voleva che sua figlia si iscrivesse al social network, anche perché l’età legale per farlo è di 13 anni (con la riforma delle regole comunitarie sulla protezione dei dati personali si potrà però alzare questa soglia di 3 anni). Poi ha ceduto, e quell’uomo ha brutalizzato sua figlia, masturbandosi in cam davanti a lei che invece aveva posizionato uno dei suoi orsacchiotti di fronte al monitor.

«La prima esperienza sessuale di mia figlia è stata la vista del pene di un pedofilo che si masturbava nella sua camera da letto. Lei ha spento la webcam, e lui ha iniziato a mandare messaggi osceni, sprezzanti, misogini e sessualmente violenti. L’infanzia di mia figlia è contaminata per sempre» ha raccontato la mamma. La ragazzina ha rivelato l'accaduto soltanto un anno dopo. Non è caso isolato : le ricerche sostengono che solo il 22 per cento dei ragazzini tra gli 11 e i 14 anni, vittime di eventi traumatici sui social network, trova il coraggio di confidarsi con qualcuno.

L’adescamento online funziona in fotocopia. Ci si finge bambine o ragazzi adolescenti e si intavola un discorso che tende alla costruzione di una rete di complicità. È dietro ai finti profili Facebook, ai 'fake', che si annida solitamente il pedofilo digitale. Abile nell’aggirare gli ostacoli: se la bambina o il ragazzino di turno non accetta la loro richiesta, ecco che chiede preventivamente l’amicizia a numerosi contatti del “bersaglio”, in modo da fugare i sospetti.

GLI ADOLESCENTI ADESCATI SUI SOCIAL
Un’indagine della Bbc del 2016 ha rivelato che l’80 per cento delle immagini di abusi su minori segnalate a Facebook non erano state rimosse. Ne sarebbero state cancellate solo 18 su 100. Foto «provenienti da gruppi in cui gli uomini discutono lo scambio di materiale pedopornografico” e di “minori di 16 anni in pose fortemente sessualizzate con commenti osceni al loro fianco”. Gruppi con nomi tipo “studentesse xxxx hot", anch’essi contenenti immagini rubate di bambini reali».

La Bbc ha dichiarato di avere portato all’attenzione del team di Zuckerberg cinque account di pedofili già condannati e che nessuno di questi sarebbe stato rimosso. La celebre emittente pubblica inglese ha parlato inoltre di gruppi segreti creati dai pedofili per passarsi immagini pedopornografiche, con nomi e sfondi suggestivi per mantenere viva l’attenzione degli iniziati. Facebook permette il proliferare sia dei gruppi chiusi che di quelli segreti, di cui solo i membri possono essere a conoscenza. Un invito impagabile a delinquere. Secondo Anne Longfield, Commissario dei minori per l’Inghilterra, Facebook non fa abbastanza per segnalare i gruppi alla polizia e proteggere i bambini. La pulizia interna viene demandata al rispetto dei suoi standard.

«Teniamo profondamente alla sicurezza delle persone su Facebook e i nostri Standard della Comunità chiariscono che non c'è posto per contenuti di odio, estremisti o di sfruttamento dei minori. Abbiamo trascorso più di un decennio cercando soluzioni innovative per mantenere le persone al sicuro, ma sappiamo che possiamo fare ancora meglio e continueremo a lavorare per rispettare gli standard elevati che le persone giustamente si aspettano da noi  - risponde all’Espresso un portavoce di Facebook - Abbiamo una politica di tolleranza zero sullo sfruttamento di minori e rimuoviamo e segnaliamo immediatamente tali contenuti alle autorità non appena li individuiamo. Lavoriamo con agenzie ed esperti in tutto il mondo per aiutare a combattere questa attività e portare i colpevoli in tribunale. Utilizziamo Photo DNA, una tecnologia che analizza tutte le immagini su Facebook e segnala i contenuti che contengono sfruttamento sessuale di minori, in modo da poterli rimuovere velocemente dalla piattaforma e siamo attenti alla formazione dei nostri utenti, fornendo loro informazioni necessarie per garantire la loro sicurezza e su come e quando segnalare eventuali contenuti non idonei. Sappiamo comunque di poter fare ancora di più, e stiamo cercando modalità innovative per farlo come dimostra il recente post di Mark Zuckerberg che annuncia l’assunzione nel prossimo anno di 3.000 persone che aiuteranno a rimuovere i contenuti che non sono consentiti sulla piattaforma».

FACEBOOK E GLI STRUMENTI PER RIMUOVERE I CONTENUTI INAPPROPRIATI
L’impegno futuro di Facebook ha a che fare anche con nuovi strumenti tecnologici: «Stiamo anche lavorando allo sviluppo di nuovi sistemi di Intelligenza Artificiale in grado di analizzare foto e video per evidenziare contenuti potenzialmente inappropriati e sottoporli alla revisione da parte dei nostri esperti. Questa tecnologia è ancora in fase di sviluppo, ma riesce già a generare circa un terzo di tutte le segnalazioni dirette al team che si occupa di riguardare questi contenuti. Ci vorranno ancora anni però prima che sia completamente sviluppata».

Nel post del 3 maggio, Mark Zuckerberg ha scritto tra l’altro: «Continueremo a lavorare con le comunità e le forze dell’ordine locali, che sono in una posizione migliore per aiutare i nostri utenti che hanno urgente bisogno».

Ma in Italia, come denunciato anche dalla presidente della Camera Laura Boldrini, manca un ufficio operativo. Il cuore di Facebook resta in California, e la collaborazione con i nostri organi di polizia risulta difficoltosa. Avevamo chiesto a Facebook dell’indispensabilità di un quartier generale italiano e se avevano in serbo di combattere con più forza i profili fake e i gruppi segreti rifugi di pedofili. Ma a queste domande non è stata data risposta.

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