Contrario il centrodestra, che parla di una norma punitiva nei confronti delle forze dell'ordine, e negativo anche il parere di Si e Mdp, che si sono astenuti dal voto finale perché considerano il testo approvato “debole”, “poco incisivo” e “inefficace”

Passa la legge contro la tortura, ma non piace a nessuno

La tortura in Italia ora è reato. A tre anni dall'inizio dell'iter parlamentare, l'aula della Camera ha approvato definitivamente (con i soli voti del Pd e di Ap, l'astensione di M5S, Si, Mdp, Scelta civica e Civici e innovatori e il no di Fi, Cor, Fdi e Lega) il disegno di legge che punisce con il carcere da 4 a 10 anni chiunque, con violenze o minacce gravi o con crudeltà, cagiona a una persona privata della libertà o affidata alla sua custodia “sofferenze fisiche acute” o un trauma psichico verificabile. Gli anni di carcere salgono a fino a un massimo di 12 se a commettere il reato è un pubblico ufficiale. Molte le polemiche e i distinguo all'indomani del voto, con un centrodestra compatto nel considerare le nuove norme come punitive nei confronti delle forze dell'ordine cui, sostiene Alessandro Pagano della Lega, “legherà le mani”, mentre per Giorgia Meloni la legge è addirittura “un'infamia voluta dal Pd per criminalizzare le forze dell'ordine”. Contro, compatti, anche i sindacati delle forze dell'Ordine. Per il Consap si tratta di una “legge vergogna che è solo uno spot di vendetta per i fatti del G8 di Genova” mentre il Sap la considera come “un manifesto ideologico contro poliziotti”.

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Per ragioni opposte, poi la legge non soddisfa nemmeno la sinistra non Pd: Si e Mdp si sono astenuti dal voto finale perché considerano il testo approvato “debole”, “poco incisivo” e “inefficace”. E il M5S, che pure dichiara di considerare la legge “giusta”, si è astenuto dichiarando di voler “migliorare le norme non appena possibile”. Il governo invece apprezza.

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La ministra Anna Finocchiaro parla di “un passaggio importante, per il quale il Parlamento lavora da quasi vent'anni e del quale non possiamo che essere soddisfatti”. E il Partito democratico difende la legge: “nessun intento punitivo”, chiarisce la presidente della commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti che considera invece il ddl “equilibrato e giustamente severo nei riguardi di un reato odioso e grave come quello di tortura”, con il merito di colmare “a quasi 30 anni dalla ratifica della Convenzione Onu, un macroscopico vuoto normativo più volte denunciato in sede europea e internazionale”. Le pene sono pesanti: fino a 12 anni. Tuttavia, il reato richiede una pluralità di condotte (più atti di violenza o minaccia) oppure deve comportare “un trattamento inumano o degradante”. Specifiche aggravanti, peraltro, scattano in caso di lesioni o morte. Non si ha invece tortura nel caso di sofferenze risultanti unicamente da “legittime misure limitative di diritti”.

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Se, poi, a torturare è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei suoi doveri, la pena è aggravata con un extra che va da 5 a 12 anni. Rischia anche il pubblico ufficiale che istiga a commettere il delitto di tortura e non viene obbedito: la legge prevede che debba comunque andare in carecere per 3 anni. Il testo prevede poi che nessuno possa essere espulso, respinto o estradato verso paesi dove vi sia il fondato rischio, tenendo anche conto della presenza di violazioni dei diritti umani gravi e sistematiche, che sia sottoposto a
tortura. Inoltre, qualsiasi dichiarazione o informazione estorta sotto tortura non è utilizzabile in un processo; tuttavia, varrà come prova contro gli imputati di tortura. Infine, nessuna immunità per cittadini stranieri imputati o condannati per tortura in altro Stato o da un tribunale internazionale

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