Non si è fatta attendere la smentita della Santa Sede al documento pubblicato dall'Espresso. Anche Giovanni Battista Re, arcivescovo destinatario delle cinque pagine, risponde: «Mai viste quelle carte»
«Documentazione falsa e ridicola». La Santa Sede, attraverso il suo portavoce Greg Burke, commenta così
le rivelazioni sul Caso Orlandi pubblicate questa mattina da l’Espresso e Repubblica. Nelle cinque pagine del documento “Resoconto sommario delle spese sostenute dallo Stato della Città del Vaticano per le attività relative alla cittadina Emanuela Orlandi” sarebbero rendicontati i 483 milioni di lire spesi dalla città-Stato dal 1983 al 1997 per la quindicenne scomparsa il 22 giugno di 34 anni fa.
Il documento sarebbe stato redatto dal cardinale Lorenzo Antonetti, allora a capo dell’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica (di cui appare la firma dattiloscritta, ma non quella autografa,
ndr) e inviato agli arcivescovi Jean Luis Tauran, segretario di Stato e Giovanni Battista Re, suo sostituto.
E proprio Re, oggi Prefetto emerito della Congregazione per i vescovi, questa mattina è stato il primo a commentare. «
Non ho mai visto quel documento pubblicato da Fittipaldi, non ho mai ricevuto alcuna rendicontazione su eventuali spese effettuate per il caso di Emanuela Orlandi».
«Il muro sta cadendo». Così scrive su Facebook Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, che da sempre lotta contro l’omertà che in Vaticano circonda la scomparsa della sorella. Lo scorso 26 marzo ha scritto una lettera appello a Papa Francesco: «Abbiamo il diritto di conoscere la verità contenuta in quei documenti e se sulla scomparsa di Emanuela fu posto il Segreto Pontificio, La prego di sciogliere i sigilli a tale imposizione che osteggia il raggiungimento della verità e della giustizia».
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In Vaticano, ci sono carte secretate, a conoscenza di alcune autorità della Santa Sede, che contengono passi importanti di questa disumana vicenda e che potrebbero permetterci di riabbracciare Emanuela o darle una degna sepoltura» continua Pietro Orlandi nella lettera indirizzata al pontefice, riferendosi al «dossier “Rapporto Emanuela Orlandi” a disposizione, nel 2012, della Segreteria Particolare di Papa Benedetto XVI, contenente informazioni e nomi che potevano condurci alla Verità». Dossier che «stava per essere consegnato ad un magistrato italiano, ma in Vaticano vennero meno alla parola data e il fascicolo rimase occultato».
«Un caso chiuso». Il 20 giugno la risposta categorica del Vaticano, con le parole di Angelo Becciu, Sostituto per gli affari generali: «Abbiamo già dato tutti i chiarimenti che ci sono stati richiesti. Non possiamo fare altro che condividere, simpatizzare e prendere a cuore la sofferenza dei familiari però per noi è un caso chiuso. Non so se la magistratura ha qualcosa ma noi non abbiamo niente da dire in più rispetto a quanto detto tempo fa».