Nel corso dell'udienza di stamattina, il presidente della Corte di Appello di Firenze Salvatore Giardina ha annunciato il rinvio del processo contro il boss mafioso, accusato di essere il mandate dell'attentato che tolse la vita a 16 persone e ne ferì oltre 250. Il motivo? Il suo pensionamento e la riforma della giustizia del ministro Orlando. L'Associazione delle vittime: «Ci hanno detto "avete aspettato tanto, ormai un mese più o un mese in meno che vi cambia"»
Tutto da rifare. Il processo d’appello per la strage del rapido 904, che ha come unico imputato Totò Riina, dovrà ricominciare da capo. Stamattina il giudice della corte fiorentina, Salvatore Giardina, ha comunicato che il procedimento sarà rinviato a data da destinarsi dato il suo imminente pensionamento, previsto per ottobre. Il rinvio è stato disposto in virtù delle recenti modifiche apportate dalla “Riforma Orlando” all’articolo 604 del codice di procedura penale: modifiche che impongono al giudice, in caso di appello di un pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento, di disporre la riapertura completa dell’istruttoria. Per questo sarà necessario risentire tutti i testimoni ascoltati durante il processo di primo grado, in cui Riina venne assolto, oltre alle nuove testimonianze di sei boss di cui era prevista l’interrogatorio in aula.
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C'è grande sconforto tra i familiari delle vittime della strage. Invitiamo la presidente della Corte d'Appello a fissare la nuova udienza in tempi rapidi. A più di trent'anni di distanza dalla strage siamo ancora senza una verità accertata da un tribunale» ha commentato l'avvocato Danilo Ammannato, legale di parte civile. «È stata una doccia fredda. Eravamo convinti di chiudere questa pagina dolorosa per noi e per tutta Italia. Siamo sconcertati, stupiti e sconvolti» ha dichiarato Rosaria Manzo, presidente dell'associazione delle vittime «Non è bello sentirsi dire dopo 33 anni:
"avete aspettato tanto, ormai un mese più o un mese meno che vi cambia...". Ricominciare da capo è veramente una cosa avvilente. Questa situazione è stata creata dalla nuova riforma Orlando».
[[ge:rep-locali:espresso:285293126]]Anche la deputata di Forza Italia Deborah Bergamini punta il dito contro il ministero della Giustizia: «Il rinvio del procedimento è un’ulteriore ferita per le famiglie delle vittime. Il pensionamento non è un evento imprevedibile e casuale.
Un’amministrazione della giustizia degna di questo nome avrebbe dovuto provvedere prima, per non vanificare tutto il tempo e il denaro speso per le udienze che ora andranno rifatte da capo».
Subito dopo le prime polemiche, il ministero della Giustizia ha precisato in una nota che «Non vi è stato alcun imprevedibile rallentamento del processo a seguito dell'entrata in vigore della recente riforma» aggiungendo che «
la necessità di rinnovare il dibattimento in caso di appello del pm contro una sentenza fondata su prove testimoniali discende da una consolidata giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, ampiamente recepita dalla Corte di Cassazione già prima della modifica legislativa dello scorso luglio, che ha semplicemente adeguato la formulazione della norma».
Si allontana quindi la fine dell’iter processuale sulla “strage di Natale”. Il 23 dicembre 1984 una bomba esplose nella galleria tra Vernio e San Benedetto Val di Sambro al momento del passaggio di un treno diretto a Milano, causando 16 morti e oltre 250 feriti. Nel marzo 1985 vennero arrestati a Roma Giuseppe Calò, boss mafioso e cassiere delle cosche palermitane, e Guido Cercola, suo uomo di fiducia. Ai due il 9 gennaio 1986 venne imputato il reato di strage dal Pm Pier Luigi Vigna: l’avrebbero compiuta per «distogliere l’attenzione degli apparati istituzionali dalla lotta alle centrali emergenti della criminalità organizzata, rilanciando l’immagine del terrorismo come l’unico, reale nemico dello Stato». Nel corso dell’inchiesta della magistratura vennero evidenziati legami tra Cosa nostra, la camorra, l’eversione neofascista, la P2 e la Banda della Magliana.
[[ge:rep-locali:espresso:285293125]]Nel marzo 1992, dopo che la Corte di Cassazione ordinò la ripetizione del processo, arrivarono le condanne definitive: ergastolo per Calò e Cercola, 22 a Friedrich Schaudinn, confezionatore dell’ordigno, 24 anni a Franco Di Agostino per la partecipazione alla strage, mentre gli esponenti della camorra napoletana Giuseppe Misso, Lucio Luongo, Giulio Pirozzi e Alfonso Galeota vennero condannati da tre anni a 18 mesi per il supporto logistico agli attentatori.
Tra i condannati anche il deputato del Msi Massimo Abatangelo: nel febbrario 1994, pur assolto dal reato di strage, venne condannato a sei anni di reclusione per aver consegnato dell’esplosivo a Misso.
Venti anni dopo si accendono i riflettori su Riina. Il 27 aprile 2011 la Dda di Napoli emette un’ordinanza di custodia cautelare per il boss mafioso, considerato il mandante della strage. Il 25 novembre 2014 si apre il processo contro di lui a Firenze: cinque mesi dopo viene assolto per mancanza di prove. La pm Angela Pietroiusti aveva deciso di ricorre in appello. Adesso però, con il pensionamento del giudice Giardina,
il processo dovrà ricominciare da capo.