"Dopo la miseria le malattie": shock in edicola. Giulietti: "Utile a far vincere i nuovi Trump"

«Mi sembra una cosa da colonna infame di manzoniana memoria. L’apertura della caccia all’untore» commenta all'Espresso il presidente Fnsi i titoli tendenziosi apparsi oggi. «Ci sono delle norme deontologiche che dovrebbero venire rispettate. Se non lo si fa, sono inutili»

“Dopo la miseria portano malattie”. E ancora: “Violenza oltre ogni immaginazione e doppia penetrazione”. No, non sono post sui social network sulla bimba morta di malaria o sullo stupro di Rimini. È la prima pagina di un quotidiano che si poteva trovare in edicola questa mattina.

«Mi sembra una cosa da colonna infame di manzoniana memoria. L’apertura della caccia all’untore» commenta Beppe Giulietti, presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana. «Quando l’ho letto ho pensato: “ma questa che roba è?”. Non so come definirla. Mi sembra una moderna caccia all’untore. Una posizione che io trovo sempre e comunque sbagliata. E anche pericolosa, rompendo i ponti della convivenza civile».

Giulietti, di strilli in prima pagina come questi se ne vedono tutti i giorni.
«Puoi immaginarti chi più di me è contro ogni bavaglio. Ma mi chiedo, qual è il senso di un titolo come questo? Alimentare la paura, il terrore? Mi ricorda molto la questione dei vaccini. Se vogliamo far finta di prenderlo sul serio, se pensiamo che il tema vero sia la malaria, qual è il nesso?  Avendo io orrore per la via disciplinare al giornalismo, vorrei davvero che ciascuno riflettesse, perché ci deve essere un fine, un confine liberamente dato da ciascuno di noi. Io amo il giornalismo più radicale possibile, ma il giornalismo radicale è quello che va alla radice del problema, quello che produce inchieste, che va alla radice di fenomeni complessi. Ma questa mi sembra più una moderna caccia all’untore, che io trovo sempre e comunque sbagliata e pericolosa. È pericolosa perfino per chi la innesca. È uno schema che ha portato fortuna a Trump negli Stati Uniti, quindi ne capisco anche le ragioni politiche: uno schema che inquina i pozzi, indicando i moderni “untori” e deviando l’attenzione delle folle dai temi veri, come la povertà, la disuguaglianza, l’insicurezza sociale»

Volendo fare l’avvocato del diavolo, uno strillo del genere può essere giustificato dalle parole della ministra della Sanità Lorenzin, che non ha escluso il contagio da parte delle bimbe ricoverate con la piccola deceduta.
«Non lo metto in dubbio. Ma c’è modo e modo per contestualizzare le cose. I politici spesso contribuiscono a generare questo tipo di giornalismo: infatti io non ritengo che siano un modello positivo. Ma poi vai avanti e trovi “stupro con doppia penetrazione”. Che bisogna dire? Il giornalismo è fatto anche di virgolette, linguaggi, modalità di espressione»

Secondo lei questo titolo rispetta la Carta di Roma (il protocollo di deontologia giornalistica concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti, ndr)?
«Qui trovi una persona il più distante possibile da ogni concezione disciplinare del giornalismo. Ma forse è il caso che l’ordine dei giornalisti intervenga in qualche modo. È l’organo che dovrebbe occuparsi di deontologia professionale. Ma a parte l’argomento dei provvedimenti disciplinari, che a me non appassiona, c’è un altro problema: manca una riflessione profonda sul mestiere del giornalista. Questo paese ha una Costituzione antifascista e antirazzista, anche se a qualcuno non piace, e prevede un principio di uguaglianza. Inoltre ci sono dei codici che condannano in modo esplicito qualsiasi istigazione all’odio razziale. Purtroppo però ci sono violazioni sistematiche e costanti. Tra questi c’è anche la Carta di Roma. Provocatoriamente penso che si apre una discussione, per valutarne l’applicazione e le eventuali infrazioni, oppure sarebbe meglio abrogare tutto. Perché la cosa peggiore in un paese e in una professione, è avere, per tornare al Manzoni, le grida manzoniane. Non ha senso avere dichiarazioni di principio e di intenti alle quali non seguono comportamenti adeguati. Ci sono norme deontologiche e dovrebbe almeno esserci l’aspirazione a discuterne, almeno in presenza di violazioni palesi e provocatorie. Perché spesso Feltri dice: “Adesso fatemi un baffo!”. L’ordine però deve decidere»

E per quale motivo l’ordine non inteviene?
«L’ordine adesso è in fase di rinnovo, quindi immagino e suppongo che siano distratti. Alcune organizzazioni regionali hanno preso talvolta provvedimenti. Ma spesso i colleghi colpiti hanno risposto “e chi se ne frega!”. Quindi la domanda è: perché si fa finta di non vedere?»

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