I tatuaggi sono uno dei principali linguaggi con si esprimono i ragazzi che da piccoli hanno cambiato famiglia, soprattutto quelli di origine straniera. Ora un team di psicologi li vuole raccogliere per un concorso fotografico e una mostra  

Alla fine del 2018 in Italia le adozioni potrebbero scendere sotto quota mille, un record negativo da molti anni. I motivi sono tanti, a partire dalla crisi economica che ha colpito durante: un'adozione internazionale (cioè quasi tutte) tra tutto costa almeno 15 mila euro e si può arrivare anche a 50 mila, contando i viaggi all'estero. Ma c'è anche la questione dei tempi lunghi, dell'esito a volte incerto anche per motivi geopolitici (non è raro che per qualche motivo un governo straniero blocchi le uscite dei minori dal suo Paese). Inoltre l'Italia non consente ancora adozioni da parte di single e neppure da parte di coppie di fatto non sposate (anche eterosessuali).

Nonostante questo, negli ultimi 18 anni anni sono arrivati nel nostro Paese più di 50 mila bambini, molti dei quali oggi sono preadoloescenti e adolescenti. Ed è di solito questa (dai 12-13 anni fino ai 18-20) l'età più delicata, per un'adozione. È quando ha raggiunto l'adolescenza che un ragazzo adottato inizia a farsi domande più profonde sulla sua “doppia identità” (biologica e adottiva), è allora che inizia a fantasticare più profondamente sulle sue origini, sulla madre che lo ha fisicamente creato, sul luogo in cui ha trascroso i primi mesi o anni. Ed è anche nell'adolescenza che - talvolta -  i problemi di fisiologica conflittualità con i genitori si mescolano alla particolarità adottiva.

«Un ragazzo adottato si trova a dover fronteggiare, durante il periodo dell’adolescenza, avvenimenti come l’abbandono e l’adozione, e su questi si sofferma per cercare di rielaborarli e integrarli nel nuovo sé che si sta costituendo», spiega la psicologa Mariangela Corrias, esperta in Psicologia dello sviluppo e dell'educazione. «I ragazzi adottati durante l’adolescenza vivono nei confronti della famiglia una forma di ambivalenza: da un lato vogliono e devono separarsi e affrancarsi dai genitori, da un altro sono ancora molto dipendenti dal clima e dalla relazione che hanno con loro».

È a questi ragazzi – gli adolescenti che sono stati adottati – che si rivolge una nuova iniziativa del Centro Cta di Milano, un team costituito da psicologi, psicoterapeuti, psichiatri e operatori che si occupa di relazioni affettive e familiari. L'idea è quella di un concorso fotografico che illustri i tatuaggi di questi ragazzi, che hanno spesso un significato particolare: in chi è stato adottato infatti tatuarsi significa disegnare indelebilmente, sulla propria pelle, riferimenti al proprio passato che saranno presenti anche domani, manifestando il bisogno di connettersi con la propria storia per creare una continuità nella propria identità.

Con il tatuaggio, passato e presente si radicano nel corpo, il tatuaggio può rendere visibile il passato e incrementare la capacità di riflettere su di esso. Non è un caso del resto se tra gli adolescenti adottati i tatuaggi siano più numerosi rispetto al resto della popolazione coetanea.

L'iniziativa si chiama “La mia storia sulla pelle” e la partecipazione è gratuita, aperta a tutti coloro che sono stati adottati o hanno avuto una storia di affido e  posseggono un tatuaggio. 

Per partecipare è necessario inviare una o più fotografie del proprio tatuaggio unitamente alla scheda di presentazione debitamente compilata entro il 30 ottobre 2018.

Le migliori fotografie potranno essere selezionate per realizzare una mostra e/o una pubblicazione e vincere uno dei premi in palio.

Tutte le informazioni e il regolamento sul sito del Centro Cta.
 

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