Quel curioso conflitto d'interesse del leghista Pillon, difensore della "famiglia tradizionale"
Nel suo ddl sull'affido condiviso vuole rendere obbligatoria (e a pagamento) la mediazione familiare. E lui fa proprio il mediatore. Tanto che per promuovere la sua attività sul sito del proprio studio legale scrive: «È in corso di approvazione una modifica al codice civile»
Senatore leghista ma anche avvocato. Membro di spicco del Family Day e promettente "cacciatore di streghe" nelle scuole. Ma non solo. Il senatore Simone Pillon che si è distinto negli ultimi mesi per diverse iniziative a favore della "famiglia tradizionale" è anche un mediatore familiare.
Un ruolo che la riforma dell’affido condiviso, firmata proprio da Pillon, renderebbe obbligatorio e a pagamento. In relazione alla mediazione familiare, il ddl prevede la creazione presso il ministero della Giustizia di un apposito albo dei mediatori e punta a rendere obbligatorio il ricorso alla mediazione in caso di separazione e di divorzio. Se prima era una possibilità, quello del mediatore potrebbe diventare un imperativo piuttosto oneroso, pronto a ingrossare il bilancio di spesa per le coppie che si vogliono separare.
E ad avvantaggiarsene sarebbero proprio i mediatori, di cui Pillon fa parte. Il senatore leghista vanta infatti nel curriculum un master breve di Mediazione Familiare accreditato dall’AIMEF (2011-2013). E la sua proposta normativa introduce e regolamenta questa figura stabilendo ruoli e competenze del mediatore che dovrà guidare gli ex coniugi a gestire, nel miglior modo possibile per i figli, la separazione. I coniugi con figli minori per separarsi dovranno essere, per legge, seguiti da un mediatore per una durata massima di sei mesi. La mediazione familiare prevede da sei a dieci incontri con un costo variabile da 50 ai 100 euro ad incontro.
Come già riportato su La Repubblica da Alessandro Simeone, Avvocato del Comitato Scientifico de Il Familiarista, portale interdisciplinare in materia di diritto di famiglia di Giuffrè Francis Lefebvre: «Le nuove norme metteranno a disposizione degli avvocati e psicologi che siano anche mediatori familiari sino a 77 milioni di euro all’anno a disposizione dei "mediatori familiari"; soldi che saranno pagati dai cittadini, visto che il ddl Pillon prevede che lo Stato non ci metta un euro senza considerare i corsi di formazione per diventare mediatori familiari, che dovranno essere seguiti dagli avvocati "junior" o dai giovani laureati in disciplina "sociali mediche, psicologiche, giuridiche o pedagogiche». Altri nove milioni di euro, calcola Simeone.
Eppure l’opportunità della mediazione familiare per gli avvocati risulterebbe inutile. È quanto emerge dal questionario elaborato dall’Organismo unitario dell’avvocatura sulla mediazione familiare, che ha coinvolto nel 2016, 80 diversi fori di appartenenza. "Esperienze negative, accordo difficile da raggiungere, mancanza di fiducia nei confronti dei mediatori non avvocati, che rischiano di essere solo un ulteriore orpello burocratico nella risoluzione della lite".
Disturba inoltre parte della maggioranza giallo-verde il fatto che sul sito del proprio studio legale il senatore Pillon nel pubblicizzare le competenze legali alla voce "mediazione familiare" assicuri l’approvazione del proprio ddl: "È in corso di approvazione una modifica al codice civile" si legge "che conferirà grande rilievo all’attività di mediazione nel corso dei procedimenti per la separazione dei coniugi. In vista di ciò in molti Atenei italiani si stanno realizzando corsi di alta formazione (Master) finalizzati alla creazione del profilo di "mediatore familiare".
«Un caso di opportunismo un po’ scomodo» confessa all’Espresso una fonte vicina al governo. Il ddl è stato al momento soltanto incardinato in Commissione Giustizia. Fermo, probabilmente per qualche mese.
Monica Cirinnà, senatrice del Partito Democratico che siede in commissione sposta l’attenzione sul relatore: «L’imminente approvazione è una menzogna. Il punto vero è che Pillon e i suoi colleghi sono dei medievali ultraconservatori. Papisti come si definisce lui stesso. Mi fa orrore che sieda nel Parlamento di uno Stato laico» dichiara a L’Espresso e sulla figura del mediatore non ha dubbi: «L’obbligatorietà è una cosa gravissima perché contraria alla convenzione di Istanbul in presenza di violenza domestica. "Il rischio" spiega "è quello di far finire la maggior parte dei bambini in casa famiglia per sei mesi. Nel frattempo lui avrà lucrato con la partita della mediazione e non sarà riuscito a mettere d’accordo i genitori».