
Ma per il vaccino contro il Covid-19 l’Europa sta provando ad adottare una strategia innovativa, non crede?
«Per la prima volta e con un atto speciale, l’Europa ha deciso di contrattare direttamente con le case farmaceutiche gli accordi per l’acquisto dei primi vaccini. È un’alleanza che, se venisse replicata su tutti i farmaci, consentirebbe di ridurre notevolmente i prezzi di vendita, perché a contrattare non sarebbero più i singoli Stati, bensì una popolazione di 500 milioni di persone. Tuttavia ciascuna nazione ha interessi diversi: Francia e Germania, ad esempio, favoriscono ciascuno i propri campioni nazionali. Quindi temo che l’accordo per il vaccino anti Covid-19 resterà un unicum».
Vede dei metodi alternativi per abbattere il costo della spesa farmaceutica?
«Big Pharma sfrutta moltissime delle innovazioni e delle scoperte fatte dalla ricerca pubblica e sarebbe il minimo chiedere uno sconto sul prezzo di vendita, visto che la maggior parte della ricerca di base viene finanziata con soldi dei contribuenti. Un’altra cosa che si potrebbe fare è favorire la sinergia fra strutture pubbliche europee per sviluppare nuovi farmaci, produrli e metterli sul mercato al prezzo di produzione: questo abbatterebbe notevolmente il costo di moltissimi medicinali e poi si potrebbe investire denaro pubblico per affrontare l’emergenza antibiotici».
Quanto è pericolosa l’avanzata dei batteri resistenti ai farmaci?
«Ogni anno in Italia si verificano 10 mila morti per l’antibiotico-resistenza, il valore più alto di tutta Europa, soprattutto perché consumiamo più antibiotici della media europea. L’industria farmaceutica non ha sviluppato nuovi antibiotici perché non è più in grado di fare quel genere di ricerca. Forse dovrebbe essere il pubblico ad occuparsene».
Perché la ricerca privata non è più attrezzata per quel genere di studi?
«È cambiato il modello. Le società farmaceutiche hanno dismesso i propri poli scientifici e hanno scelto di andare in cerca di start up da acquisire. Ad esempio, il sofosbuvir (un farmaco innovativo per la cura dell’epatite C) è stato sviluppato da una piccola azienda, il valore di quella società si è impennato e l’azienda è stata ceduta a una grande multinazionale per 11 miliardi di dollari. Quel costo, ovviamente, deve poi essere ripagato alzando il prezzo di vendita del farmaco. È un modello che gira intorno agli investimenti finanziari, i cui costi vengono scaricati sulla collettività. È un sistema assurdo, che ci è sfuggito di mano».
La Commissione Europea sembra essere interessata a cambiare passo. Lei da dove partirebbe?
«Partirei dall’Ema, che si occupa dell’approvazione dei prodotti e quindi dell’immissione nel mercato europeo. Dovrebbe diventare un ente indipendente, mentre oggi è finanziato dalle aziende. Inoltre, se almeno uno dei due studi clinici di fase tre fosse realizzato da un ente autonomo, anziché essere entrambi pagati dalle aziende, forse si potrebbe ridurre la messa in commercio di farmaci inutili. In Italia andrebbe rivisto l’enorme prontuario dei medicinali, che non viene toccato dal 1993 Esistono fino a dieci medicinali diversi con uguale formula chimica: gli effetti sono uguali, ma i prezzi sono assolutamente differenti. È un grande caos».
Un’ultima domanda, a proposito del vaccino contro il Covid-19: si dice che potrebbe essere pronto entro la fine dell’anno. Sono tempistiche credibili?
«Probabilmente all’inizio del prossimo anno almeno un vaccino verrà approvato, ma non sarà disponibile subito e per tutti. Ci sono dei tempi di produzione e, se tutto andrà bene, dopo qualche mese saranno disponibili i primi lotti. A quel punto spetterà alla commissione tecnico-scientifica scegliere a chi somministrare il vaccino. Probabilmente verrà data la priorità agli operatori sanitari, poi alle persone che hanno diretto rapporto con il pubblico, successivamente agli anziani con maggiori fattori di rischio. I tempi potrebbero quindi essere piuttosto lunghi e sarebbe utile attrezzarsi per affrontare nuovi picchi di contagio. E anche a tal proposito non vedo grande prontezza: la soluzione sembra essere l’isolamento preventivo per chi entra in contatto con persone infette. Ma, senza un tampone effettuato in tempi rapidi, questo si chiama sequestro di persona».