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Attualità
dicembre, 2020

Il Recovery Fund? Noi donne vogliamo la metà che ci spetta

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Il cinquanta per cento dei fondi europei per superare la crisi provocata dal covid. Affrontando prima di tutto la disastrosa situazione dell’occupazione femminile. È la richiesta del movimento Il Giusto Mezzo. E della sua rete multiforme

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Bertrand Russell, filosofo britannico, definì il potere come la «capacità di realizzare i desideri». Nella società contemporanea stiamo vedendo come, grazie alle recenti tecnologie e ai nuovi mezzi di comunicazione, questa capacità sia ormai un’opportunità accessibile a tutti. Possiamo arrivare ovunque, basta volerlo. In “New Power, l’arte del potere nel XXI secolo” di Jeremy Heimans e Henry Timms (Einaudi) si spiega come la rivoluzione tecnologica abbia permesso il sorgere di un potere nuovo.

Quello di cui si parla è un tipo di potere diverso rispetto a quello a cui eravamo abituati: è aperto, partecipativo e privo di gerarchie. È fatto di correnti, di persone, di molte persone, procede dal basso verso l’alto, «tende alla distribuzione», non punta all’accumulo ma alla circolazione. Non possiamo parlare dei nuovi movimenti femministi senza parlare dei “personaggi reticolari” e dei mezzi su cui questi movimenti circolano.

Sarah Malnerich e Francesca Fiore, due delle fondatrici del Il Giusto Mezzo, da quattro anni gestiscono un blog su Facebook e un profilo Instagram “mammadimerda” che punta a ribaltare lo stereotipo della madre. Durante il primo lockdown i loro canali social sono stati investiti letteralmente da richieste d’aiuto da parte di donne. La situazione per molte di loro è stata tragica, ed è peggiorata nel momento in cui il governo ha deciso di riaprire tutto con il Dpcm del 3 maggio, tutto tranne la scuola.

La parola
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«Ci scrivevano disperate, moltissime non sapevano come fare in assenza di infrastrutture sociali e nell’impossibilità di lasciare i bambini ai nonni, per i fortunati che li hanno, il vero welfare di questo Paese. Alcune di loro sono state costrette a licenziarsi. Durante i mesi di lockdown abbiamo iniziato, quindi, a condividere con la nostra community tutti i problemi che le donne, noi comprese, stavano affrontando». Ogni giorno arrivavano messaggi pieni di rabbia e frustrazione, «abbiamo capito che dovevamo parlarne, non potevamo farle sentire più sole di come già si sentivano, era una situazione che accomunava tutte», raccontano @mammadimerda.

Così, insieme ad altre amiche attiviste, Francesca e Sarah hanno cominciato ad allargare la rete decidendo di accogliere la proposta lanciata in Europa dall’europarlamentare verde Alexandra Geese che ha inaugurato la stagione di #HalfofIt, chiedendo di investire metà del Recovery Fund su interventi volti a colmare la disparità salariale e incentivare l’occupazione femminile: «L’economia è una materia ostica ma riguarda la quotidianità di tutte e tutti, non possiamo non occuparcene».

Gli analisti parlano di “shecession”, una forma di recessione molto pericolosa a causa della velocità con cui si diffonde. Degli 800mila posti di lavoro persi a seguito della pandemia, quasi 500mila erano impiego femminile. Secondo uno studio condotto da alcune economiste, tra cui l’italiana Azzurra Rinaldi, gli ambiti di spesa previsti dal Next Generation Eu tendono a privilegiare settori a prevalente occupazione maschile e in crescita (green, digitale, costruzioni), lasciando fuori i settori, a prevalente occupazione femminile, su cui la crisi si è abbattuta con più forza (cura, servizi, commercio, turismo).

Il simbolo de Il Giusto Mezzo, ideato da Malnerich, è una mela tagliata a metà, e rappresenta il mondo femminile. L’altra metà della mela che, appunto, non è stata presa in considerazione negli ultimi decenni, né tanto meno nelle recenti iniziative a sostegno dell’Italia post pandemica. @Mammadimerda in meno di 48 ore sono riuscite a raccogliere più di 20 mila firme. Il 13 ottobre le donne del Il Giusto Mezzo si sono riunite nella piazza del Pantheon a Roma, attirando l’attenzione di molte e molti che hanno poi deciso di firmare la petizione.

La forza mediatica del flashmob, organizzato in poche ore, e la collaborazione con altre donne influenti o influencer, tra cui, ad esempio, Veronica Benini (@spora) e Cristina Fogazzi (@estetistacinica) ha portato ad avere ad oggi più 50mila firme, nodi territoriali in quasi tutte le regioni e una comunità di attiviste che dedica tempo ed energie alla causa.

Il Giusto Mezzo ruota attorno a tre punti cardine: l’allargamento dell’offerta sulla cura della prima infanzia (nidi e tempo pieno) e della cura familiare in generale; il rilancio dell’occupazione femminile; la diminuzione del gender pay gap. «Stiamo portando avanti non solo una lotta per le donne, ma una battaglia economica. Ce lo dicono i dati e le statistiche: l’occupazione femminile cresce dove c’è offerta di nidi. Quello che chiediamo», dice Cristina Sivieri Tagliabue, una delle fondatrici del movimento, «è un cambio di paradigma: il nostro Paese ha bisogno di politiche integrate, provvedimenti plurisettoriali e approcci trasversali, su scuola, welfare, lavoro e fiscalità».

Tagliabue, giornalista e imprenditrice dell’audiovisivo, è stata la prima content manager italiana, ha fondato il motore di ricerca Altavista nel 2000, prima di Google. Dopo cinque anni in Tim ha deciso di cambiare: «Ho preferito un percorso personale più artigianale. Non tutti al tempo hanno capito la mia scelta, ora forse è più chiara. Il Covid ci ha cambiati, tante persone riconoscono l’esigenza di autenticità, il bisogno di non doversi adattare a tutto. In azienda non sempre è facile alzare la testa e dire: non è giusto».

«Non è giusto», è esattamente quello che vogliono dire le attiviste del Il Giusto Mezzo. «Il nuovo potere è dei movimenti orizzontali, delle realtà che riescono a coabitare con sé stesse, con le proprie inadeguatezze e difetti, ma con obiettivi precisi. Le donne hanno un altro imprinting», continua Tagliabue, «sono sotterranee come le radici degli alberi: non le vedi sempre nei loro incroci collaborativi, ma sono solide, tengono in piedi la natura. L’aiuto reciproco e la sorellanza sono il nostro non detto, ciò che si tace e che non si ha il coraggio di ammettere. Per me la libertà – quella che descrive magistralmente David Foster Wallace nel discorso tenuto nel 2005 ai laureati del Kenyon College - richiede attenzione, consapevolezza, disciplina, e di essere veramente capaci di interessarsi ad altre persone e a sacrificarsi per loro ogni giorno in una miriade di modi insignificanti e poco attraenti. È il concetto di libertà che mi rappresenta e che incarna l’essenza di molte donne: dopo aver ascoltato le sue parole la mia vita è cambiata, ho deciso di licenziarmi per intraprendere un nuovo percorso dentro il mondo del non profit e del volontariato».

Come Cristina, Sara e Francesca sono tantissime le donne che si stanno battendo affinché le richieste de Il Giusto Mezzo vengano ascoltate, per una battaglia economica che riguarda tutti Quest’anno il tasso di occupazione femminile nel nostro Paese è sceso sotto il 50%, e nel Mezzogiorno 7 donne su 10 non lavorano. L’Ue nel 2019 stimava che la sottoccupazione delle donne costa all’Europa 370 miliardi di euro l’anno. Bloomberg reputa che l’accesso al lavoro di tutte le disoccupate permetterebbe un aumento del Pil italiano fino a 88 miliardi, mentre il Fmi ci dice che se ci fossero più donne al vertice delle organizzazioni l’economia globale assisterebbe a un aumento del 35%. Abbiamo bisogno di una rivoluzione sistemica, un approccio economico che metta al centro l’occupazione femminile per il rilancio del sistema nel suo complesso, quella che stiamo vivendo non è solo una crisi economica ma una crisi della “cura” e per far ripartire l’economia italiana dobbiamo partire proprio da qui.

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