Negazionismi
Università, i prof no Green Pass si sfogano sui social: «Siamo dentro Black Mirror»
Su Facebook esprimono la loro indignazione contro il ‘lasciapassare’. Intanto ha aperto i battenti "Coscienze critiche", la prima associazione ufficialmente incentrata sull’idiosincrasia di non pochi accademici nei confronti della certificazione verde
Un mese fa Enrico Nardelli, ordinario di informatica all’università Tor Vergata di Roma, scriveva sul suo profilo Facebook: «Il fascismo promulga le leggi razziali. Il 9,6 per mille degli allora professori universitari compie un gesto eroico rinunciando alla carriera. Italia 2021. Il governo estende il green pass a tutta la PA. Solo il 10,8 per mille degli attuali professori riesce a compiere il mero gesto simbolico di dissentire. A ciascuno le sue conclusioni». E postava il link alla petizione di fine estate contro l’introduzione della certificazione verde negli atenei, sottoscritta oggi da quasi 1100 suoi colleghi. Uniti nella stessa barricata ideale fisici, matematici, filosofi, linguisti, chimici e giuristi anche di chiara fama. Un fronte di renitenti “per la libertà” che si è andato ingrossando dopo l’allargamento all’intero mondo del lavoro dell’obbligo del “lasciapassare sanitario”. Al resto hanno contribuito le proteste di piazza, gli scioperi e l’ingresso in scena, sul piano concreto e nell’immaginario, dei portuali di Trieste. Figure, queste ultime, evidentemente non prive di potenti rimandi storici e simbolici.
Carlo Lottieri, associato in filosofia del diritto all’Università di Verona, annota (sempre su Facebook) a caldo il 15 ottobre: «Quello che più mi colpisce dei portuali di Trieste è il loro essere così “un-Italian”. Avevano ricevuto dalla Lamorgese un lasciapassare di privilegio (tamponi gratis soltanto per loro) e hanno risposto picche. Nel circo plurisecolare del Franza o Spagna, questo è un atteggiamento sorprendente». Il giorno prima aveva sostenuto: «Speriamo che la barbarie di Stato finisca alla svelta. Abbiamo un governo che sta moltiplicando il caos e i disordini, nell’illusione che tutto questo possa permettere un suo ulteriore rafforzamento e anche a costo di sfasciare ancor più l’economia. Il fronte composito che è emerso contro le politiche liberticide del compagno Speranza e di Mario Draghi (con la complicità dei sindacati e di tutti i partiti) gioca una partita difficile e decisiva a Trieste e in altri porti. La speranza è che il coraggio non venga meno e che alla fine Roma ceda e riconosca il diritto di tutti a vivere come si vuole».
Molto attivo sul social più diffuso Andrea Zhok, professore associato al dipartimento di filosofia dell’Università di Milano. Il 18 ottobre cogita e verga: «Vedo da settimane (su canali rigorosamente non ufficiali) centinaia di migliaia di persone che protestano in un modo e con un'intensità che non si vedeva da decenni. Persone che a protestare hanno tutto da perdere, e che tuttavia lo fanno. Questo è molto più di quanto qualunque sindacato, qualunque partito sia stato in grado di fare da tempo immemorabile. Ecco, in altre epoche si sarebbe ritenuto, secondo un elementare principio democratico, che un governo, qualunque governo, avesse semplicemente lo sporco dovere di stare ad ascoltare proteste di tale entità, di discutere, motivare, mediare, informare in modo plurale. Invece vediamo solo censura, manipolazione e repressione. Con l'applauso frenetico, l'applauso all'idrante e al manganello, di gente che ho visto andare in manifestazione cantando Bella Ciao. Ecco, non dico null'altro, perché è buona regola non scrivere quando si è emozionalmente scossi. Ecco, conto fino a tre e mi sveglierò e mi diranno che era solo un episodio di Black Mirror. No?».
Nello stesso giorno e nello stesso posto Nico Bortoletto, associato in sociologia generale all’università di Teramo, sbotta: «Gli idranti e i lacrimogeni per sgomberare un presidio di lavoratori e i sindacati manifestano contro i nuovi fascismi. Ma andassero tutti dove devono. Arriverà il 2023, se Dio vuole».
Tranchant anche questo post di Marco Bassani, ordinario di storia delle dottrine politiche alla Statale di Milano: «“"Amo troppo la mia libertà per negarla agli altri”. Così mi diceva mio padre, con minima reprimenda, quando facevo cose che lui non condivideva. Ecco, credo che chi sta attivamente adoperandosi da 18 mesi per restringere gli spazi di libertà di tutti noi, dalla Terra del Fuoco ad Arkhangelsk, odi profondamente soprattutto la sua stessa libertà, che se mai vi fu, ha vissuto come condizione intollerabile quanto innaturale».
Monotematico ultimamente il profilo Fb di Nicolao Bonini, una cattedra da ordinario in psicologia del consumatore all’università di Trento. Pubblica quotidianamente video e immagini delle proteste contro il green pass. Dalla sua Trento a Parma, da Brescia a Bari. Quest’ultima istantanea l’attinge dal gruppo, tutto in maiuscolo, “No green pass, adesso basta. Movimento italiano apolitico”. Un video della manifestazione meneghina lo preleva invece dalla pagina “Camionisti no green pass 2.0 con l’italiano libero”. Il 17 ottobre Bonini osserva: «la libertà è come la salute. Ti accorgi che ti manca quando sei ammalato». Sabato 23 ottobre riposta questo meme: «Cercasi magistrato bravo e onesto che indaghi perché per due anni abbiamo creduto a 130 mila morti e in verità sono 3600», che dà eco all’ultima versione alternativa.
Intanto ha aperto i battenti "Coscienze critiche", la prima associazione ufficialmente incentrata sull’idiosincrasia di non pochi accademici nei confronti della certificazione verde. «È un contenitore che accoglie il dissenso al politicamente corretto, che tenterà di dare una lettura e una definizione dei problemi autenticamente scientifica e umanistica perché fondata sul dubbio e la ricerca - ha spiegato all’Adnkronos Lorenzo Maria Pacini, docente di filosofia politica all’Unidolomiti di Belluno -. Sarà un laboratorio di pensiero critico. La stragrande maggioranza dei professori non fa rumore, ma porta avanti nel proprio piccolo la battaglia attraverso la disobbedienza civile. Senza un fronte politico unitario o la costituzione di un ente politico. Noi siamo professori universitari». Pacini, leggiamo nelle sue note biografiche, «classe 1994, toscano di nobile famiglia, è sempre stato un ribelle del pensiero».
Da quest’anno dirige “Idee&azione”, la «nuova realtà editoriale delle Comunità Organiche di Destino italiane» che «propone un’informazione libera e indipendente volta al risveglio delle anime, alla riflessione critica e al passaggio verso la Nuova Era». Non un progetto chiuso o autarchico: «Agiamo in unione di intenti con il Movimento Internazionale Eurasiatista» assicurano. E se diversi prof. preferiscono trincerarsi dietro un nickname, ci sono poi i casi già di dominio pubblico. Da Guido Cappelli, docente di letteratura italiana all’Orientale di Napoli e “anti” della prima ora, che tiene i suoi corsi all’aperto nella Galleria Principe, a Francesco Benozzo, associato in servizio al dipartimento di lingue, letterature e culture moderne dell’Università di Bologna. Specializzato in filologia romanza e celtica, una fan page su Facebook forte di 19 mila like, è stato sospeso dall’insegnamento il 13 ottobre. Ospite de “L’aria che tira”, ha affermato: «I miei colleghi di Harvard, Londra, Madrid, non vaccinati come me, sono tutti dei potenziali assassini perché entrano in classe senza nessun green pass? È una scelta politica, non sanitaria. Bush andava prudentemente a bombardare gli Stati che adesso sono in miseria». O come l’uscita del docente di marketing all’università di Palermo Gandolfo Dominici, che trasfigurò in questi termini la tremenda scritta che campeggiava all’ingresso del campo di sterminio di Auschwitz: “Il vaccino rende liberi”.