Una stanza segreta nell’abitazione della moglie del boss stragista Giuseppe Graviano è stata scoperta dagli investigatori a Palermo durante una perquisizione effettuata nelle scorse settimane. Si tratta di un piccolo locale di due metri quadrati nascosto da un muro. Su quello che è stato rinvenuto c’è il massimo riservo da parte dei magistrati della procura della Repubblica di Firenze che hanno disposto la perquisizione nell’abitazione della donna, nell’ambito di una inchiesta che coinvolge Giuseppe Graviano e le stragi del 1993 a Roma, Milano e Firenze.
L’ingresso dalla stanza segreta era coperto e perfettamente murato e nascosto da un armadio. Nell’abitazione ci vive Rosalia Galdi, che il boss chiama Bibiana. La donna si sposta spesso per Roma, dove abita il figlio Michele, e poi per andare a trovare in carcere il marito.
Gli investigatori avevano effettuato le perquisizioni su ordine dei procuratori aggiunti di Firenze, Luca Tescaroli e Luca Turco, perché interessati a cercare documenti di cui aveva parlato Giuseppe Graviano. Una mossa finalizzata anche a riscontrare le affermazioni fatte dal capomafia ai magistrati toscani durante tre lunghi interrogatori in carcere. Graviano parla di una rete di soggetti che lo avrebbe favorito e coperto nel periodo della sua latitanza legata anche alle bombe del 1993.
In passato, come ha scritto L’Espresso, Giuseppe Graviano ha risposto alle domande dei pm di Firenze, e ha parlato di Silvio Berlusconi.
Il capomafia ha sostenuto che nel periodo in cui era ricercato avrebbe incontrato tre volte a Milano Silvio Berlusconi.
Giuseppe Graviano è stato condannato oltre che per le stragi, anche per avere ordinato l’uccisione di don Pino Puglisi. Due giorni dopo la beatificazione a Palermo del parroco di Brancaccio, L’Espresso era riuscito a parlare con Rosalia Galdi. La donna che all’epoca era tornata a vivere a Palermo dopo un’agiata permanenza a Roma, ha parlato di padre Puglisi: ma lo ha fatto indicandolo come prete beato e non come vittima della mafia. Ed ha dichiarato L’Espresso di non aver mai conosciuto padre Puglisi perché a Brancaccio non frequentava la sua chiesa.
«Facevo parte di un’altra parrocchia e poi con mio marito in quel periodo abitavamo fuori Palermo e quindi non potevamo conoscerlo».
Bibiana è sorpresa delle domande sul prete. Avrebbe voluto parlare, spiegare, ma ad un certo punto si blocca e invita il giornalista, se vuole approfondire questo argomento, a rivolgere le domande a suo marito. «Lei comprende bene la mia situazione, io sono la moglie... e non posso parlare». E poi aggiunge: «Se avete qualcosa da scrivere o pubblicare dovete parlare con mio marito».
Ma Giuseppe Graviano da gennaio del 1994, quando è stato arrestato insieme alla moglie, è detenuto, e adesso spera di lasciare il carcere attraverso una sua strategia. Dal giorno del suo arresto è rimasto a lungo in silenzio, come i veri capimafia, poi ha iniziato a lanciare messaggi, per tentare di proteggere la famiglia e il patrimonio accumulato illegalmente. E provare a lasciare il carcere.
Questo capomafia custodisce segreti sulla stagione delle bombe del 1992; sugli attentati a Milano, Roma e Firenze.
Fedelissimo di Riina, avrebbe avuto contatti con imprenditori e politici.
Il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, che è stato al suo fianco anche quando hanno preparato la strage di via D’Amelio, ha raccontato ai pm che al bar Doney a Roma nel 1993, Graviano gli aveva confidato di avere raggiunto un accordo con Dell’Utri e Berlusconi. E il boss in quell’occasione aveva commentato: «Abbiamo il Paese nelle mani».
La signora Graviano rimanda tutto al marito. Un uomo che Bibiana Galdi non accetta di vedere come il boss che ha fatto uccidere padre Pino. Ma cosa pensa di un prete assassinato dalla mafia che adesso è stato beatificato? «Sono una persona cattolica, che frequenta la chiesa, quindi può immaginare come posso prendere queste cose...». La voce della donna si fa tremolante, sembra rotta dall’emozione, ma poi torna ferma: «Però io so dell’estraneità (nell’omicidio di don Puglisi, ndr.) di mio marito, ne sono sicura perché noi (Rosalia Galdi e Giuseppe Graviano ndr) non c’eravamo. Quella sera era con me mio marito». La sera dell’omicidio? «Adesso la devo lasciare...». Si interrompe la conversazione. La donna, che afferma di essere cattolica, commenta con interesse la beatificazione di don Puglisi alla cui celebrazione non ha partecipato - come ci dice il figlio, Michele Graviano - ma si fa scudo per difendere il marito, riconosciuto dai giudici come carnefice del sacerdote. Così concilia il fatto di essere cattolica con quello di essere la moglie del mafioso che ha fatto uccidere don Pino. Forse in cuor suo vuole convincersi dell’estraneità del marito sostenendo che la sera dell’omicidio era con lei e quindi non ha alcuna colpa. Purtroppo, non è così. E adesso deve anche spiegare la stanza segreta e quello che in essa è stato trovato dagli investigatori dell’antimafia.