Il Comune toscano è il simbolo di una filosofia virtuosa esportata nel resto d’Italia e all’estero. Basata su compostaggio, riciclaggio, eliminazione degli imballaggi. Siamo andati a conoscere i protagonisti di questa rivoluzione (foto di Alberto Bernasconi)

Non è difficile vedere Rossano Ercolini chino su un fosso lungo la strada a raccogliere quei bicchierini bianchi di un noto tè freddo. Non è per gettarli in un cestino. Li porta al polo tecnologico dei Segromigno in Monte, dove ce ne sono cento accumulati in un angolo. Li “disinnesca”, sono tra i peggiori rifiuti non riciclabili. «Se io non sono per me, chi è per me? E, se io sono solo per me stesso, cosa sono? E se non ora, quando?», diceva il rabbino Hillel nel Talmud. Primo Levi intitolò il suo secondo romanzo con quell’ultima domanda e proprio l’“adesso”, la completezza dell’io padrone di me e del mio destino e l’invito ad agire per un futuro che è innanzitutto ora o mai più, somiglia a quel sussurro sepolto che risale gli abissi della coscienza del mondo industrializzato per farsi voce nell’epoca della transizione ecologica.

Rossano Ercolini, fondatore del centro di ricerca Rifiuti Zero

Ercolini, 66enne maestro elementare e attivista fin dal liceo scientifico nel ’76, nel 2007 andò dall’allora sindaco di Capannori Giorgio Del Ghingaro e gli propose un disciplinare, il cui obiettivo era azzerare la produzione di rifiuti e avvicinare quanto più in fretta possibile allo zero il conferimento in discarica. Quaranta minuti dopo, il “mi garba” ricevuto in risposta rese la comunità di quasi 47 mila in abitanti in provincia di Lucca la prima in Europa ad impegnarsi in una rivoluzione culturale ecologica. Oggi i comuni sono 330 in tutta Italia, oltre sette milioni di persone sensibilizzate ad ispirarsi alla filosofia Zero Waste, rifiuti zero, del professor Paul Connet: una vita eco-sostenibile è possibile, recuperare le materie prime si può, evitare di consumarne di nuove si deve.

 

Così a Capannori, la visione e l’impegno del primo piccolo movimento di attivisti guidati da Rossano nel 1996 ha bloccato il progetto di costruzione di un inceneritore, poi ha contribuito a mettere a punto un “sistema” basato su porta a porta, sconti del 20 per cento sulle tariffe “paghi per quanto produci”, centri di riuso per salvare dalla discarica e rimettere in circolo mobili, elettrodomestici, abiti. Il coronamento sono campagne come “adotta un lombrico” per il compostaggio domestico di qualità, o il ritiro di assorbenti con un’apposita raccolta a cui hanno aderito 200 famiglie, l’istituzione di una squadra “Acchiapparifiuti”.

 

Dal 2011 esiste anche il polo tecnologico, il Centro di Ricerca “Zero Rifiuti”, che si interfaccia con imprese, scuole, esperti, nuove progettualità. Un modello internazionale, esportato con successo nella baia di San Francisco, passando per alcuni quartieri di Parigi fino a Kiel in Germania, e che qui a Capannori ha raggiunto un tasso di raccolta differenziata dell’88 per cento, un -55 per cento di rifiuti residui pro capite prodotti all’anno e sfiorato le 100 tonnellate di oggetti da riutilizzare.

Martina non compra mai vestiti nuovi, riceve capi di seconda mano in grande quantità e tiene per sé ciò che le serve. Il resto lo dà via

Ercolini, che nel 2013 ha vinto il The Goldman Environmental Prize, il nobel alternativo per l’ambiente e fu ospite del presidente Barak Obama, è oggi direttore del Centro di ricerca, presidente dell’associazione Zero Waste Europe e di Diritto al futuro, ed è tra i fondatori della Rete Nazionale Rifiuti Zero. «La natura non produce rifiuti, questa è un’evidenza scientifica e biologica», spiega illustrando i “dieci passi” del protocollo Zero Rifiuti. I rifiuti ci sono quando le nostre mani mischiano la parte organica con il resto. A quel punto diventa difficilissimo recuperare per via automatica, ri-separare. Perché la parte organica contamina tutto il resto e la qualità merceologica è inferiore rispetto alla separazione nella raccolta differenziata. Quindi se non mischio i rifiuti ho la carta, i metalli, il vetro, i polimeri plastici, la materia organica, cioè ho i materiali che oggi nell’economia circolare sono assurti a priorità economica. Soprattutto in un continente come L’Europa che non ha giacimenti naturali e può ricorrere a materie prime grezze in quantità limitata».

Daniele Guidotti nel negozio di arredamento di Daccapo

Sono i due meta-punti del programma: la raccolta, spiegata attraverso una comunicazione che coinvolge la società civile, come parrocchie, associazioni, amministratori, e il “porta a porta” col doppio vantaggio di aumentare posti di lavoro (uno per ogni mille abitanti, secondo la statistica) e raccolta di materiali non contaminati. Terzo, quarto e quinto passo: il compostaggio dell’organico, per restituire carbonio ed evitare l’impoverimento del terreno, il riciclaggio con piattaforme in aree industriali e la riduzione dei rifiuti eliminando ad esempio gli imballaggi.

 

Il sesto passo, “centri di riparazione e riuso”, è diventato un progetto pionieristico in Toscana: “Daccapo” è falegnameria e laboratorio che realizza arredi e accessori attraverso il recupero di mobili, legno e oggetti per la casa sia provenienti dalle isole ecologiche che dalla donazione diretta dei cittadini. «Lo facciamo con formazione e inclusione: inserimento socio-terapeutico e lavorativo, accoglienza migranti, pene alternative», spiega Aurora Zanetti, responsabile del progetto di riuso solidale firmato dalla Caritas, i comuni di Lucca e Capannori e la Cooperativa “Nanina”. «Quel che recuperiamo viene riparato o trasformato, poi donato a chi è in difficoltà oppure venduto nei nostri empori».

 

Nella stessa cooperativa, importante perché “recupera anche le persone”, sottolinea Marcella Nicolini, è viva e attiva anche la sartoria “Quindi”: «Abbiamo raccolto materiale donato da attività dismesse, persone che non cucivano più, nipoti che trovavano stoffe nelle soffitte delle nonne e abbiamo iniziato a realizzare borse, accessori e abbigliamento spesso con tessuti pregiati, lane e cotoni che sono in piccole quantità o sono lo scarto della lavorazione di abiti», dice. Con macchine come le vecchie Singer o le Necchi che vengono dismesse ma che sono ancora in buone condizioni”.

 

“Riduzione alla fonte” e “tariffazione puntuale” sono invece i punti che mettono in sinergia le “Famiglie Zero Rifiuti” con le scelte pratiche delle amministrazioni: realizzazione di casette dell’acqua, riduzione della plastica nelle attività commerciali, agevolazioni fiscali per i gestori dei supermercati per prodotti sfusi, incentivi per l’utilizzo di pannolini lavabili e il compostaggio domestico, laddove il 35, 40 per cento dei rifiuti prodotti è materiale organico.

 

Quella di Simone Tomei è una delle 70 famiglie che a Capannori applicano alla lettera a casa il disciplinare e ottengono lo sconto sulla bolletta della spazzatura: compostaggio dell’organico per produrre ammendante da utilizzare per orto e giardino, riduzione degli imballaggi o acquisto di imballaggi biodegradabili: «Ci impegnano a controllare il nostro rifiuto residuo indifferenziato. Noi conferiamo solo due sacchi all’anno, uno in autunno e uno in primavera, solo 10-12 chili di indifferenziata», sottolinea. «Ma ci sono anche famiglie migliori, dipende dal nucleo: noi siamo in quattro, altri producono un solo sacchetto».

 

Aurora Zannetti, responsabile del laboratorio di falegnameria di Daccapo

L’eliminazione del 12-15 per cento del residuo coinvolgendo le industrie ed evitando inceneritori e discarica è l’obiettivo dei Centri di ricerca, penultimo e ultimo passo del protocollo: azzerare i rifiuti. Ercolini chiama “la doppia sporca dozzina” o “il piccolo museo degli orrori” i prodotti che sono un “errore di progettazione”, come le capsule del caffè, gli spazzolini da denti, le penne biro, gli accendini. Ai ragazzi che arrivano qui, a cui viene svuotato davanti il sacco grigio dell’indifferenziata, viene insegnato a metterli nello hula hoop rosso degli “impresentabili.

 

«Nel 2010 contribuimmo ad una riprogettazione, un noto produttore di caffè lanciò la capsula in bioplastica», dice. Ha chiesto un’alternativa anche all’azienda che produce il tè nei bicchierini: «Con la Fondazione ‌Ellen‌ ‌MacArthur‌ ‌Foundation‌ entro il 2025 ridurremo la plastica. Per il bicchierino abbiamo progetti nostri, ci hanno risposto». Il Centro intanto collabora con un’azienda che produce vetro liquido, un nano materiale ricavato dalla quarzite: «Questa è carta per il prosciutto: è stata spalmata con questo prodotto, a differenza nella carta oliata attuale che deve andare negli impianti dedicati, questa va nel compost», aggiunge.

 

L’Italia è seconda in Europa per raccolta differenziata dopo la Germania e prima in Economia Circolare, seguita dalla Francia: 68 per cento di quota del riciclo contro una media europea del 57 per cento e un tasso dell’uso circolare di materia al 19,3 per cento contro l’11,9 per cento europeo. Ma il paese è indietro per il recupero di materie come oro, argento e terre rare da rifiuti elettronici, componente per cellulari e computer: «Il 90 per cento del commercio di terre rare è cinese. Il petrolio sta finendo, questa è l’epoca delle terre rare. Questa è geopolitica, di questo si devono occupare i politici», prosegue Ercolini, che ha appena lanciato da Firenze una “Costituente dell’ecologismo politico italiano” per chiedere alle forze politiche di mettere al centro delle loro agende la questione ambientale, laddove il centro del sistema attuale al collasso è l’economia.

 

«Bisogna ri-naturalizzare il processo di civilizzazione. Dico che il nuovo illuminismo si basa sulle valutazioni ambientali fatte già alla fine degli anni Settanta grazie alle quali sappiamo quando ci sarà l’Overshoot day. La sfida è il tempo, l’accelerazione, riusciremo ad accelerare la presa di coscienza? Se si continua ad usare carbone, idrocarburi, l’usa e getta, vuol dire che il processo di civilizzazione dell’umanità non è in grado di rigenerarsi. La sfida è ri-naturalizzare la cultura. E la rivoluzione ecologica avrà come guida un nuovo matriarcato, la “cura” delle donne».