Sale chiuse, tranne che a Sanremo. Per migliaia di addetti allo spettacolo, addio occupazione. Così attori, tecnici, costumisti si adattano a fare altri mestieri. In attesa di tempi migliori. E stasera, a un anno dal primo provvedimento, la protesta simbolica: luci accese degli edifici dalle 19.30 alle 22

Rider o cartomante, sarta o insegnante di yoga: così si reinventa chi lavorava in teatro

C’è un gran silenzio davanti alla porta d’ingresso di cinema e teatri. Non si vedono persone in fila, né gruppi di amici con il biglietto fra le mani. Sale vuote, dunque (non a Sanremo, però). Niente spettacoli, niente proiezioni. Qualcuno ogni tanto ci prova ad organizzare una diretta streaming, ultima forma di resistenza, ma senza il pubblico in platea è un’altra cosa...

 

Eppure tutt’intorno la vita più o meno continua. Francesco, per esempio, che sfreccia con il suo motorino, consegna pizze. Ma non ama raccontarlo in giro. Prima della pandemia gestiva una sala teatrale. Poi ha cambiato lavoro e non ne va fiero, ma ha dovuto farlo. Come Adriano Urso, l’ex pianista morto d’infarto mentre stava consegnando la cena a un cliente. Una storia tragica la sua, ucciso da una crisi che rischia di spazzare via un’intera categoria di persone: i lavoratori dello spettacolo.

 

Ormai sono fermi da marzo. Qualche arena o palcoscenico si è accesa in estate, grazie a festival e rassegne che hanno scelto di non fermarsi, ma di fatto attori, tecnici, scenografi, danzatori, musicisti, maschere e gestori di sale teatrali o cinematografiche non lavorano più. E dopo l’ultimo Decreto ministeriale che ha imposto la chiusura di cinema e teatri, sono in profonda crisi: senza stipendi, senza diritti, senza la possibilità di esercitare la propria professione.

 

E allora protestano. Si sfogano nelle piazze, si organizzano in associazioni (da Asr a Unita), discutono sui canali social. Ma poi, alla fine, devono fare i conti con l’affitto di casa, le bollette, i generi alimentari... Quelli no, non li puoi sospendere. E allora che fai? Molti di loro sono stati costretti a cambiare mestiere. Secondo Autorganizzati spettacolo Roma (Asr) sono circa il 50 per cento: tecnici che fanno consegne a domicilio, attrici che lavorano come baby-sitter, drammaturghi che offrono ripetizioni private ai ragazzi.

 

Chiara Tomarelli, per esempio, insegna yoga, da sempre una sua passione, anche se il grande amore della sua vita resta il teatro, dove ha lavorato con tanti registi, da Sergio Rubini a Francesca Comencini, da Peter Stein a Jan Fabre. «Chiariamo subito una cosa: essere attrici e madri è una grande fatica, non esiste alcun tipo di tutela», spiega. «Per queste ragioni, già da 3-4 anni avevo cominciato ad interessarmi ai corsi di yoga. Ne ho frequentato uno e poi ho iniziato anch’io, di tanto in tanto, a tenerne alcuni».

STORIE_LAVORATORI_SPETTACOLO_DESANCTIS_7_Schermata 2021-02-18 alle 17.54.42

E con il lockdown di marzo e i teatri chiusi, quello che all’inizio era solo un hobby è diventato un lavoro. «Con due figli da mantenere non potevo fare diversamente, così ho pensato ad un progetto di yoga per la rete internet, che è partito in primavera. All’inizio tenevo 2 o 3 lezioni online gratuitamente e le persone hanno imparato a conoscermi. Poi ho dato loro la possibilità di acquistare “pacchetti” o lezioni singole da seguire collegandosi al sito, sempre a prezzi modici. Almeno ho una fonte di guadagno».

 

E dal governo nessun aiuto? «Ho avuto aiuti importanti dal Nuovo Imaie, che ha versato 1300 euro agli artisti con repliche saltate (come nel mio caso), più 3600 euro a chi aveva figli a carico. Per quanto riguarda il bonus concesso dallo Stato ai lavoratori dello spettacolo all’inizio c’è stato un gran dibattito sul numero di giornate lavorate necessario per poterne usufruire: dovevano essere 15 in un anno, ma poi sono diventate 7. E così sono arrivati anche i primi 600 euro. Purtroppo la nostra categoria non è riconosciuta, questo è il punto. Finché non verremo inquadrati come lavoratori, i problemi resteranno gli stessi che c’erano già prima della pandemia. Quello che stiamo facendo con Unita (Unione interpreti teatro e audiovisivo) – l’associazione nata proprio durante il periodo di lockdown – è prendere coscienza come categoria e portare avanti le nostre battaglie».

 

Anche perché, diciamo la verità, a quanti attori o attrici sarà capitato di sentirsi dire: «Ah, reciti? Sì ma nella vita che lavoro fai?». In rete sta spopolando un video di Sebastiano Colla che, fra l’altro, dice: «Vuoi suonà il violino, la chitara, pure il trombone? E poi non c’hai un euro per pagà la pigione... Lassa perde, ma lassa sta, trovate un lavoro, er lavoro è una cosa seria...».

 

E in tanti sono stati costretti a cercarselo davvero, un lavoro diverso. Cecilia Vecchio, per esempio, oggi fa la cartomante. «Quando è stato annunciato il lockdown, a marzo, ero in tournée con “Supermarket - A modern musical tragedy”», racconta. «Lo spettacolo stava andando benissimo e io avrei dovuto debuttare in Trentino. Invece sono rimasta a Milano, dove vivo, in un piccolo appartamento senza balcone. Ma non potevo permettermi di stare ferma e così ho trasformato il mio hobby in lavoro: leggere i tarocchi. Ho imparato a farlo molti anni fa, quando insegnavo in una scuola materna, grazie a una collega di Benevento. Da allora, ho iniziato a leggere le carte agli amici, poi in un locale qui a Milano e infine online. Lo faccio 7-8 volte al mese».

 

Nel frattempo Cecilia fa mille altre cose, dalle lezioni di recitazione online per bambini ai corsi di “style mood couching” (cioè aiuta i giovani musicisti a trovare la propria personalità). «Mettendo insieme tutti questi lavoretti riesco a coprire le spese dell’affitto e delle bollette. I primi bonus ricevuti dal governo sono stati di aiuto, ma l’estate per me è stato il periodo più buio. Da ottobre, con la nuova chiusura dei teatri, ho ripreso a leggere le carte e a tenere i vari corsi, anche di “public speaking”. Al momento vado avanti così. Poi, certo, mi piacerebbe tornare a fare il mio lavoro: recitare».

 

Mara Gentile, invece, è una costumista. Oggi, però, fa la segretaria in uno studio medico. «Durante il primo lockdown ho lavorato come baby-sitter», racconta. «Ma poi, con la chiusura dei bar anticipata alle 18, sono cambiati i turni lavorativi della madre dei bambini, che non ha avuto più bisogno di me. Per questo ora lavoro in uno studio medico, faccio la segretaria, anzi faccio l’apriporta... Però riesco almeno a coprire le spese dell’affitto di casa. Le bollette no, per quelle chiedo aiuto a mia madre. Devo ammettere che stavo cadendo in depressione, così nel frattempo ho iniziato a pensare anche al mio futuro. E ho deciso di acquistare una “taglia e cuci” di seconda mano. L’ho pagata 300 euro. Ho chiesto i soldi in prestito a mia madre per poterla acquistare. Voglio imparare ad usare la carta modello, a cucire, in modo tale che non sarà più necessario portare i miei disegni da un sarto. Ho voglia di creare, di inventare... Prima o poi i teatri riapriranno, o no?».

STORIE_LAVORATORI_SPETTACOLO_DESANCTIS_7_Schermata 2021-02-18 alle 17.54.14

Se lo augurano anche Francesca Moreddu, cassiera all’Off/Off Theatre di Roma, e il marito Pietro Pignotta, tecnico al Teatro San Raffaele (ma prima ancora ha lavorato al Sistina, all’Eliseo, al Teatro di Roma), che intanto coltivano l’orto sotto casa. «A marzo sono andata in cassa integrazione e subito dopo in disoccupazione», racconta Francesca. «Ma se hai una famiglia da mantenere e anche tuo marito lavora in teatro, non puoi fare altro che rimboccarti le maniche. Così abbiamo deciso di prendere in comodato d’uso un pezzo di terreno davanti al nostro condominio, nella Valle dei Casali, e abbiamo iniziato a coltivare frutta e verdura. All’inizio lo abbiamo fatto soprattutto per noi, per risparmiare sulla spesa, ma poi i vicini hanno iniziato a chiederci le uova e l’insalata e per questo stiamo pensando di trasformare la nostra passione in un nuovo lavoro».

 

Pietro aveva appena ripreso la sua attività, a ottobre, quando i teatri sono stati di nuovo chiusi: «Avere la possibilità di piantare alberi da frutto su un terreno di 2700 mq ci è sembrata una grande opportunità», racconta. «Mi piace stare a contatto con la natura e sul nostro terreno è possibile trovare pesche, albicocche, mele, nespole, cachi, verdure di stagione».

 

Le cose vanno un po’ meglio per chi fa cinema. Sui set, al contrario delle sale teatrali, il lavoro non si ferma. «Io mi occupo di tutta la parte logistica del film, sono fuori casa 18 ore al giorno, ma almeno lavoro», racconta Roberta De Luca, coordinatrice di produzione. «Durante il primo lockdown ho dato una mano a un’amica con i bambini. Poi per fortuna i set sono ripartiti. Quelli fermi, purtroppo, lo sono perché qualcuno si è infettato. E allora, tutti a casa per un po’».

 

Il problema di alcune produzioni cinematografiche è proprio questo, aggiunge Cinzia Liberati, segretaria di edizione per molti registi, da Massimiliano Bruno a Roberto Andò: «Se una qualunque persona si ammala, tutto il cast va in quarantena e ovviamente la produzione si ferma. Ecco perché siamo continuamente sottoposti a tamponi».

Poi, certo, c’è il problema delle sale cinematografiche, che chissà quando riapriranno. E l’impossibilità, per tanti lavoratori dello spettacolo, perfino di dedicarsi a un mestiere diverso, come nel caso di Elda Alvigini, attrice molto amata dal pubblico soprattutto per la sua interpretazione ne “I Cesaroni”.

 

«Non voglio lamentarmi, perché so che c’è gente in seria difficoltà. Ma nonostante io abbia recitato in fiction di successo, purtroppo da tempo non ricopro più ruoli da protagonista. Faccio altre cose: dalle promozioni su Istagram alle partecipazioni a piccoli video. Prima che arrivasse la pandemia aiutavo mia madre al suo Bistrot, frequentato soprattutto la sera. Ora non so neanche se il locale sopravviverà con queste restrizioni. Non ho potuto neanche usufruire del bonus governativo perché avevo solo cinque giornate lavorative anziché 7. Eppure, le tasse devo pagarle, ma come si fa?»

 

Una cosa è certa, neppure i 20 milioni di euro stanziati dal Mibact per i lavoratori dello spettacolo faranno il miracolo. Come dice Alvigini: «Chi sceglie questo mestiere è un guerriero ninja».

LEGGI ANCHE

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Un Leone contro Trump - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso

Il settimanale, da venerdì 16 maggio, è disponibile in edicola e in app