Manca un progetto organico per l’assistenza dei più deboli. Eppure la pandemia ha colpito più duramente proprio loro

Un Piano che vuole disegnare l’Italia di domani può dimenticare gli anziani non autosufficienti e le loro famiglie? I dati sui trend di progressivo invecchiamento della popolazione suggerirebbero di no.

Tuttavia, nell’attuale versione del Piano nazionale di ripresa e resilienza manca un progetto - organico e coerente - per il futuro dell’assistenza loro dedicata. Una simile assenza non rappresenta una novità bensì la riproposizione della storica difficoltà del mondo politico e istituzionale italiano a riconoscere l’esistenza della “questione non autosufficienza” nella società.


La vicenda del Pnrr è eclatante in proposito. Il Piano discende dalla decisione della Commissione Europea di mettere a disposizione degli Stati membri uno strumento potente per fronteggiare l’impatto della pandemia. I dati su età e profili di fragilità delle persone decedute con il Covid-19 indicano che i più colpiti sono gli anziani non autosufficienti. Paradossalmente, dunque, un Piano nato per rispondere a una tragedia ne dimentica proprio coloro che ne hanno pagato il prezzo maggiore. Tale carenza colpisce ancor di più se si considera che le grandi difficoltà incontrate dal sistema pubblico di assistenza agli anziani nell’affrontare la pandemia non rappresentano un evento anomalo ma sono, invece, la manifestazione estrema delle criticità di fondo che – da tempo – lo affliggono.

Un progetto organico da inserire nel Pnrr è stato elaborato dal Network Non Autosufficienza, una rete di esperti coordinata da chi scrive. Lo sostiene una costellazione di soggetti sociali inedita – per ampiezza e articolazione – nel settore: Associazione italiana malattia di Alzheimer - Aima, Alzheimer uniti Italia onlus, Caritas italiana, Cittadinanzattiva, Confederazione Parkinson Italia, Federazione Alzheimer Italia, Forum disuguaglianze diversità, Forum terzo settore e La Bottega del possibile. La costituzione di questo nucleo di promotori testimonia, da una parte, quanto sia diffusa la preoccupazione per la disattenzione verso la non autosufficienza e, dall’altra, un comune sentire circa l’urgenza di intraprendere un percorso di riforma.


La proposta affronta alcune criticità cruciali delle politiche di welfare. Una risiede nella frammentazione degli interventi pubblici dedicati, che si vuole superare unendo i passaggi da compiere per accedere alle misure e ricomponendo così l’attuale caotica molteplicità di enti, sedi e percorsi differenti. Lo sforzo maggiore è dedicato poi a un’ampia revisione dei servizi domiciliari, affinché siano più in grado di sostenere le molteplici problematicità legate alla non autosufficienza e diventare un concreto ed effettivo punto di riferimento per le famiglie.

 

Si prevede anche, inoltre, un investimento straordinario per migliorare quelle strutture residenziali che necessitano di essere ammodernate e riqualificate, bisogno confermato dalle vicende della pandemia. I cardini della proposta, dunque, sono quindi tre: rendere più semplice l’interazione con il welfare pubblico, avere finalmente un sistema di assistenza domiciliare adeguato delle esigenze di anziani e famiglie e riqualificare la residenzialità.

La proposta è piuttosto dettagliata tecnicamente, per risultare uno strumento utile ai decisori qualora essi fossero – come auspicabile – interessati ad attuarla. Le azioni individuate, d’altra parte, non sono affatto originali poiché sulla necessità di intraprenderle esiste, da tempo, un’ampia concordanza di vedute tra gli addetti ai lavori. Ma è proprio questo il punto: le cose da fare sono note, bisogna cominciare; le palesi difficoltà del settore e i trend d’invecchiamento suggeriscono di non aspettare oltre. Si torna così alla casella di partenza: per cominciare è necessario riconoscere la presenza della «questione non autosufficienza» nella società italiana.


Cristiano Gori è il coordinatore del Network Non Autosufficienza