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Petrolmafie, ecco tutti i nomi dei 400 indagati nell’inchiesta sui carburanti

Nell’indagine che ha coinvolto le procure di Reggio Calabria, Catanzaro, Napoli e Roma oltre ai 70 arrestati sono coinvolte decine di persone tra esponenti delle mafie, colletti bianchi e imprenditori

Sono oltre 400 gli indagati nell’ambito della mega inchiesta su mafie e petrolio e che ha coinvolto i comandi provinciali della guardia di finanza di Napoli, Roma, Catanzaro e Reggio Calabria, insieme ai finanzieri dello Scico e ai carabinieri del Ros, coordinati dalle rispettive Direzioni distrettuali antimafia e dalla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo. L’Espresso è in grado di pubblicare tutti i nomi al momento finiti nel registro degli indagati, al di là dei 70 arresti dei giorni scorsi e del sequestro di beni complessivo per più di un miliardo di euro. Anni di indagini condotti dalla Guardia di finanza e dai carabinieri del Ros che hanno svelato il grande sistema della gestione in nero del petrolio in buona parte del Paese.

 

Quello che sta emergendo, mettendo insieme tutte le inchieste delle quattro procure coinvolte, è un sottobosco dove c’erano i rappresentanti delle mafie locali, ma anche colletti bianchi spregiudicati e imprenditori che si prestavano ad operazioni illecite per evadere le imposte, ma non solo: perché considerando il numero di società coinvolte sta venendo fuori che moltissimi depositi di petrolio sono in qualche modo infiltrati dalle mafie.

 

 

Tra i nomi coinvolti ci sono rappresentanti di spicco di clan di mafia, ‘ndrangheta e camorra, da Luigi Mancuso  ai Moccia per la camorra, a nomi legati ai clan Santapaola e Cappello in Sicilia. Ma ci sono anche volti legati ai potenti clan calabresi dei Piromalli, dei Pelle e dei Piscopani. Nel lunghissimo elenco degli inagati ci sono anche broker molto noti nel settore, come Sergio Leonardo, Francesco Mazzani, Giuseppe Di Lorenzo, Francesco Porretta, e imprenditori come Anna Bettozzi, vedova del petroliere Sergio Di Cesare, Antonino Grippaldi, ex presidente di Confindustria Enna e vicepresidente della Kore di Enna, Orazio Romeo, ex patron della Sp energia siciliana o Vincenzo Ruggiero, noto imprenditore del settore carburanti in Calabria. Coinvolte anche decine di aziende note del settore come Max Petroli  e la Italpetroli, e piccole società che gestivano singoli depositi.  L’accusa principale per tutti è quella di aver creato associazioni per evadere le imposte attraverso il cosiddetto sistema delle cartiere: società che acquistavano il carburante per rivenderlo, sulla carta, all’estero non pagando l’Iva e che invece poi lo reimmettevano nel mercato italiano a prezzi concorrenziali.  

 

Nicola Gratteri

Il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha definito questa operazione una «Rinascita Scott 2»: «Le mafie non hanno steccati né procedure da rispettare ma sono presenti dove c'è da gestire denaro e potere. Questa indagine dimostra la grande sinergia tra le principali mafie italiane. Quasi contemporaneamente quattro procure si sono trovate a indagare sullo stesso oggetto, quello dei petroli e da un'intercettazione ambientale si dice che il settore “ci sta fruttando più della droga”. Quattro procuratori che hanno lavorato insieme e in maniera determinata per arrivare a un risultato». Il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri ha aggiunto: «Le mafie, ‘Ndrangheta o Camorra, indistintamente dalla loro origine, operavano su orizzonti finanziari diversi che non sono più il traffico di stupefacenti ma quello dei petroli che fino ad oggi hanno visto operare solo i colletti bianchi. Dove ci sono i soldi e gli affari le mafie intervengono. Abbiamo trovato i punti di riferimento delle varie cosche. I colleghi hanno operato sotto il coordinamento degli aggiunti Gaetano Paci e Giuseppe Lombardo e sono riusciti a ricostruire i piani criminali sui quali operava l'organizzazione che faceva capo a imprenditori calabresi unitamente a soggetti campani.

 

Avevano creato un articolato sistema di cartiere, gestivano sia le false fatturazioni, le operazioni in frode d'Iva e sia la fase del riciclaggio e dell'autoriciclaggio curando nel dettaglio il recupero delle somme sottratte allo Stato. Grazie a questi imprenditori di riferimento delle cosche operavano in Calabria, Campania e Sicilia. Abbiamo sequestrato 27 conti bancari tra Bulgaria, Ungheria, Romania, Inghilterra e Croazia. Sono state sequestrate circa 100 società interessate alla frode fiscale e molte delle quali cartiere. Sono stati sequestrati una serie di beni di lusso, anche all'estero, che venivano utilizzati dai soggetti dell'organizzazione. Nel maggio 2019 è stato sequestrato un milione di euro in contatti che l'organizzazione da Napoli stava facendo arrivare ai promotori calabresi. Anche oggi le perquisizioni hanno consentito di avere ulteriore conferma di questa disponibilità economica di questi soggetti».

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