Condannati dalla Chiesa i fedeli omosessuali chiedono apertura: l’orientamento da tutelare è quello del bene. «Qualunque proposta che serve per proteggere chi è più debole deve essere appoggiata da chi fa del Vangelo la propria vita»

Dai Pacs alle unioni civili, passando per una legge contro l’omotransfobia. I toni della Chiesa cattolica contro le leggi di riconoscimento per le persone Lgbt sono storicamente aspri e senza appello. “Disordine”, “sciagura”, “pericolo per la pace”: erano queste le parole che fino a pochi anni fa le gerarchie cattoliche rilasciavano a indirizzo degli omosessuali. Oggi il registro cambia. “Chi sono io per giudicare un gay” è la frase di apertura alla comunità arcobaleno più nota di Papa Bergoglio. Ma la posizione del papato resta sempre la stessa. Il muro che il Vaticano ha alzato nei confronti della comunità arcobaleno sembra invalicabile. In ultimo la decisione di impugnare il Concordato con lo Stato per chiedere all’Italia di modificare il disegno di legge contro il ddl Zan. Un «verbo» che si mostra potente; eppure, fragilissimo di fronte alla fede di moltissimi cattolici Lgbt.

«Per me la fede è come l’aria che respiro. Non riuscirei a immaginare una vita senza» dice Paolo Spina 35, medico ospedaliero. «La Chiesa ha generato in me la fede. Vivo ogni giorno seguendo il Vangelo dal lavoro al mio rapporto con gli amici fino a quello con il mio fidanzato Domenico con cui vivo da un anno e mezzo». Paolo fa parte del “Progetto Giovani Cristiani LGBT”, formato da ragazzi e ragazze, fra i 18 ed i 35 anni. «Per tanto tempo sono stato arrabbiato. Non nei riguardi di Dio ma di una gerarchia che si discosta dalla vita della gente. Da questa arrabbiatura è nata una consapevolezza: non so se voglio la benedizione del Papa della mia unione con Domenico ma so che è finito il momento di chiedere permesso. Mi va di vivere da cristiano, testimoniare anche con i miei errori, come la mia vita possa essere diversamente buona da un momento in cui viene proposto». Sul ddl Zan Paolo non ha dubbi: «Qualunque proposta che serve per tutelare chi è più debole deve essere appoggiata da chi fa del Vangelo la propria vita». E la deriva liberticida denunciata dalla Chiesa? «La preoccupazione di ogni cattolico dovrebbe essere quella di diffondere il Messaggio del Vangelo che è di rispetto, bontà, amore, comprensione condivisione ed empatia. La ricerca di ciò che ci unisce rispetto a ciò che ci divide dovrebbe essere prioritario. Mi piacerebbe una Chiesa che camminasse di più che riconoscesse che non c’è nulla di irriformabile se non l’orientamento del bene».

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Chi condanna non vede, o non vuol vedere, e agisce come se fede cattolica e omosessualità fossero inconciliabili. Ma il popolo dei credenti è ben altra cosa. Lo racconta bene Alberto Lisci, genitore di Costanza, Pietro e Francesco: «Sono cattolico praticante da sempre, mi sono avvicinato al mondo Lgbt da quando mia figlia ci ha detto di essere lesbica e di avere una relazione con una donna. Come genitore non posso che cercare con i mezzi che possiedo di tutelare mia figlia e difenderla da attacchi verbali o fisici. Quello che mi ferisce non è la critica al ddl Zan ma che la mia Chiesa, o almeno una parte di essa, pensi a tutelare non il bene della sua gente, di tutta la sua gente, ma il proprio».

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Le parole di Alberto riflettono quelle di moltissimi genitori di omosessuali e mettono in luce due modi di vivere la Chiesa: «Ho sempre pensato che esistessero due Chiese, una misericordiosa, accogliente, inclusiva e non giudicante, l’altra giudicante e condannante, in virtù di un potere che le permetteva di agire senza mai ascoltare il suo popolo e a cui tutto le era permesso. Mi spiace, ma da quella parte non ci sto, ascolto chi mi ama, e vuole il mio bene, mi accoglie e cammina al mio fianco. Di preti, religiosi e religiose, operatori pastorali, uomini e donne di buona volontà ne ho incontrati tanti ed è a loro che do ascolto, è a loro che affido la mia parte più intima. Spero vivamente che questa primavera di cambiamenti porti a un mondo migliore e spero vivamente che tutti noi possiamo farne parte».

Alessandra Gastaldi, project manager all’interno del Grants Office di un Istituto di ricerca. Nel mondo dell’associazionismo è legale rappresentante di Cammini di speranza ODV- associazione nazionale di cristiani Lgbt: «La fede è parte fondamentale della mia vita, quando ho preso coscienza del mio orientamento ho provato a ignorarla per un po’, ma poi mi sono accorta che non era possibile, quindi ho cercato i gruppi di credenti Lgbt che mi hanno aiutato a capire che il Dio mi ama senza se e senza ma. Una volta che capisci questo anche le difficoltà con la dottrina sono meno schiaccianti». E aggiunge: «Da cattolica non capisco come una legge che tutela le persone ad oggi discriminate nella nostra società senza intaccare il diritto di opinione possa essere un problema».

Confusione e rabbia sono sentimenti comuni di moltissimi fedeli Lgbt: «Da cattolico gay provo tanta rabbia», racconta Luigi, 27 anni, dottorato in Matematica a Milano. «Cerco di portare questi temi nelle mie comunità: la parrocchia e gli spazi cattolici che abito. Ma c’è sempre un muro di silenzio. Non si conoscono i temi, c’è anche paura a parlarne. Le chiusure non sono inaspettate, ma si parla di noi senza di noi. Sono mesi che sul ddl Zan la Cei chiede un tavolo ma noi non siamo invitati a partecipare. Dalla mia chiesa vengo trattato come uno scandalo da nascondere». Sull’opposizione della Chiesa contro la Giornata contro l’Omotransfobia, Luigi ride: «Sono anni che i vescovi partecipano alle veglie di preghiera “contro” durante la giornata. Nel 2019 il 17 maggio il vescovo di Palermo aveva invitato una lettera a tutte le diocesi per andare alla veglia, così il cardinale di bologna Zuppi ha presieduto la veglia. Non si capisce questa perplessità».

La capacità di ascolto delle gerarchie vaticane è quello che manca anche per Andrea Rubera portavoce di 'Cammini di Speranza', associazione nazionale di persone cristiane Lgbt: «La Chiesa avrebbe dovuto avviare un approfondimento interno. Ciò che spaventa è l’accezione identità di genere», spiega: «Del resto tutto l’impianto di teologia morale della Chiesa è basato su due monoliti inscalfibili: uomo e donna concepiti come complementari, a cui vengono attributi ruoli sociali e familiari. Un impianto difficile da smantellare. Invece di capire le sfumature dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere si preferisce combattere. Auspico che la Chiesa affronti con consapevolezza un percorso di approfondimento e conoscenza, riconoscendo le persone che vivono sulla loro pelle un argomento che la Chiesa tratta solo in modo ideologico. Serve l’incontro con le persone omosessuali e transessuali, approfondimento e chiarezza. Solo così si potrà rasserenare anche su un eventuale legislazione a supporto delle persone omosessuali e transessuali».

La comunità Lgbt cristiana resiste dunque, vittima di condanna secolare, ma convinta più dell'amore di un Dio che degli uomini che vogliono rappresentarlo, ed è una comunità che risponde di sé dinanzi alla propria coscienza. Come dice Paolo: «Due fidanzati eterosessuali lo sanno che la Chiesa vieta il sesso prima del matrimonio, però valutano dentro la loro conoscenza. Io sono cattolico, voglio credere a questa Chiesa e prima o poi guardando come vivo io si accorgeranno che c’è qualcosa oltre il loro naso. Mi appello alla mia coscienza. La coscienza è l’ultima voce a cui devo rispondere, si posiziona anche sopra quella del Papa, come dice San Tommaso D’Aquino».