La capomissione di SoS Mediterranee: «Una nave può essere solo una transizione da una situazione di pericolo a un luogo sicuro a terra. Far aspettare giorni a persone sfuggite alla morte in mare significa mettere a rischio la loro salute fisica e mentale»

Questa mattina il tempo è nuvoloso sulla Ocean Viking, la nave della Ong di SoS Mediterranee che da quattro giorni è a zonzo tra Malta e la Sicilia in attesa di un porto sicuro. Sono passate più di 72 ore da quando è stata fatta richiesta di un porto di sbarco ma non è arrivata nessuna risposta. Anzi no, in realtà una risposta è arrivata dalla autorità marittime di Malta che hanno negato la responsabilità e rifiutato l’aiuto. Dal Governo italiano, invece, silenzio assoluto. La situazione a bordo, però, si fa di ora in ora più difficile le cose saranno ancora più dure da domani, quando finiranno le scorte di cibo. “Domani pomeriggio ci sarà l’ultima distribuzione tra i naufraghi” – spiega la capomissione di SoS Mediterranee Luisa Albera – dopodiché dovremo arrangiarsi ma non è mai successo e non sappiamo cosa accadrà”. “Una nave può essere solo una transizione da una situazione di pericolo a un luogo sicuro a terra – dice ancora Luisa Albera - Far aspettare giorni prima di sbarcare alle persone sfuggite alla morte in mare significa mettere a rischio la loro salute fisica e mentale” L'incertezza aggiunge sofferenze inutili a una situazione già disastrosa.

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In poco meno di 36 ore, la Ocean Viking ha salvato 555 persone che erano a bordo di sei diverse imbarcazioni, tutte in estremo pericolo. Non sarebbero arrivate da nessuna parte. Ci sono 4 donne incinta e 119 minori tra cui un bambino di soli 3 mesi. Una delle donne in gravidanza martedì è stata evacuata per un problema medico al bimbo in grembo e così, è arrivata la motovedetta della Guardia Costiera italiana che ha trasferito lei e il suo compagno all’ospedale di Lampedusa. Ma gli altri che restano a bordo non stanno molto meglio.

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Tanti ragazzi hanno un disturbo post traumatico da stress, altri soffrono per le ustioni da carburante e altri ancora hanno dolori diffusi in tutto il corpo, provocati dalle violenze in Libia. Uno dei ragazzi mi mostra i segni delle torture, quasi se ne vergogna, abbassa gli occhi. Hanno tutti bisogno di scendere al più presto a terra.

Sul ponte centrale della Ocean Viking quasi non c’è spazio nemmeno per il passaggio dell’equipaggio, perché sono tutti distesi sulle loro coperte e riposano. Oppure giocano a carte o a domino, tutti piccoli svaghi che la crew di Sos Mediterranee ha fornito per distogliere almeno per un po' i pensieri negativi. Dall’altro lato della nave, sul laterale di un container bianco, un professore yemenita insegna a scrivere in arabo a un piccolo maliano, come fosse una lavagna. Bastano pochi gessetti colorati. Accanto, altri due ragazzini scrivono il proprio nome e disegnano. Al polso hanno un braccialetto giallo, segno che sono minori non accompagnati

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Fa molto caldo, nonostante i teli issati per tutta la lunghezza della nave a protezione dal sole. C’è poca aria in questi giorni nel Mediterraneo Centrale.

 

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