Caro direttore,
sono Marta Loi e Le scrivo perché sono stata citata nell’articolo di Chiara Sgreccia del 10 settembre 2021 riguardante la questione del cimitero dei feti di Roma. Sono contenta in quanto lettrice dell’Espresso che continuiate a tenere alta l’attenzione su questo tema. Colgo l’occasione per fare alcune precisazioni e considerazioni.
Il 28 settembre di un anno fa, in occasione della giornata internazionale per l’aborto sicuro ho pubblicato su Facebook un post nel quale denunciavo l’esistenza dei campi feti. Il post era accompagnato dalla foto di una croce con incisi il mio nome e cognome esposti al cimitero Flaminio di Roma, con lo scopo di suscitare scalpore perché come scrissi all’epoca: “le immagini arrivano prima delle testo”. In riferimento alla mia vicenda, dalla quale prende vita tutto il dibattito pubblico sulla questione dei cimiteri dei feti nel comune di Roma, la mia croce non si colloca come citato nell’articolo nel “Giardino degli angeli” del cimitero Laurentino, perché lì vengono sepolti esclusivamente prodotti del concepimento su richiesta della donna. Questo non era il mio caso.
Nei mesi successivi alla mia interruzione volontaria di gravidanza ho seguito con attenzione la protesta portata avanti da un collettivo di donne a Civitavecchia per bloccare la convenzione tra ASL e un’ associazione religiosa per la gestione dei resti abortivi. Ho voluto indagare su quale fosse l’iter della sepoltura dei feti a Roma, a quel punto ho scoperto quello che oggi tutti sappiamo: che la legge non permette alla donna di decidere liberamente se dare o meno una sepoltura canonica al proprio feto.
Ho deciso di esporre il mio privato, renderlo pubblico per trasformarlo in un percorso collettivo, perché quel “il personale è politico” non sia solo uno slogan da ripetere ma una pratica indispensabile per le nostre rivendicazioni. L’ho fatto sapendo a che cosa sarei andata incontro, insulti e minacce inclusi, ma consapevole di doverlo a me stessa, a tutte le donne e soprattutto a quelle centinaia di donne che hanno scoperto di essere state vittime della mia stessa violenza. Donne che così hanno potuto scegliere di intraprendere strade anche diverse per rivendicare i propri diritti.
Dalla mia denuncia è nato un confronto con collettivi femministi, come “una volta per tutte” del municipio VIII, e tante donne attiviste e delle istituzioni, come Valentina Di Gennaro attivista di Civitavecchia, la senatrice Monica Cirinnà del Partito Democratico , Oria Gargano presidente di BeFree cooperativa contro tratta e discriminazioni e l’attivista e assessora alle politiche di genere del municipio VIII Michela Cicculli, ora candidata al consiglio comunale di Roma nella lista Sinistra Civica Ecologista. Tante donne e movimenti che dimostrano quanto la mia storia ci riguardi tutte, nessuna esclusa.
Abbiamo scritto, con Non Una Di Meno Roma, una lettera firmata da decine di singole persone e realtà associative diffuse nel territorio in cui abbiamo esposto le nostre idee e proposte per modificare le normative, in particolare il DPR 285/1990 e il regolamento cimiteriale del Comune di Roma.
Ad oggi il dibattito continua ad essere incentrato sul tema della violazione della privacy e del consenso informato. La nostra prospettiva è politica perché riteniamo si tratti di una questione culturale che deve mettere al centro la libertà di scelta delle donne.
Ho scelto di abortire, ho scelto di non avere un luogo fisico di memoria, l’ho dichiarato e qualcun altro ha scelto comunque per me, qualcuno ha deciso che la mia volontà in fondo non contasse nulla.
Il diritto che noi rivendichiamo non è solo quello di essere informate, ma quello di essere libere di scegliere se seppellire o no, libere di scegliere come elaborare una propria vicenda personale.
Intervenendo sulla normativa nazionale e sui regolamenti cimiteriali dei singoli comuni si risolverebbe non solo la situazione di Roma, ma quella di molti comuni italiani , una situazione egregiamente descritta da Jennifer Guerra nella sua mappatura dei cimiteri dei feti.
La ringrazio nuovamente per l’attenzione prestata dall’Espresso su questo tema, anche attraverso la pubblicazione di questa mia lettera, confidando che questo sforzo contribuisca a sviluppare il dibattito pubblico creando i presupposti per la modifica delle leggi in questione.