Patrimonio a perdere

Crolli, incuria e saccheggi: a rischio il cimitero di Genova celebrato da Hemingway

di Roberto Orlando, testo e foto   24 ottobre 2022

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Il complesso monumentale di Staglieno ospita le spoglie dei grandi del Risorgimento. È uno scrigno di meraviglie con sculture curate da volontari e mecenati. Ma minacciato da burocrazia, contenziosi e dallo stop ai fondi del Pnrr

Hemingway l’aveva definito una delle meraviglie del mondo. Sissi, imperatrice d’Austria, nel 1883 venne qui a cercare ispirazione per il monumento funebre del figlio Rodolfo. E i Joy Division, quasi un secolo più tardi, scelsero una foto della Tomba Appiani per la copertina dell’album “Closer”. Qui sono sepolti grandi protagonisti dell’Ottocento e del Novecento: Giuseppe Mazzini, Nino Bixio, molti dei Mille e l’autore dell’inno d’Italia Michele Novaro. Qui si onora la memoria di Govi e di De André. E poi di capitani d’industria e armatori, generali e comandanti partigiani, navigatori e poeti. Ma anche di una sequenza infinita di padri esemplari, mogli devote e figli strappati troppo presto alla vita terrena. Tutti insieme, con le loro vicende riassunte in epitaffio, raccontano un periodo lungo quasi un secolo della storia di Genova, l’ultima occasione in cui la città celebra, anche nell’atto della morte, la sua potenza economica.

 

Ora il Cimitero monumentale di Staglieno, uno dei più importanti d’Europa e un tempo principale meta turistica della città, ha bisogno di cure speciali. Il Tempio dei Morti, ideato dall’architetto Carlo Barabino e compiuto nel 1851 dal suo allievo Giovanni Battista Resasco, è in agonia e rianimarlo non sarà semplice.

Il nostro viaggio nel paese delle meraviglie offese inizia dalla Galleria inferiore di Ponente, le cui volte sono un colabrodo: l’acqua si è infiltrata fino a terra, l’intonaco si è sbriciolato sul pavimento e lì è rimasto. Si esita a inoltrarsi tra i porticati. Ma poi, lungo il percorso cadenzato dai volti, dagli sguardi, dalle espressioni di questa umanità di pietra, prevale lo stupore: qui sotto si allineano oltre duemila statue scolpite dai più importanti scultori italiani a partire dal 1851 fino al primo Novecento, con qualche acuto negli anni Cinquanta.

Un excursus - attraverso stili molto particolari dal tardo neoclassicismo canoviano al simbolismo, al liberty, al mix tra déco ed espressionismo - che trova il suo apice nel realismo borghese, così definito per l’abilità degli autori di riprodurre i dettagli. «Uno stile unico al mondo», spiega la più esperta studiosa dell’arte di Staglieno, Caterina Olcese Spingardi, funzionaria della Soprintendenza delle Belle arti della Liguria delegata al Monumentale.

Su ogni tomba, accanto ai nomi dei defunti, compare quello di chi li ha perpetuati a colpi di scalpello. Santo Varni, il caposcuola, che ha realizzato più di 40 opere oltre alla statua della Fede nel viale del Pantheon. Giulio Monteverde, autore dell’Angelo della Resurrezione sulla tomba Oneto, una delle sculture più riprodotte. Lorenzo Orengo, che ha modellato la statua più popolare di Staglieno, quella di Caterina Campodonico, venditrice di noccioline che investì i risparmi per avere una statua che le somigliasse persino nel modo di vestire. E le silhouette commoventi di Eugenio Baroni.

«È tutto bellissimo», dice una turista mentre fotografa l’Angelo Caduto sulla tomba Ribaudo, di Onorato Toso. Ma lo scrigno di questi tesori è in condizioni disastrose: gallerie chiuse perché pericolose, lavori lasciati a metà, loculi scoperchiati, ragnatele ovunque, sculture annerite dallo smog. E tombe saccheggiate, tanto che ormai non c’è più niente da rubare.

Eugenio Bolleri, l’Indiana Jones di Staglieno, 77 anni di cui quasi metà trascorsi a prendersi cura di questi luoghi, si sofferma davanti al cippo di Wladimiro Chiavacci, ingegnere raccomandato da Cavour all’armatore Rubattino. Racconta Bolleri: «Chi era costui? Inventò lo scalo di alaggio per le navi e guardi ora la sua lapide...». È in frantumi ai piedi del cippo. Bolleri nel 1998 ha fondato la Onlus Per Staglieno che si occupa della manutenzione del verde grazie a una convenzione col Comune. Lui ha sventato furti, è l’artefice di importanti ritrovamenti tanto da essere nominato ispettore honoris causa della Soprintendenza. E ha parole severe per quasi tutte le giunte comunali che ha conosciuto: «È mancata la sensibilità, spesso la cultura. Qui c’è la storia della città e non si può cancellare così. Che serve ora? Intanto un presidio fisso per la manutenzione».

Sono molte le cose che Bolleri non sa spiegarsi: ad esempio perché il Centro di restauro, nato una ventina di anni fa, non sia mai diventato operativo. Così ai restauri hanno provveduto alcuni benefattori. Il mecenate più generoso è Walter Arnold, scultore di Chicago che dal 2013 con la sua “American friends of Italian Monumental Sculpture” ha raccolto fondi in Usa per ripulire 17 opere. La diciottesima in lavorazione è il cippo Bozzano. Sta accanto alla tomba Gnecco, già recuperata, il cui bianco quasi stona tra le altre sculture annerite.

La restauratrice, Emilia Bruzzo, spiega: «Il primo problema è che le tombe non si possono toccare senza consenso degli eredi. E rintracciarli è un’impresa. Se ne deve occupare il Comune, chieda a loro...». La risposta è poco più in là, dove una barriera di tubi tiene alla larga dalla tomba Parodi: una lastra di marmo è in bilico, da due anni. Le zanzare invece sono fin troppo solerti, ma anche la disinfestazione qui è un problema: ultimo intervento ad agosto, inutile. Perché Staglieno ha un vizio d’origine: è sopra due affluenti del Bisagno. Quindi nugoli di zanzare e tasso di umidità micidiale per il marmo.

E poi gli alberi, la cui esuberanza fa più danni dell’acqua.

Emanuela Mantero è la presidente della Onlus fondata da Bolleri. A giugno lei e gli altri volontari hanno reso di nuovo frequentabile il Boschetto dei Protestanti. Prima, d’accordo con gli eredi, avevano risistemato il giardino di Cappella Raggio. Sembra il duomo di Milano e le piante erano cresciute tanto che si vedevano solo le guglie. «Potremmo fare di più. Ad esempio spolverare le sculture, se la Soprintendenza ci istruisse», spiega Mantero mentre ci guida verso i due estremi della gamma del verde cimiteriale. Il primo è un cipresso cresciuto sul colonnato di una tomba, a 10 metri d’altezza, e finirà per demolirlo. Il contraltare è il campo dei caduti di guerra del Commonwealth. È perfetto, lo cura un giardiniere fisso: prato rasato, lapidi bianche come la neve.

Ma se ci riescono gli inglesi, perché noi no? «Perché il Monumentale è vastissimo (33 ettari, ndr) e trascurato da anni», risponde Caterina Fasolini, presidente di GenovaFa, associazione che promuove Staglieno grazie anche a un bando da 100mila euro della Compagnia di San Paolo. «Abbiamo convinto il Comune ad aprire un infopoint turistico, l’abbiamo arredato e dotato di touchscreen con i contenuti utili alla visita. Vogliamo far conoscere il cimitero soprattutto ai genovesi. Organizziamo eventi, concerti, visite guidate anche in dialetto. Abbiamo coinvolto i ragazzi delle superiori e i bambini delle elementari. E gli allievi della scuola di restauro di Botticino (Brescia, ndr) sono intervenuti su due tombe. Abbiamo poi rintracciato gli eredi della Cappella Rubattino, per convincerli a donarla al Comune che potrebbe così restaurarla». Oltre alle vetrate policrome in frantumi, qui è a rischio un affresco di Nicolò Barabino. Dice Angelica Canevari, di GenovaFa, nominata dal Comune “saggia” di Staglieno: «Qui si muovono molte associazioni e altrettanti appassionati, ma bisogna fare sistema, in sinergia con le istituzioni. Serve una visione e poi una struttura che garantisca continuità. Le risorse? Si possono trovare in diversi ambiti se si creano i presupposti: dalla formazione professionale della Regione fino ai fondi Ue».

Anche se la via europea ai restauri è diventata più aspra dopo che i cimiteri sono stati esclusi dai finanziamenti del Pnrr, sebbene Staglieno non si possa certo considerare soltanto un cimitero. Spiega Olcese, funzionaria della Soprintendenza, «in tutta Europa non c’è niente di paragonabile.

Qualcosa del genere si trova in Sudamerica come conseguenza dell’emigrazione dei genovesi: a Lima ci sono monumenti importanti che vengono da qui, a Cuba ci sono nove copie dell’Angelo di Monteverde. Eppure fino agli anni ’80 di Staglieno non importava a nessuno, le opere non erano nemmeno catalogate. Ora il bene è tutelato come complesso, ma è anche un problema complesso. Che cosa serve? Manutenzione continua e diradamento della vegetazione. E certo, bisognerebbe riportare le sculture alle condizioni originali e poi curarle con regolarità per non rendere inutili i restauri».

Nel programma del sindaco rieletto Marco Bucci, Staglieno non compare. Però ci sono le linee guida entro le quali il rilancio del Monumentale rientra a pieno titolo. Si tratta di capire quali siano le priorità. L’assessore ai Servizi Civici di fresca nomina Marta Brusoni cerca di prendere familiarità con i problemi e annuncia una prima soluzione: «Ho ottenuto dall’assessore al Bilancio Picciocchi un altro milione e mezzo per il verde. Valorizzare Staglieno è un obiettivo primario. A Genova però ci sono 35 cimiteri e dobbiamo curarli tutti».

Dal 2017 il Comune alla sola manutenzione straordinaria di Staglieno ha destinato 5,5 milioni, cui vanno aggiunti altri 2,2 inseriti nel piano triennale dei lavori pubblici 2022-2024. Prosegue Busoni: «I nodi da sciogliere restano tanti, a partire dal rapporto con i proprietari delle tombe. Noi interveniamo nelle parti comuni, loro devono prendersi cura delle sculture. I nostri programmi? Ad esempio campagne di crowdfunding, mentre con le fondazioni bancarie stiamo già lavorando. Continueremo a coinvolgere i giovani con lo strumento dell’alternanza scuola-lavoro ed è allo studio un percorso ciclabile dentro il cimitero. A giugno abbiamo anche inaugurato l’infopoint turistico». Il quale però è aperto tre giorni la settimana e mai nei weekend. «Problemi di personale, ma cerchiamo di risolverli», spiega Brusoni.

L’assessore chiude in due mosse. La prima è un invito alle associazioni che hanno a cuore il cimitero. «So che sono tante e vorrei incontrarle, il loro contributo è importante». Poi l’appello ai nuovi parlamentari liguri, di tutti gli schieramenti: «Contiamo sul vostro aiuto». Per la visione insomma bisogna attendere ancora.