Pugno di ferro in Laguna. Avviate in discarica le attrezzature degli abusivi. E scoppia il caso. “Doniamole a scuole e comunità”

Chissà che cosa ne penserebbe la compositrice Lucia Ronchetti, direttrice della Biennale Musica, che per la rassegna di quest’anno, intitolata Out of stage, ha dato spazio a lavori e progetti concepiti fin dall’inizio lontano dai palchi tradizionali, per trovare ospitalità in biblioteche e forti militari, al conservatorio e in teatri nei parchi di periferia, a Mestre così come a Venezia.

 

Chissà cosa può pensare nello scoprire che a Venezia a chi suona per strada, a chi si inventa un palco in cui esibirsi tra le calli e i campi della città, spesso viene resa la vita difficile, vengono inflitte multe e sequestrati gli strumenti. E, ancora peggio, questi strumenti vengono distrutti. Solo negli ultimi cinque anni, sono più di cento gli strumenti musicali mandati al macero. Chitarre, violini, mandolini, fisarmoniche, sequestrati agli artisti di strada e poi inviati in discarica. La notizia è emersa alla fine di agosto, dopo che il consigliere comunale di opposizione (in quota Partito Democratico) Paolo Ticozzi ha chiesto un accesso agli atti, scoprendo il triste destino degli strumenti confiscati, almeno un centinaio distrutti tra il 2017 e il 2022.

 

È questo ciò che prevede il regolamento comunale che norma l’arte di strada a Venezia. La distruzione degli strumenti è solo l’extrema ratio, la sanzione applicata a quei musicisti di strada che hanno ripetutamente infranto il regolamento comunale senza pagare le multe. Ma è certamente inquietante il valore simbolico di un provvedimento del genere, in una città come Venezia che vive anche della sua fittissima relazione con l’arte e la musica.

 

«È barbaro sequestrare gli strumenti, però una cosa del genere non si è mai vista, peggio che distruggere gli strumenti musicali c’è forse solo la distruzione dei libri», osserva Ticozzi. «Piuttosto doniamoli alle scuole, oppure diamoli alle varie comunità di minori stranieri non accompagnati». Cita il progetto di un’associazione locale, Voci dal Mondo, un coro multietnico che ha sede a Mestre, che nell’estate del 2021 ha ideato una carovana della musica giunta fino a Sarajevo, con l’intento di portare strumenti musicali donati ai richiedenti asilo bloccati lungo la rotta balcanica, nei campi della Bosnia Erzegovina. «Possono esserci dei modi belli per riutilizzare questi strumenti, anche se non sono di particolare pregio».

Marco Agostini, comandante della polizia locale a Venezia, spiega che «a volte questi strumenti sono collegati a figuranti», autori di truffe, «molti dei loro strumenti sono poco in pessimo stato, dunque l’unica destinazione che possono avere è l’inceneritore, insieme a tutte le altre merci che noi sequestriamo per diverse ragioni».

Tra i musicisti di strada, in una città come Venezia, esistono tipologie diversissime. Da professionisti che suonano strumenti antichi, a studenti del conservatorio, fino a visitatori stranieri e turisti che provano a racimolare qualche soldo strimpellando. L’autorizzazione per l’esercizio dell’arte di strada da parte dell’amministrazione comunale è obbligatoria: non averla comporta sanzioni, che aumentano con la reiterazione delle violazioni. «Il regolamento è molto restrittivo e sanzionatorio», osserva Ticozzi. «È un regolamento che vieta. Ed è per questo che va completamente rivisto. Credo che l’espressività vada tutelata, così come il diritto del cittadino alla quiete e al riposo. Per com’è fatta la città, dove soprattutto il centro storico è un palcoscenico naturale, tutto questo va gestito meglio».

 

A Venezia ad esempio è vietato qualsiasi tipo di amplificazione per gli strumenti. I limiti orari sono molto rigidi: il musicista di strada può restare fermo a suonare nello stesso posto per un periodo massimo di due ore, solo tra le 9 e le 20, con tre ore di stop obbligatorio durante la pausa pranzo. Sono imposte delle distanze minime da luoghi come ristoranti e bar, chiese, banche, difficili da rispettare a causa della conformazione della città. I permessi rilasciati dal Comune sono solo una decina al mese, tutti gli altri sono costretti ad aspettare i round di approvazione successivi. Tra le categorie di artisti permesse, oltre ai pittori, ci sono «suonatori, cantanti, burattinai, giocolieri, madonnari», cioè quegli artisti che disegnano per terra soprattutto immagini sacre, ormai scomparsi, almeno tra i campielli veneziani.

 

Il regolamento andrebbe sicuramente aggiornato. Quello in vigore risale al 2007, approvato durante l’ultima amministrazione del sindaco Cacciari dall’assessorato alle politiche giovanili, rifacendosi alle legge numero 689 del 1981, sulla depenalizzazione del procedimento sanzionatorio amministrativo. Ed è solo qui che si parla della possibile distruzione dei beni sequestrati.

Con il mandato di Giorgio Orsoni e il commissariamento del prefetto Zappalorto, dopo il maremoto dello scandalo Mose, il tema è passato decisamente in secondo piano. Oggi la competenza sul regolamento sull’arte di strada è dell’assessore Paola Mar, con delega al Patrimonio (che ha comunicato di non essere disponibile per un’intervista sull’argomento con L’Espresso). Già, perché la competenza sul regolamento ricade sotto questo assessorato, dato che l’assessore alla Cultura ad interim è lo stesso sindaco Luigi Brugnaro, che con l’avvio del secondo mandato nel settembre del 2020 ha comunicato che avrebbe mantenuto la delega per sé.

 

A tutto ciò va aggiunta la singolare situazione dell’amministrazione veneziana: qui, dato che l’attività della nuova giunta ha preso il via in piena pandemia, solo il primo Consiglio di insediamento si è svolto in presenza. Da allora, dopo più di due anni, le assemblee comunali e le riunione delle commissioni continuano a svolgersi a distanza, condizione anomala che rende più frequenti ritardi e slittamenti rispetto a determinati argomenti da affrontare proposti dalle opposizioni. «L’assessore alla Cultura, che sarebbe il sindaco, non l’abbiamo mai visto in una commissione consigliare dedicata alla cultura. Dopo che è stata convocata la commissione sulla mia interrogazione con l’assessore Mar è stato chiaro più o meno a tutti, anche agli esponenti della maggioranza, che fosse necessario mettere le mani sul regolamento. Da tempo tuttavia ci dicono che ci siamo quasi, che manca poco, che ci stanno lavorando. Poi più nulla», riporta Ticozzi.

 

Per il rinnovo del regolamento si dovrà dunque aspettare. A livello più generale, per quanto riguarda le politiche culturali a Venezia, Ticozzi osserva che «c’è sostanzialmente una non gestione, non c’è una regia, non ci sono temi su cui lavorare». Manca una direzione, una visione complessiva in cui la cultura e la musica diventino leve fondamentali in grado di indirizzare la Venezia del futuro.

La musica di strada può diventare infatti un’opportunità di rigenerazione, in una città svuotata dei suoi abitanti e sempre più a misura di turista. È quello che è accaduto durante l’estate appena trascorsa con Palcoscenici metropolitani, rassegna di eventi organizzati dal Comune e dalla Città Metropolitana (la vecchia Provincia) di Venezia. Tra i vari concerti e spettacoli organizzati, c’era anche la presenza di diverse marching bands invitate a suonare in alcuni dei parchi periferici di Mestre, per rivitalizzare zone della città che si trovano più lontane dal centro.

 

La presenza dell’amministrazione tra gli organizzatori rivela un atteggiamento schizofrenico, che da un lato ostacola la musica di strada, soprattutto nelle sue espressioni più spontanee, e dall’altro la utilizza come strumento per rianimare la città.

 

Ticozzi, che per molti anni ha organizzato eventi e festival e conosce bene il mondo dell’associazionismo, fin dall’inizio del suo mandato insiste su molti temi legati al mondo dei più giovani. «A differenza di una volta mancano ad esempio i bandi dedicati ai gruppi informali», cosa che potrebbe favorire il lavoro di associazioni e gruppi di persone che poi portino avanti progetti che siano davvero espressione delle esigenze di un territorio. E che diano spazio anche a chi finora ne ha avuto poco, come le molte comunità straniere che difficilmente trovano luoghi e occasioni in cui riunirsi, con un’idea di città più inclusiva.

 

Oltre al rinnovo del regolamento sull’arte di strada, qualche mese fa il consigliere Ticozzi ha lanciato la proposta di istituire un «sindaco della notte», una figura che amministri e si prenda cura della vita notturna, in una città che è molto estesa (dal centro storico di Venezia, fino a Marghera e Mestre, dove si trovano la maggior parte dei locali notturni) e che in molte zone sembra abbandonata a se stessa. Spesso si verificano risse e aggressioni tra gruppi di giovanissimi, soprattutto di notte. Mentre la città da qualche anno detiene il triste record di morti per overdose da eroina: solo nel 2022 sono stati otto i decessi.

 

«L’idea è quella di governare alcuni fenomeni» riflette Ticozzi, «di favorire la vita culturale in città, di agevolare i trasporti. Secondo me c’è molto da lavorare sul tessuto sociale, per andare verso un’idea di città in cui si vive bene, dove ci sono proposte culturali, dove uscire la sera sia sicuro». Che sia la musica la formula magica in grado di spezzare l’incantesimo che ha reso Venezia una città smarrita? Forse, ma per prima cosa deve salvare i suoi strumenti musicali.