Ha un nome la donna coinvolta nell’attentato mafioso in via Palestro a Milano la sera del 27 luglio 1993. Ci sono arrivati i magistrati della procura di Firenze, titolari dell’inchiesta sulle stragi nel Continente, coordinando il lavoro investigativo.
La donna si chiama Rosa Belotti, ha 57 anni ed è residente ad Albano Sant'Alessandro, poco fuori Bergamo, ed è indagata perché sospettata di essere stata alla guida della Fiat Uno carica di tritolo che è stata fatta esplodere la notte tra il 27 e il 28 luglio del 1993 in via Palestro a Milano, causando cinque vittime. Bellotti verrà interrogata nei prossimi giorni.
I carabinieri del Ros hanno perquisito la sua abitazione su delega dei pm fiorentini Luca Tescaroli e Luca Turco, che sono arrivati ad identificare Belotti attraverso una foto.
La donna è la moglie di Rocco Di Lorenzo, 65 anni, pregiudicato e condannato per una serie di estorsioni a 11 anni di carcere (confermati in appello) e ora in carcere. I due sono coppia fissa fin dal 1992, quando entrambi vennero arrestati con altre otto persone per traffico di cocaina. Rosa Belotti venne scarcerata all'inizio del 1993. Aveva poi gestito un negozio di frutta e verdura e uno di abbigliamento, entrambi poi chiusi.
In passato gli inquirenti avevano individuato un’altra donna, vicina ad ambienti criminali milanesi, sospettata di essere stata coinvolta nella strage, ma le indagini l’hanno esclusa. Adesso arriva un nuovo volto e un nuovo nome.
Tutto parte da una fotografia scoperta nel 1993 in un’abitazione di Alcamo, in provincia di Trapani, durante una perquisizione della polizia. Adesso a questa donna, che gli investigatori all’epoca accoppiarono uno degli identikit effettuati dopo la strage di Milano, è stato dato un nome. E su di lei si è indagato con il massimo riserbo.
I fatti di via Palestro risultano ancora parzialmente accertati dalle inchieste che hanno portato fino adesso a diverse condanne. Mancano alcuni tasselli. È ancora oscura la fase prettamente “operativa finale”, cioè quella di chi ha posizionato l’auto caricata di esplosivo che è stata fatta esplodere. Un testimone ha detto subito dopo la strage di aver visto una donna alla guida dell’auto. E ne ha fatto con gli investigatori un identitkit. I processi che ne sono seguiti per i mafiosi coinvolti hanno però lasciato un buco nero in questa prima fase dell’attentato. Non c’è l’identità di chi ha materialmente posizionato la “uno” e chi l’ha fatta esplodere e nemmeno chi ha fornito il necessario supporto logistico.
Per gli inquirenti altre persone, oltre ai mafiosi Cosimo Lo Nigro e Gaspare Spatuzza e Vittorio Tutino, sono coinvolte nella strage che provocò l'uccisione di cinque persone: i vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, l'agente di polizia municipale Alessandro Ferrari e Moussafir Driss, immigrato marocchino che dormiva su una panchina. Questo attentato viene inquadrato nella scia delle altre stragi del 1992 a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e del 1993 a Roma e Firenze che provocarono complessivamente la morte di 21 persone (tra cui gli agenti di scorta dei magistrati a Capaci e via D’Amelio) e gravi danni al patrimonio artistico.
La foto che riporta la donna sul luogo della strage arriva da Alcamo.
Ci sono dunque altre persone che hanno responsabilità nell’attentato a Milano su cui indaga la procura di Firenze.
Adesso tutto ci riporta in Sicilia. E tutto riparte dal lontano 1993. Siamo a poco tempo di distanza dalle bombe nel Continente e la polizia effettua una perquisizione nell’abitazione di un sospettato per traffici di armi nelle campagne di Alcamo. E durante il controllo gli agenti scoprono fra le pagine di un volume di un’enciclopedia, la foto di una donna bionda. Per gli investigatori si sarebbe trattato di una persona coinvolta in traffici illeciti. Questa immagine consegnata ad un funzionario di polizia gli è apparsa somigliante a quella di una donna che era stata vista allontanarsi dal luogo dell'attentato di via di Georgofili a Firenze e per il quale era stato fatto un identikit. In quel periodo l’immagine ricostruita la computer era diffusa negli uffici degli investigatori, perché si cercavano questi attentatori.
A distanza di 28 anni, le nuove tecnologie per la comparazione dei volti a disposizione degli investigatori avrebbero permesso di identificare la foto ritrovata ad Alcamo con una foto segnaletica della donna ora perquisita, risalente al 1992. Mentre sull’identità della donna che è stata vista a Firenze la sera della strage di via dei Georgofili sono ancora in corso accertamenti.