«Questa riforma è stata un’occasione mancata. La montagna ha partorito un topolino» Parla l’uomo “del Sistema”, che spiega perché la nuova legge non inciderà

Il Sistema resiste e a luglio eleggerà il nuovo Csm. È Luca Palamara a profetizzare l’inutilità che produrrà la riforma dell’ordinamento giudiziario voluto dalla ministra della Giustizia Cartabia. L’uomo del “Sistema”, il re delle nomine al Consiglio superiore della magistratura, accusato di corruzione e radiato, non ha dubbi: una modifica blanda che non incide.

 

Dottor Palamara, cosa pensa della riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm?
«Se la premessa era eliminare le contaminazioni tra politica e magistratura e superare i guasti del correntismo allora possiamo rievocare la felice metafora di Tomasi di Lampedusa nel “Gattopardo”: tutto cambia perché nulla cambi. La blanda modifica del sistema elettorale non incide sulla sostanza del Csm che rimane “politica” e ciò proprio per effetto delle leggi elettorali che, per disattenzione o complicità, assecondano, da sempre, il ruolo indebitamente politico del Csm. La commistione tra politica e magistratura, autorevolmente giudicata come “inammissibile”, altro non è che una conseguenza della politicità del Csm. Se ai magistrati è consentito di organizzarsi politicamente al fine di occupare l’istituzione che li amministra, la commistione è nella natura delle cose».

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A luglio il Csm si rinnova con il nuovo sistema elettorale, la riforma sembra approvata in corsa proprio in vista di questo evento. Che risultati dobbiamo aspettarci?
«Anche con questa riforma le correnti avranno il totale controllo del sistema. Sarà pressoché impossibile ai magistrati non indicati dalle correnti essere eletti come componenti togati del prossimo Csm. Quindi il sistema delle correnti non subirà alcun contraccolpo. È vero che oggi all’interno della magistratura è in sensibile aumento il numero di quei magistrati che non accettano più questo sistema che ha finito per privilegiare l’appartenenza correntizia rispetto al merito ma obiettivamente il tempo per organizzarsi da qui alle imminenti votazioni è poco. Quindi ancora una volta vinceranno le correnti. E la politica, nell’individuare la componente laica, dovrà adeguarsi a questo schema. In altre parole, chi vorrà essere nominato prossimo vice-presidente del Csm dovrà preventivamente accordarsi con i maggiorenti delle correnti e cercare il loro appoggio».

 

Ci può spiegare perché il sorteggio avrebbe messo fuori il sistema correntizio? Tra l’altro il sistema del sorteggio “temperato” è stato bollato come incostituzionale dalla ministra Cartabia.
«Nella mia esperienza di presidente dell’Anm l’unica riforma realmente temuta era quella del sorteggio perché avrebbe di fatto spezzato il dominio delle correnti nella individuazione dei nomi da far eleggere al Consiglio superiore della magistratura tanto da silenziare quei magistrati controcorrente fautori del sorteggio. I timori dei costituzionalisti verso l’idea del sorteggio temperato sconta un approccio prettamente teorico al problema perché in realtà l’articolo 104 della Costituzione, che indubbiamente configura un meccanismo elettivo, è rispettato perché i magistrati eleggerebbero tra una rosa sorteggiata e rappresentativa delle diverse categorie interne alla magistratura».

 

Immaginiamo: Luca Palamara si trova ancora dentro il Csm con questa riforma. Come potrebbe aggirare le nuove regole della Cartabia?
«Prendiamo come esempio l’aumento del numero dei componenti del Csm oggi elevato da 27 a 33 (in particolare da 16 a 20 per i togati e da 8 a 10 per i laici). Tale aspetto della riforma Cartabia determinerà che all’interno del plenum del Csm per essere sicuri di vincere e ottenere un incarico direttivo sarà necessario ottenere 17 voti rispetto al sistema precedente che invece ne prevedeva 13. Di conseguenza il componente togato che, dopo essere stato eletto con la nuova legge elettorale vorrà svolgere un ruolo di rilievo, sia per alimentare il sistema delle correnti che per non essere accusato di tradire la fiducia di chi lo ha votato, dovrà necessariamente incentivare gli accordi anche con il mondo della politica per raggiungere la nuova fatidica quota che è appunto di 17 voti. Non dimentichiamo mai che molto spesso i curriculum dei magistrati sono sovrapponibili e conseguentemente, per orientarsi, anche i laici dovranno adeguarsi a quelle che sono le dinamiche interne delle correnti che, come detto, si presenteranno ai ranghi di partenza con una nutrita componente correntizzata. in sintesi, questa riforma è stata un’occasione mancata. La montagna ha partorito un topolino e oggi il gioco è quello di eliminare il testimone scomodo che voleva riformare quel sistema e che per questo ne è stato espulso».

 

Sarebbe lei il testimone scomodo?
«Certo. Credo che ci saranno tempi luoghi e modi per poter affrontare davvero una seria e strutturale riforma della giustizia. Credo che l’unica via per farlo sia quella politica».

 

Lo farà lei personalmente? Del resto ha già detto che si candiderà nel 2023.
«È un impegno civico e politico che porto avanti negli incontri quotidiani. Fino a che il legislatore avrà paura delle toghe non sarà libero di fare scelte libere».

 

Lei ha scritto due libri. Si candida. Ma ha veramente detto tutto sul “sistema” o mantiene ancora dei segreti?
«Tutto quello che è stato raccontato è quello che è stato documentato. In un’ulteriore prospettiva ci sarà modo di ampliare questo discorso».

 

Su cosa?
«Su tutto ciò che riguarda il sistema delle correnti, i meccanismi di spartizione delle nomine e la politicizzazione della magistratura».

 

Allora non ha detto tutto?
«Ho detto quello che si poteva documentare. È un racconto che deve essere ampliato e sviluppato».

 

Quello che rimane fuori non è documentabile?
«Io sono vincolato a dimostrare ciò che può essere dimostrato. C’è la condizione di reciprocità della querela. Io so come funzionano i meccanismi».

 

Se non lo sa lei... Quindi c’è ancora tanto da raccontare?
«Assolutamente sì. Ancora tanto».