Chiesa e soldi

Vaticano, l’inchiesta sugli affari del cardinale Angelo Becciu diventa un libro

di Massimiliano Coccia   6 giugno 2022

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Da L’Espresso ad Amen. In libreria dal 14 giugno il volume nato dall’indagine giornalistica del nostro settimanale sullo scandalo che ha travolto la Segreteria di Stato. Ascesa e caduta di un intoccabile

Quando inizio a scrivere un’inchiesta ogni superficie intorno a me si riempie di post-it, prima sono collocati alla rinfusa e poi successivamente trovano un ordine.

 

Sui foglietti colorati appunto nomi e circostanze, che man mano che trovano un posto nella storia si vanno a collocare in un tabellone. Non tutte le considerazioni o gli appunti resistono alle circostanze, alcuni si infrangono sui dati oggettivi, altri evolvono in base alla storia. Questo esercizio non è una notazione stilistica ma è sempre servito nel mio lavoro a non affezionarmi a una tesi, a non convincermi fino a innamorarmi di una constatazione o di un ruolo prestabilito.

 

Per chi si occupa della complicata materia del giornalismo investigativo, fuori dalle romanticherie della pubblica narrazione, senso del dovere e responsabilità devono trascendere e superare i sacrosanti obblighi della deontologia e necessariamente interrogarsi sulle conseguenze che una pagina di un settimanale provocherà nella vita di un personaggio pubblico. La prova della coerenza interiore è quindi l’ultimo gradino prima della consegna di un’inchiesta che più attenziona un potente e più provocherà un punto di caduta inesorabile.

 

Il lavoro preparatorio che ha portato alla scrittura della mia inchiesta sugli affari illeciti della Segreteria di Stato e del suo ex sostituto il cardinale Angelo Becciu è stato lungo e difficoltoso, sia per il tessuto di silenzi e omertà che il mondo della finanza e della curia hanno mantenuto fino all’ultimo intorno agli affari maturati sulla speculazione immobiliare legata all’acquisto del palazzo di Sloane Avenue a Londra, sia perché, dopo decenni di radicamento di potere, quel sistema, figlio di un metodo, ha reagito per lungo tempo sviando gli inquirenti e l’opinione pubblica. Dall’inizio dell’inchiesta della magistratura all’approdo relativo alle responsabilità, non solo dei livelli intermedi intorno a questa storia, sono passati parecchi anni, sia per la complessità dei movimenti economici illeciti sia per quella corteccia di potere che si era creata anche tra i mezzi di informazione.

 

Proprio per il ruolo di cerniera tra il potere temporale e il “quarto potere” il cardinale Angelo Becciu ha goduto di buona stampa e di un certo grado di copertura delle stanze dei bottoni. Questa potenza espressa in modo plastico è alla base del percorso di presunti illeciti che hanno caratterizzato la sua guida della “prima sezione” della Segreteria di Stato, lasciando un senso non solo di spietata impunità ma anche di confusione delle proprie funzioni.

 

Spesso, andando avanti in questa inchiesta, mi sono interrogato intorno alle distorsioni che il potere genera nelle nostre intime convinzioni e nelle scelte ideali che abbracciamo in giovane età, quel senso di corruzione interiore che è presente nella stessa misura in ognuno di noi e che poi, a un certo punto, senza controllo può creare effetti devastanti se legato alle legittime ambizioni. Può un sacerdote, a un certo punto, pensare più alle speculazioni del suo ufficio, alla carriera, al familismo invece che a adempiere a quella missione in nome e per conto del Vangelo?

 

È stata la domanda che mi sono posto due anni fa mentre scrivevo per L’Espresso l’inchiesta che sarebbe divenuta la pietra angolare nel dibattito pubblico intorno alla corruzione in Vaticano e alle riforme di papa Francesco.

Infatti, altri prima di me avevano raccontato questo strano affare intorno al palazzo di Sloane Avenue, alla corte di affaristi radunati intorno al cadavere delle finanze vaticane, ma in tutte le narrazioni sussisteva un buco: chi era il dominus politico di questa operazione? La domanda era presente in tanti post-it che si andavano a poggiare con insistenza sul cartellone, le risposte sarebbero arrivate dopo centinaia di chilometri percorsi, alcune nazioni attraversate, testimonianze, notti insonni passate su relazioni finanziarie, fonti aperte e punti che tornavano al loro posto ricostruendo un quadro evidente, che nel corso dei mesi successivi sarebbe stato confortato anche dal lavoro investigativo delle magistrature di vari Paesi europei e non.

 

Il ruolo del reporter investigativo può essere diversificato in base ai contesti ma non può sostituire il lavoro inquirente della magistratura e delle forze dell’ordine, e la consapevolezza che ognuno dei protagonisti di questa storia è innocente fino a prova contraria non è una diminuzione del carico del lavoro ma solo lo stimolo ulteriore a raccontare. Per questa inchiesta, in modi e maniere differenti, siamo stati perseguitati da decine di querele temerarie, fango, illazioni e tentativi di sabotaggio del nostro lavoro. In questo mare magnum di difficoltà, oltre alle pagine de L’Espresso, questa inchiesta, grazie al coraggio di Rossana de Michele e di storielibere.fm, è divenuta anche un podcast, che ha risposto a una domanda di chiarificazione sui complessi meccanismi corruttivi e criminali.

 

Nel novero delle querele e richieste di risarcimento milionarie è giunta anche la risposta alla domanda rimasta inevasa in quel post-it su cosa spinga un sacerdote a mettere in piedi un complesso invaso di potere, soldi e intelligence. Nella motivazione del danno che la nostra inchiesta avrebbe procurato al cardinale Becciu, c’era il blocco della carriera. In sostanza i difensori del prelato quantificarono in 10 milioni di euro il costo dell’ascesa al soglio pontificio. Se nessuno avesse fermato don Angelino tra qualche anno, dopo Francesco, forse avremmo avuto un Papa che valutava la sua missione come il costo di un buon giocatore della Serie A. Ma come diceva mio nonno: «Alla fine la Provvidenza ci mette sempre una pezza».