Il caso
La premier aveva promesso di aumentare i fondi e invece arrivano la sforbiciata di duecento milioni nella legge di Bilancio e una pesante riduzione dei posti banditi. «Si preferisce parlare di mini-naja o di leva obbligatoria», denunciano le associazioni
di Simone Alliva
Giorgia Meloni da candidata leader di Fratelli d’Italia prometteva lo scorso 19 settembre «risorse strutturali per il Fondo nazionale per il servizio civile, così da permettere ai tanti giovani che ne fanno richiesta di vederla accolta anziché rigettata per mancanza di risorse». Ma Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, oggi ci ripensa e opta per un taglio al servizio civile universale attraverso la prima legge di Bilancio del governo.
«Un brutto segnale per i giovani che vogliono impegnarsi per il bene comune e mettersi al servizio del Paese, e per gli enti che stanno investendo sul Servizio Civile», commentano all’unisono la Cnesc – Conferenza nazionale Enti per il Servizio Civile, CSVnet, il Fnsc – Forum Nazionale Servizio Civile e la Rappresentanza Nazionale dei Volontari.
Nel 2022 ai 311 milioni previsti in manovra si sono sommati 217 milioni a valere sul Pnrr. Quest’anno, la legge di Bilancio stanzia solo 111 milioni, più altri 216 di risorse europee. Risultato: senza PNRR e con i soli fondi previsti dalla finanziaria le posizioni si ridurranno. Dalle 71.000 posizioni del bando 2022, nel 2023 si passerà circa 55.000 Per il 2024 e il 2025 si scenderà ancora, arrivando a circa 25.000. I dati vengono declinati a L’Espresso da Laura Milani, presidente della Conferenza Nazionale Enti per il Servizio Civile: «Con questi numeri la questione è chiara: se noi parliamo di programmazione questo investimento non la permette. Non va neanche verso l’universalità che consente a tutti i giovani di fare servizio civile. Una scelta da parte del Governo che ci butta in un regime di incertezza, nonostante il servizio civile abbia dato prova anche durante la pandemia di rispondere ai bisogni del Paese».
Proprio Milani ricorda che il Servizio civile – se adeguatamente potenziato, all’interno di una adeguata organizzazione della difesa civile, non armata e nonviolenta – può rispondere ad un’idea di difesa più complessa, più adeguata e più efficace al panorama delle vere minacce dalle quali abbiamo bisogno di difenderci – povertà, precarietà sociale, mafie, dissesto idrogeologico, terremoti, analfabetismo funzionale, razzismo – eppure il Governo Meloni ha deciso di indebolirlo.
«Si parla molto di giovani però nella legge finanziaria non mi sembra di cogliere degli investimenti di prospettiva. Si parla di aumentare la partecipazione dei ragazzi, emergenza di educazione alla cittadinanza, senso di appartenenza. Se ne parla. Poi le proposte sono: la mini-naja o la leva obbligatoria. La legge 64/01 che istituisce il Servizio Civile Nazionale mobilità più o meno 50mila giovani l’anno e non investiamo».
Un paradosso per un governo che durante la campagna elettorale prometteva un aumento delle risorse come ricorda Milani: «La Presidente Meloni aveva scritto a Vita (periodico interamente dedicato al Terzo settore ndr) la volontà di dare piena attuazione al decreto 40 del 2017, investendo risorse. E invece oggi siamo costretti a chiederci: cosa sarà domani? Davanti a noi c’è un limbo di incertezza: i giovani non intravedono opportunità, mentre enti devono capire se vale la pena investire tante risorse in un processo di progettazione che richiede energie, impegno e investimenti in piena precarietà».