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Che disastro Augusto Minzolini su Rete 4
Il canale Mediaset è ossessionato dai talk show. Di pancia e di governo. Ma l’enfant prodige dei cronisti politici, poi direttore del Tg1 berlusconizzato, naufraga in prima serata e costringe la rete a correre ai ripari
«Augusto piantala». Se nel 1978 Minzolini avesse dato retta all’esortazione dei suoi compagni di occupazione nella scena di Ecce Bombo, forse non ci avrebbe neppure provato a condurre in solitaria un talk show televisivo. Invece incurante di tutto si è lanciato nello studio di “Stasera Italia week end” sicuro che la palestra da opinionista, a cui aveva fatto l’abbonamento da tempo gli avesse ridato i muscoli necessari.
Così, con le palpebre socchiuse, frasi scandite come nelle gare di dizione e lunghe pause tra un pronome e un aggettivo, tra un ehm e un mmm, ha volantinato un’aria gelida nell’intero studio con battute sagaci del tipo «andiamo in pubblicità sennò mi licenziano», mentre le telecamere ondeggiavano da un ospite all’altro tentando di attutire l’impatto da novizio. E dopo un solo fine settimana è stato, tristemente, commissariato. «Al mio fianco una sorpresa che mi accompagnerà in tutta questa avventura: Safiria Leccese» si è trovato a dire con l’entusiasmo che generalmente lo contraddistingue. E, stringendo i denti, ha dovuto condividere il risicato posto al tavolo con la giornalista, volto storico di Mediaset che ha preso le redini del programma, gli ha dato quel minimo sindacale di velocità e liquidato le lungaggini con stile: «Dai Augusto, sii telegrafico». Ma per risolvere la questione, stando alle indiscrezioni riportate da Tv Blog non basterà neppure il supporto di Leccese, al punto che Mediaset starebbe pensando a una sostituzione vera e propria, sia per "l'accompagno" che per Minzolini stesso.
D’altronde, l’ex senatore aveva messo le mani avanti quando in un’intervista a Tv Sorrisi e Canzoni aveva dichiarato: «In televisione devi essere veloce, il conduttore deve dare il ritmo», senza specificare se questo compito spettasse a lui o a qualcuno realmente in grado di farlo.
Certo, non deve averla presa bene il direttorissimo che tanto in passato ha dato al Tg1 berlusconiano.
Proprio lui, a cui si deve il neologismo “minzolinismo” per intendere un modello spregiudicato di giornalismo scoopistico fondato sulla divulgazioni di confidenze, dichiarazioni informali o frasi carpite di uomini politici. Lui che ai tempi delle «cene eleganti» si premurò di sottolineare che non voleva che nel suo Tg si parlasse di «gossip nazionale». Sempre lui che mandò in onda «l’assoluzione» di David Mills senza correggerla in «prescrizione», scatenando un putiferio dal colore viola come il popolo. Insomma, un professionista di lunghissimo corso a cui a sorpresa serve un tutor per la diretta era giusto quel colpo di scena che mancava nella lunga settimana informativa formato telenovelas.
Perché nella nuova nuova Rete 4, quella che arriva dopo la nuova Rete 4 del 2018 che avrebbe dovuto sostituire la vecchia Rete 4 in stile Emilio Fede, l’approfondimento dalle forme variegate si spalma in ogni fascia oraria, cercando di mettere in pratica quel che aveva annunciato Pier Silvio Berlusconi alla vigilia dei palinsesti autunnali: «Abbiamo trasformato Rete 4 da rete di film e telenovele in rete dell’informazione. Adesso entriamo nella fase due, in cui proveremo ad allargare lo spettro editoriale rivolgendoci a un pubblico più trasversale e puntando ad avere professionisti di peso». Ma come si dice, ciascuno a suo modo.
A partire dal brand Bianca Berlinguer, che grazie al suo nome prova il martedì a far digerire la presenza malvista dell’esuberante Mauro Corona in canottiera. Tanto a compensare l’eleganza ci pensa il generale Roberto Vannacci. La figura più ambita di questo «nuovo corso» della rete, dopo infiniti collegamenti col labbro sudato in tutti i programmi, è approdato nello studio di Mario Giordano, unico fortunato che al momento è riuscito ad averlo in carne, ossa e dichiarazioni leggerissime che arrivano come da tradizione dritte alla pancetta di un Paese aggrappato suo malgrado alle battaglie ripetute come tormentoni estivi. Ai migranti invadenti, le farine di grillo e l’orda di zingare furbette inseguite sui metro, il varietà del mercoledì “Fuori dal coro” ha così potuto allargare gli orizzonti oltre il confine delle mura domestiche: «Se uno si trova il delinquente in casa o nel negozio, la difesa è sempre legittima?», ha chiesto il nostro all’autore del best seller “Il mondo al contrario”. «Secondo il mio parere sì». Argomento chiuso e via verso nuove occasioni per promuovere governo e dintorni.
Come al mercato, non dico uno ma ben due impegni per Nicola Porro che resta stretto al suo “Quarta Repubblica” del lunedì, pur ereditando la striscia di “Stasera Italia” che fu di Barbara Palombelli e che lo costringe a una maratona di oltre cinque ore di veemenza. E poi “Dritto e Rovescio”, il giovedì di Paolo Del Debbio che guida la classifica degli ascolti e può permettersi di far dire al vicepremier: «Molti (migranti) arrivano con il telefonino, le scarpe, la catenina, l’orologino...», Giuseppe Brindisi ai nastri di partenza e l’imperdibile Andrea Giambruno, che mentre Meloni scrive il Diario di Giorgia va in onda con il “Diario del Giorno”, nel primo pomeriggio all’ora in cui i lupi non sono ancora appostati dietro l’angolo. Eccezion fatta per il venerdì della cronaca nerissima di Gianluigi Nuzzi (in fondo non così distante dall’andazzo generale), anime e animelle, sangue e populismo occupano lo spazio che una volta ospitava le pene d’amore delle soap venezuelane.
Oggi Rete 4 non è più il canale dei Bellissimi, la “Manuela” Grecia Colmenares ha scelto la Casa del Grande Fratello e quello spazio restato orfano del sentimento, si è ammalto gravemente di opinionismo, ma gli intrecci creativi alla fine sono rimasti gli stessi. Al punto che la sigla di Julio Iglesias cantata con la mano sul cuore ci starebbe benissimo. Magari proprio sugli occhi chiusi di Minzolini.