Lo scorso 22 settembre un decreto del governo Meloni aveva equiparato questi prodotti alle sostanze stupefacenti. Ora il tribunale amministrativo lo sospende

La guerra del governo Meloni alla cannabis light segna una battuta d'arresto, per mano del Tar del Lazio. Con un decreto entrato in vigore lo scorso 22 settembre il ministro della Salute Orazio Schillaci aveva equiparato le «composizioni ad uso orale» a base di cbd alle sostanze stupefacenti. Di fatto vietandone la vendita nei negozi di “Cannabis light”. Rendendo necessaria una ricetta medica (non ripetibile) per il loro acquisto. Proprio come avviene per i farmaci considerati pericolosi o a alto rischio di abuso, come gli ansiolitici o gli antidepressivi.

 

«Una decisione che va a toccare nel vivo l’intero settore della canapa industriale italiana che oggi conta 12mila occupati e un'alta percentuale di under 35 al suo interno, e che cambia dall’oggi al domani la vita lavorativa di migliaia di persone. Infatti, inquadrando una qualsiasi sostanza tra quelle a rischio d'abuso si entra in pieno conflitto con la commercializzazione dello stesso per altre destinazioni lecite come quella cosmetica e in prospettiva come integratori alimentari “novel food”», aveva spiegato Rita Rapisardi in un articolo per L’Espresso.

 

Subito dopo l’entrata in vigore del decreto, infatti, si sono registrati ispezioni, accertamenti e sequestri a danno degli operatori economici ai quali veniva stata contestata la violazione della legge sugli stupefacenti. Perché anche la detenzione dei prodotti per uso orale a base di cbd era diventata illegale.

 

Il caso
La guerra del governo Meloni alla cannabis: vietati anche aromi, oli e cosmetici. «Così si distrugge un intero settore industriale»
20-09-2023

 

Il Tar del Lazio, però, ha bloccato il decreto. Sospeso almeno fino all’udienza del 24 ottobre. Grazie al ricorso presentato dall’associazione Imprenditori Canapa Italia, l’Ici, secondo cui la la decisione di ricondurre il cannabidiolo tra le sostanze stupefacenti o psicotrope è stata presa senza il parere del Consiglio superiore di Sanità. E in contrasto con la giurisprudenza comunitaria.

 

«L'inquadramento tra le droghe a rischio di abuso non ha nessuna prova scientifica. Legalizzare o meno la cannabis è una scelta politica, antiproibizionista o no, ma scientificamente qui non c’è valore. Abbiamo già scritto ad Aifa e al ministero della Salute a riguardo e speriamo venga ritirato o corretto. Ma se ciò non avvenisse abbiamo già in mente di ricorrere al Tar ed eventualmente alla Commissione Europea», aveva infatti spiegato a L’Espresso Mattia Cusani di Canapa Sativa Italia, un’associazione nazionale di settore. Ed è successo. Così, nell’attesa di una decisione definitiva, i prodotti a base di cbd possono tornare in vendita.