Spettacolo in crisi

I teatri di mezza Italia stanno sparendo. Nel silenzio generale

di Francesca De Sanctis   19 dicembre 2023

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Teatro Eliseo

Ristrutturazioni interminabili. Cambi di destinazione. Fallimenti. Così i palcoscenici italiani muoiono. E Roma guida il record delle chiusure, dal Teatro Eliseo al Globe Theatre

L’ultimo sfogo è arrivato da Carlo Verdone, di fronte alle saracinesche abbassate in via Nazionale. Non ci sono file di spettatori davanti al Teatro Eliseo di Roma, né spettacoli in programma. Ma perché, si chiede Verdone sulla sua pagina Facebook, «gettare nel dimenticatoio luoghi di gran cultura?». Il Teatro Eliseo è una ferita profonda per la città, e purtroppo non è l’unica. Non serve andare troppo indietro nel tempo per rendersi conto di quanti teatri, sia pubblici che privati, la Capitale ha perso negli ultimi anni. Il Teatro Valle e il Gigi Proietti Globe Theatre Silvano Toti - entrambi gestiti dal Teatro di Roma - sono i casi più emblematici, ma nel lungo elenco ci sono anche il Teatro dell’Orologio, il Teatro della Cometa, il Rialto Sant’Ambrogio, il Nuovo Teatro Colosseo, il Teatro dell’Angelo, il Salone Margherita... tutti chiusi, per un motivo o per un altro: ristrutturazioni interminabili, cambio di destinazioni d’uso, fallimenti.

 

È successo anche in altre città, dal Teatro I di Milano al Teatro Nuovo Sanità di Napoli, ma Roma ha collezionato una chiusura dopo l’altra giocandosi così le carte per diventare capitale internazionale della creatività. In Italia esistono moltissimi edifici teatrali che sono stati praticamente abbandonati. L’ultimo censimento risale al 2008 e segnalava 20 teatri chiusi solo nel Lazio (428 in tutta Italia), uno su 4 di interesse storico (la ricerca era a cura di Francesco Giambrone e Carmelo Guarino, curatori del volume “Teatri negati”, FrancoAngeli). Ma con l'aiuto di Simone Pacini, che da qualche anno monitora la situazione teatrale romana sul blog Fattiditeatro, abbiamo provato a fare due conti della reale situazione: su 256 sale mappate (prendendo in considerazione tutti gli spazi in cui c’è o c’è stata una programmazione teatrale) ben 50 hanno cessato la loro attività negli ultimi 20 anni. Parliamo sia di teatri storici dalla capienza ampia, in cui hanno recitato le più importanti compagnie teatrali, sia delle sale off o dei centri sociali, punti di riferimento per il teatro più sperimentale.

 

Ken Loach a Spin Time

 

Ecco perché nella Capitale si respira da qualche anno un clima di sconforto generale nell’ambiente teatrale. Questa sensazione di paralisi è stata amplificata dal lungo commissariamento del Teatro di Roma, da febbraio 2020 senza un direttore. Qualche settimana fa è stato nominato il nuovo cda (composto dal presidente Francesco Siciliano, il vicepresidente Danilo Del Gaizo e dai consiglieri Natalia Di Iorio, Daniela Traldi e Marco Prosperini). Il bando per il futuro direttore o direttrice generale della Fondazione è online (con scadenza il 16 dicembre) e speriamo che si presentino più candidati e candidate possibili. Al Teatro di Roma, oltre all’Argentina e all’India e ai “teatri di cintura”, fa capo anche il Teatro Valle, un gioiello architettonico inaugurato nel 1727, dove debuttò per la prima volta “Sei personaggi in cerca di autore” di Pirandello. Chiuso dal 2014, dopo tre anni di occupazione in seguito allo scioglimento dell’Ente Teatrale italiano, sembra essere in ostaggio di una ristrutturazione interminabile. Dal Comune di Roma, l’assessorato alla Cultura presieduto da Miguel Gotor conferma che il Teatro Valle (intitolato alla memoria di Franca Valeri) sarà restituito alla città nell’autunno del 2024. Co-finanziato con fondi di Roma Capitale e del Ministero della Cultura, per un totale di oltre 6.700.000 euro, il restauro della storica sala è stato affidato allo Studio Berlucchi. Dunque, attendiamo. Ancora incerta la sorte del Globe Theatre, dove la Procura ha messo i sigilli il 22 settembre 2022, quando crollò la scala che causò 12 feriti tra studenti e professori. Una nuova perizia è stata affidata ai tecnici scelti dalla famiglia di Gigi Proietti - anima del Globe per tanti anni - e dalla Fondazione Silvano Toti, che nel 2003 contribuì alla realizzazione del teatro nel cuore di Villa Borghese, oggi diretto da Nicola Piovani. Entro poche settimane, assicurano dall’assessorato capitolino alla Cultura, arriverà il responso e si deciderà se sarà possibile recuperarlo o abbatterlo e ricostruirlo. L’ipotesi al vaglio prevede un restauro di 2 milioni di euro, cifra che potrebbe essere sufficiente a salvarlo. Ma l’ultima parola spetterà agli ingegneri. Non va meglio ai teatri privati. L’Eliseo, tanto per tornare da dove eravamo partiti, che fine farà? Pochi giorni dopo lo sfogo di Carlo Verdone è arrivata la dichiarazione di Francesco Rocca, presidente della Regione Lazio: «Nel prossimo bilancio verranno stanziati fidi per l’acquisto del Teatro Eliseo». Abbiamo contattato l’ufficio di presidenza della Regione, ma al momento, dicono, c’è solo l'intenzione: «Su come procedere decideremo dopo lo studio di fattibilità». Intanto Luca Barbareschi, attuale proprietario, non è stato contattato da nessuno. Il Teatro, chiuso dal 2020, era stato messo in vendita per 24 milioni di euro. Ma chissà se Barbareschi ha realmente intenzione di separarsene. Entrambe le sale non hanno una programmazione, ma sono in perfette condizioni, tant’è vero che vengono affittate per eventi privati circa una volta al mese.

 

Teatro Valle

 

Intanto restano abbassate le saracinesche del Teatro della Cometa, altro gioiellino chiuso durante il Covid per lavori di ristrutturazione dopo la scadenza del contratto di affitto di Giorgio Barattolo, che non tornerà a gestirlo. E dopo la pandemia non ha mai riaperto neanche il Salone Margherita, punto di riferimento per la comicità romana, oggi di proprietà della Banca d'Italia. Pier Francesco Pingitore, regista e sceneggiatore, ha lanciato un appello al ministro Sangiuliano: «Scandaloso che un teatro unico e bellissimo, al centro di Roma, resti chiuso». I sigilli restano al Teatro dell’Orologio, sequestrato dalla polizia nel 2017 dopo 37 anni di attività per motivi di sicurezza (mancava un’uscita). Le sale nei sotterranei dell’oratorio della Chiesa Nuova sono state cuore dell’avanguardia romana. Era uno spazio di resistenza, come lo è oggi l’Angelo Mai, il centro culturale sociale sgomberato nel 2018 e diventato un presidio culturale. Quest'estate è stato riconosciuto luogo culturale anche dal Tribunale di Roma, indicando una via verso la regolarizzazione che potrebbero seguire altri spazi occupati, come Spin Time Labs, centro culturale che accoglie 160 nuclei familiari in emergenza abitativa. A difenderlo è intervenuto perfino Ken Loach, ma i proprietari sembrano intenzionati a trasformarlo in hotel. L’offerta d’acquisto del Campidoglio è stata rimandata al mittente.