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Attualità
marzo, 2023

«Sì, essere una donna è ancora una delle sfide più grandi sul lavoro»

Per la fatica ad acquisire credibilità. Per le difficoltà nel conciliare figli e occupazione, per il dover sopportare il mansplaining. Lo raccontano le giovani partecipanti a Her Fest, due giorni di dibattito al femminile per decostruire il patriarcato

«Sono continuamente bombardata da commenti sessisti». «Vengo presa molto meno sul serio rispetto ai miei colleghi uomini e molte volte sono proprio loro a volermi insegnare come fare il mio lavoro», «ricevo spesso l’insulto: “sei arrivata dove sei perché fai vedere il culo e le tette”». Essere donna è ancora oggi una delle più grandi sfide da affrontare sul lavoro per la maggior parte delle speaker, le organizzatrici e le invitate a Her Fest, nonostante siano quasi tutte under 30.

 

Così, anche per le nuove generazioni, la parità di genere è un traguardo lontano da raggiungere, come confermano anche i dati del Global Gender Gap Report 2022 del World Economic Forum secondo cui per colmare il gender gap in Italia ci vorranno ancora 132 anni.

 

«Eppure la volontà di deostruire gli stereotipi che caratterizzano il mondo del lavoro e la consapevolezza del potenziale femminile crescono tra noi della Gen Z. Molte portano avanti una battaglia quotidiana, a piccoli passi, che punta a costruire una nuova normalità in cui uomini e donne siano alla pari», spiega una delle studentesse tra il pubblico che ha riempito la sala conferenze della Corte agricola la Faggiola, a pochi passi da Piacenza, dove si è svolto il festival. Due giorni dedicati alle donne, in cui professioniste, creator, imprenditrici, influencer hanno parlato di crescita personale, professionale e di salute mentale. Nella vita vera ma anche nel mondo digitale.

 

Perché, come ha spiegato Benedetta Balestri, co-founder e managing director dell’agenzia One Shot che segue content creator come Ambra Garavaglia, Gaia Clerici, Mattia Stanga, Carlotta Bertotti, «essere popolari non è semplice. Quando hai 15 o 16 anni e ti esplode un social in mano devi avere un supporto dietro, altrimenti è molto rischioso: online non ci sono filtri e quindi chiunque ti può scrivere. Le critiche che arrivano hanno sicuramente un peso più grande per chi è così giovane e la grande esposizione comporta anche grande responsabilità che i creator sentono sulle loro spalle. Spesso mi chiedono di essere formati anche su questo».

 

Come crescere professionalmente e soprattutto personalmente. Come stare sui social in maniera sana e consapevole, come crearsi uno spazio nel mondo digitale ma anche un punto sui lavori del futuro e sulla loro sostenibilità sono stati i temi principali che hanno animato i dibattiti durante la prima giornata di Her Fest, organizzato dall’associazione “Non è tutto Rosa”. E nato, come ha spiegato Paolina Consiglieri, la founder: «Dal desiderio di stare insieme, di condividere sia esperienze e momenti difficili, sia di svolta, affinché possiamo tutte renderci conto che non deve essere il peso del giudizio degli altri a condizionare le nostre vite. Ma siamo noi a doverci chiedere che cosa vogliamo e a impegnarci per realizzarlo».

 

Nella seconda giornata del festival, si è parlato soprattutto di salute mentale. Di come abbattere lo stigma della malattia, di quanto il linguaggio e i nomi che diamo alle cose siano importanti nella definizione della quotidianità. Dell’importanza di accettare se stesse, il proprio corpo. Di come trovare il coraggio di agire «per realizzare il futuro desiderato. Grazie anche alla costruzione di un sano equilibrio tra vita lavorativa e vita privata», hanno spiegato le speaker che si sono avvicendate sul palco, portando l’attenzione a focalizzarsi in particolare sulle donne che sono anche madri. «Dagli incontri è emersa l’importanza costruire una nuova cultura del fallimento. Che non deve essere concepito come stallo ma come un passaggio per conoscersi, per costruire un futuro migliore», conclude la strategist ventiseienne Arianna Basso che insieme a Consiglieri ha organizzato il festival.

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