l’università
«Sono inconcludente e inutile», un altro studente si toglie la vita
Frequentava la facoltà di medicina, era fuoricorso. Il 6 aprile a Chieti un ragazzo di 29 anni si è suicidato. «Non possiamo più restare fermi davanti a tutto questo. Non si può morire di università»
È successo di nuovo: un altro studente universitario si è tolto la vita. Anche perché si è sentito inadeguato rispetto al percorso di formazione che aveva intrapreso. Aveva 29 anni, studiava medicina all’Università degli Studi G. D’annunzio, viveva a Chieti, in un’abitazione che condivideva con la sorella più grande, non lontana dalla facoltà.
Su un block notes ha scritto un lungo messaggio, più di 40 pagine, per descrivere anche le motivazioni che non gli permettevano di stare bene: definisce la sua vita «inconcludente e inutile», parla di un esame di Anatomia patologica che non riusciva a superare. Scrive di «bugie», forse a proposito di esami non sostenuti. Si è tolto la vita il 6 aprile, ha ritrovato il suo corpo la sorella verso le 15 quando è rientrata a casa.
«Gli studenti di medicina sono in piena sessione di esame. Che terminerà dopo le vacanze di Pasqua», spiega Carmela Santulli, presidente dell’associazione studentesca dell’università D’annunzio “360 gradi” e rappresentante della consulta degli studenti. «È un periodo molto stressante, in tanti si scrivono agli esami per tirarsi, invece, all’ultimo perché non si sentono pronti». Santulli racconta che gli studenti avevano già manifestato al Rettore la necessità di implementare i servizi per il benessere individuale. «Tra questi anche l’attività di counseling psicologico, che al momento procede con difficoltà per le tante richieste e la mancanza di personale».
«Siamo sconvolti», ripete più volte Santulli con tono flebile. «Abbiamo saputo questa notte che uno studente di medicina si è tolto la vita. Purtroppo, però, non si tratta di un caso isolato: solo nell’ultimo mese sono venuta a conoscenza che ci sono stati altri due tentativi di suicidio. Il disagio tra gli studenti è evidente, non capisco perché se ne parli così poco. Perché non si cerca di risolvere il problema a monte: in tanti sono sotto stress. I disturbi alimentari e gli episodi di autolesionismo sono molto diffusi. Come l’uso degli psicofarmaci soprattutto per dormire».
L’università dovrebbe essere uno spazio creativo di crescita personale e culturale: «Una fucina di idee. E invece no. Pressione sociale, paura di fallire, sensi di colpa, bugie, il mondo universitario è diventato sempre più un luogo di depressione e ansia», scrive l’Unione degli universitari che dalla Pandemia porta avanti un’intensa battaglia per la tutela della salute mentale. Tra le aule delle scuole e degli istituti universitari e anche in Parlamento grazie a una proposta di legge presentata il mese scorso.