L’analisi

L’omotransfobia in Italia non la vedi nei numeri. Ma nelle storie di chi subisce le violenze

di Simone Alliva   17 maggio 2023

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Arcigay ha stimato nell’ultimo anno 133 crimini di odio contro persone Lgbt, 1.563 dal 2013. Ma ridurre il problema a un dato (sottostimato) significa chiudere gli occhi. Perché le botte, le aggressioni, gli insulti, i silenzi della politica fanno parte del quotidiano di tanti italiani

L’omotransfobia è una nebbia fitta. Nasconde i volti e libera le mani. Dal 2013 ad oggi si registrano 1.563 vittime. Ma i numeri non dicono nulla. Nella liturgia della giornata mondiale contro l’omotransfobia sono sempre le cifre ad accompagnarci. Nelle inchieste giornalistiche (che questo giornale per primo ha portato avanti in Italia) sulla violenza omotransfobica sono sempre i dati a dare l’autorevolezza. Come è giusto che sia. Ma il dato sull’odio omotransfobico in Italia non ha senso e non racconta.

Le storie ci parlano
Siamo assuefatti dai dati, ogni 17 maggio. Non li tratteniamo neppure il tempo necessario perché si traducano in un pensiero. Arcigay quest’anno racconta 133 crimini d’odio. «Un numero per nulla fedele alla realtà- specifica Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay- che sappiamo essere ben più grave, filtrata da under reporting strutturale in questo fenomeno. Ma descrivono tutte assieme l’aria irrespirabile di questo Paese, la paura in cui molte persone lgbtqi+ vivono immerse». Sono le storie che parlano. Quelle sì, quelle somigliano tutte a qualcosa che sappiamo. Quello che ci dicono le storie è un’Italia unità nell’odio verso il diverso: un fratello che pugnala un altro in quanto omosessuale, un padre che butta di casa un figlio perché uomo trans, lo "stupro correttivo" di una ragazza perché lesbica.

«Non vogliamo un ricchione in famiglia» ha urlato lo zio al nipote nel cosentino il 20 maggio 2022, e giù calci, pugni. Poi, insieme ad altri due amici, ancora ancora botte fino a spaccargli le costole. «Adesso muori in casa». Non è morto. Così come non è morto un ragazzo portato in mezzo a un campo di barbatelle di Morsano al Tagliamento e aggredito con coltello a serramanico: una, due, otto coltellate. Al capo e all'addome. «Frocio crepa». L’omotransfobia non è solo una coltellata o un insulto, ma l’assenza di attese nell’immaginario sociale

Nota è la vicenda di Chloe presa di mira anche dall’assessora veneta di Fratelli d’Italia, Alessandra Donazzan. Chloe donna trans, professoressa demansionata per la propria identità di genere si è data fuoco dentro un camper. Prima l’addio sul web e poi il corpo carbonizzato trovato l’11 giugno scorso in provincia di Belluno. E ancora Camilla, sex worker, è stata uccisa, con due colpi di pistola di piccolo calibro sparati nella parte sinistra della testa. Sasha, invece, si è ammazzato gettandosi dal balcone di casa, era un ragazzo trans. Aveva 15 anni. Il vuoto era l’opzione migliore rispetto a una vita fatta di vuote aspettative familiari. A ottobre, la stessa tragedia si è ripetuta con Chiara, una ragazza trans di appena 19 anni. Sempre nel 2022 un’altra ragazza trans di 27 anni si è tolta la vita dopo aver subito uno stupro dopo aver accettato un passaggio verso casa.

Il branco e la preda

Dentro questa galassia nera, aggressioni e ricatti sono il lessico di un’omofobia che sembrava dimenticata: quella che serpeggia negli incontri al buio, nelle dating app. Qui si cercano gli omosessuali nei per incontrarle, pestarle, ricattarle, stuprarle, perfino ucciderle. Dentro queste storie non c’è un punto di contatto che degenera, non è una rissa, non è rabbia che sale. Lo schema è lucido, preciso: i bracconieri trovano la preda e non la lasciano andare.

A giugno 2022 l’omicidio in Sicilia, di Massimo, adescato per un rapporto sessuale e poi ucciso barbaramente. Vicenda analoga a quella in cui ha perso la vita, nel marzo 2023 a Modena, Alessandro. Ad agosto 2022 a Desio un cadavere senza nome, ritrovato semisepolto in un luogo di cruising per omosessuali. Ricorrenti sono i crimini d’odio intercettati delle scuole: manifesti, scritte, ma anche pestaggi e minacce di morte. E poi le aggressioni nelle case dove la retorica della famiglia come luogo di cura e tutela a priori e a prescindere è buona per certa politica, non sempre sta nella vita di tutte le persone Lgbt. “Sei tutta sbagliata”, “Fai cose da maschio” (e poi lo obbliga a baciare una ragazza). Un padre condannato per i pestaggi al figlio gay 15enne e un altro padre che accoltella gravemente la figlia lesbica e la sua fidanzata con l’auspicio che muoiano insieme.

Dati evanescenti

Se il Segretario di Arcigay Nazionale specificava la distanza tra la realtà e i dati che fanno da contorno a queste storie orrende è perché, semplicemente, il dato non esiste. Per capirlo servono due minuti di attenzione. Le aggressioni omotransfobiche sono poco denunciate, perché le vittime hanno consapevolezza della mancanza di una legge che le protegga e vi è la convinzione diffusa che “tanto non succede nulla”. Le forze di polizia o gli altri soggetti della giustizia penale non registrano le finalità di odio omotransfobico perché non le riconoscono o perché il dato non rientra tra quelli da registrare sulla base della legislazione vigente. Non c’è legge, non c’è reato.

Possiamo avere una panoramica dei casi sommando le denunce delle associazioni, dei servizi che supportano le vittime, dei media e del Rapporto annuale sui crimini d’odio dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE).

I dati italiani pubblicati da OSCE sono forniti combinando quelli del “Sistema di Indagine – SDI” (estratti dal CED interforze delle forze di polizia) e le segnalazioni che provengono all’Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori (OSCAD).

I dati SDI attengono ai reati con finalità discriminatorie che hanno “copertura normativa” e quindi l'omotransfobia è esclusa. Le segnalazioni Oscad riguardano gli ambiti discriminatori privi di specifica copertura normativa relativi, per esempio, omotransfobia.

L’Oscad non raccoglie notizie di reato, ma segnalazioni ulteriori che la vittima può decidere di inviare, oltre e separatamente alla presentazione della denuncia presso l’autorità di prossimità (polizia o carabinieri), prima o dopo avere sporto regolare denuncia o querela per il reato subìto. Ecco il punto di caduta, quello che ci dice: “l’omotransfobia è invisibile in Italia”. 

Non è una suggestione, questo, sì, è un fatto riconosciuto, lo si legge su tutti i documenti del dipartimento. Sulla pagina web del ministero dell’Interno dedicata al monitoraggio dei crimini d’odio ad esempio: «I dati relativi alle segnalazioni Oscad non consentono di valutare il fenomeno dei crimini d’odio da un punto di vista statistico». O ancora: «I dati comunicati non forniscono un quadro avente valore statistico sul fenomeno in Italia: incrementi e diminuzioni dei dati comunicati non sono correlabili con certezza a una proporzionale variazione dei crimini d’odio nel Paese».

L’Italia si presenta come un paese diviso in normali e deviati. Dove i giustizieri guardano con rabbiosa confusione ai mali del mondo. Ci sono vari livelli di omofobia. Si pratica aggredendo con le parole, con i pugni, con i calci. Ostacolando il percorso delle leggi. Chi aggredisce non ha più paura né vergogna, si specchia in chi ci governa, nella maggioranza di «normali», della continuità “dell’etnia” che va protetta, del mondo che precipita e va fermato. Intanto l’Europa ci condanna. L'Italia scivola al 34esimo posto per tutela della comunità arcobaleno tra la Repubblica Ceca e la Georgia. Siamo nel punto in cui o si va avanti o si precipita indietro. Contemporanei di questa guerra, ne saremo considerati responsabili. La scusa: «Io non ho mai discriminato, io non ho mai preso parte di questa guerra», stavolta non funzionerà. 

I numeri non servono, le storie invece mettono chi è al Governo e in Parlamento di fronte a una coscienza: la propria. Chi applaudiva per la morte del Ddl Zan, di fronte a questi morti, di fronte a queste aggressioni, potrà sempre optare per il cinismo e per l'omotransfobia che sta divorando il paese, ma prendere una posizione è importante. Tirare una riga e dire chi sta con chi nel conflitto tra due mondi. Aggressori e aggrediti. Chi leva la mano per colpire e chi per proteggere. Ognuno si posizioni, ce ne ricorderemo nel mondo dopo.