Si contano circa 550 milioni di acquisti e 750 di cessioni. Per uno sport che balla su un indebitamento di 5,6 miliardi la finanziarizzazione del mercato è la frontiera per incamerare soldi facili e subito

Premiato Calciaturificio Serie A, l’Italia è il Paese dove i calciatori si prendono, si affinano, si fanno crescere. E poi si rivendono dove e a chi capita. Salvo rare eccezioni, stiamo industrializzando ormai il Modello Atalanta. Se a basso livello il calcio è un fenomeno da “polli da batteria”, giovani calciatori tutti uguali, fisicamente selezionati, ipermuscolati e poi “chippati” in testa con schemi, tattiche e condizionamenti più in voga, ad alto livello la produzione comincia a raffinarsi parecchio. Ma a scopo più di business che tecnico. In parole povere: oggi conta più guadagnare che vincere.

 

In Serie A si fanno passare e maturare i giocatori che poi andranno a popolare la Premier League e non solo. Il tutto con uno straordinario tornaconto e un riferimento preciso: quello dell’Atalanta Bergamasca Calcio.

 

Calciatori presi a fine agosto 2022 a 17 milioni e rivenduti a 85 a fine luglio 2023. Sessantotto milioni di plusvalenza, il 500% secco di guadagno in 11 mesi. Il giovanotto in questione è Rasmus Højlund, ventenne attaccante danese che l’Atalanta prese lo scorso anno in Austria dallo Sturm Graz, e che dopo una decina di gol in una stagione - non 30 come Victor Osimhen, superstar del Napoli… - ha rivenduto al Manchester United. Un’altra medaglia al petto per quella straordinaria fabbrica di football che è l’Atalanta Bergamasca Calcio, che puntualmente l’estate passa ad incassare ciò che ha fatto maturare durante la stagione.

 

L’Atalanta degli ultimi anni è un misto di artigianalità e competenza, calcio con un piede saldo nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro. Una delle poche società dove risultati e fatturato viaggiano in sincronia, mentre la maggior parte degli altri si trova a combattere, quasi sempre, con due linee impazzite e confliggenti sul diagramma.

 

I due sostegni essenziali dell’Atalanta sono il presidente Antonio Percassi, 70 anni, bergamasco di Clusone, solido imprenditore di successo, ma anche e soprattutto ex difensore nerazzurro negli anni ’70, poi dirigente sportivo che ha sempre avuto il buon senso di circondarsi di professionisti competenti della materia, sia a livello di settore giovanile che di scouting internazionale.

 

L’altro sostegno fondamentale è Gian Piero Gasperini, l’allenatore che mette in vetrina i talenti individuati dal club, e ormai alla sua ottava stagione a Bergamo. Gasperini garantisce risultati (sei qualificazioni nelle Coppe Europee, di cui tre in Champions League) e fatturato sul mercato. Il tutto mentre il prossimo anno sarà completata la ristrutturazione del Gewiss Stadium, ex Brumana ed ex Azzurri d’Italia. Nel suo piccolo l’Atalanta fa un lavoro che ora gli altri cercano di emulare e industrializzare.

 

Tra la “cantera” di Zingonia, dove ha casa l’Atalanta, e il mercato decine di giocatori passati dalla fase di promessa o “underdog” a quella di football star da immettere nel grande circo internazionale. Oltre Højlund, Romero, Kulusevski, Diallo, Gagliardini, Caldara, Bastoni, Kessie, Conti, Ibanez, Gosens, Castagne, Mancini, Pessina, Cristante, e decine di altri giocatori minori. Negli ultimi sette anni la Dea ha messo a segno oltre 400 milioni di plusvalenze.

 

L’intera Atalanta del resto è una super plusvalenza considerato che nel 2022 Percassi ha ceduto il 55% del club al fondo americano di Boston, Bain Capital, mantenendo però il ruolo di presidente (e il figlio Luca amministratore delegato). L’italo americano newyorkese Stephen Pagliuca è il co-chairman del club. Dopo esserne stato già proprietario per 3 anni negli anni ’90, Percassi rilevò l’Atalanta nel 2010 per 14 milioni e nel 2022 ne ha rivenduto il 55% agli americani per 350 milioni. Ma di fatto ancora pilota e decide lui.

 

In Serie A oggi l’ordine è vendere prima di comprare, o almeno compensare rapidamente gli acquisti. La Juventus è prudentissima perché invischiata finora nei suoi guai giudiziari e sportivi: per prendere Lukaku bisogna dar via Vlahovic o Chiesa. O entrambi, meglio.

 

Il Milan sta rifacendo la squadra ma ha dato via giocatori per un bel mucchio di milioni. Idem l’Inter, Mourinho è furibondo perché la Roma si rifiuta di prendergli i rinforzi che vuole, la Lazio di Lotito è ferma al palo, il Napoli di De Laurentiis pure, la Fiorentina di Rocco Commisso, se può, venderà anch’essa la gioielleria di casa.

 

Morale, l’intero bilancio del calciomercato della Serie A di questa estate (fonte dati Transfermarkt) è in attivo di oltre 200 milioni. Si vende, si liquida, si fattura, si manda all’asta. Si contano così circa 550 milioni di acquisti per 750 di vendite.

 

L’Italia non è isolata, anche Ligue 1 francese, Bundesliga tedesca e Liga spagnola oggi vendono a tanto e comprano a meno. Poi ci sono le anomalie della Premier League (rosso di oltre 600 milioni tra acquisti e vendite) e la nuova frontiera della Saudi Pro League che spendono cifre folli e acquistano calciatori senza guardare al costo.

 

Al momento il bilancio della Premier è: 1.370 milioni di euro di acquisti, 730 milioni di vendite, 640 milioni di segno rosso. Cioè, se sommassimo algebricamente l’attivo della Serie A e il passivo della Premier League troveremmo 840 milioni di differenza maturati solo in questo luglio di calciomercato.

 

Tanto per dire che aria tira: il Manchester United oggi può spendere cifre assurde sul calciomercato perché ha rinnovato l’accordo di sponsorizzazione con l’Adidas: dai 750 milioni di sterline del precedente contratto decennale, si passa a uno da 900 milioni di sterline, minimo, fino al 2025.

 

Una breve e veloce classifica per capire meglio. Oltre Højlund che al momento è il top delle cessioni in Italia con 85 milioni incassati dal ManUtd, il Milan ha dato Tonali al Newcastle per 80 milioni, il Napoli ha dato Kim al Bayern Monaco per 58, l’Inter ha dato Onana sempre al ManUtd per 55 milioni, la Lazio prende 42 milioni per Milinkovic Savic all’ Al Hilal, l’Empoli incassa 25 milioni per Vicario al Totthenam, sempre l’Inter ha dato Brozovic all’ Al-Nassr per 23 milioni. Molti ricomprano (vedi Milan e Inter) ma non tutti: c’è anche chi per ora non sgancia un euro o quasi, vedi Lotito e De Laurentiis.

 

Per un calcio che balla su una paurosa voragine di 5,6 miliardi di indebitamento (vedi inchiesta de L’Espresso) la finanziarizzazione del calciomercato è l’estrema ratio per incamerare soldi facilmente e subito. Spesso pure con qualche trucco…

 

Il calciomercato come Wall Street, i calciatori come azioni, bond, case, quartieri di case, ville, complessi di ville superlusso, terreni, fabbriche di denaro da comprare e rivendere. Attenzione però che girano pure affari sballati e sòle. Il Milan lo scorso prese il giovane belga Charles De Ketelaere, un fenomeno - si diceva - che valeva tutti i 35 milioni investiti. Beh, Paolo Maldini ci ha rimesso il posto di dirigente del Milan e ora stanno cercando di rivendere il bidone almeno a 25. Se va bene…