Solidarietà

A Trieste c'è chi non volta le spalle ai migranti

di Adil Mauro   7 settembre 2023

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Linea d’Ombra si occupa di fornire assistenza a uomini e donne che percorrono la rotta balcanica. E per questo è al centro dell'opera di criminalizzazione già visto contro le ong

Nella città di Trieste, prima tappa italiana della rotta balcanica, opera una rete solidale che unisce le forze di associazioni che nel capoluogo giuliano assistono le persone intenzionate a richiedere asilo nel nostro Paese e quelle in transito, circa il 70% degli arrivi, che vogliono proseguire il viaggio verso altre nazioni. Una delle realtà più attive di questa rete è Linea d’Ombra, associazione fondata nel 2019 dalla psicoterapeuta Lorena Fornasir e dal professore di filosofia in pensione Gian Andrea Franchi, moglie e marito rispettivamente di 70 e 87 anni. «Abbiamo cominciato a occuparci di queste persone nel 2015 quando vivevamo ancora a Pordenone - ricorda Franchi – Non potevamo chiudere gli occhi visto che non venivano aiutate da nessuno. Dopo quattro anni di conflitti con le istituzioni siamo venuti a Trieste per ragioni personali e abbiamo fondato questa associazione dalle dimensioni piccolissime. Siamo dieci, dodici persone al massimo».

 

Ogni giorno i volontari e le volontarie di Linea d’Ombra si danno appuntamento nella piazza della stazione ferroviaria di Trieste per curare le ferite di chi è riuscito a superare il «game», nome dato dai migranti al tentativo di attraversamento delle frontiere lungo la rotta balcanica. «Cominciamo disponendo su una panchina ciò che è necessario per il primo intervento sanitario – spiega Franchi – Dopodiché forniamo loro cibo, scarpe, tute e zaini. D’inverno anche sacchi a pelo e tutto il necessario per poter passare una notte all’aperto o in quel luogo osceno che risponde al nome di Silos, un edificio fatiscente situato nei pressi della stazione».

Secondo il rapporto “Vite abbandonate” pubblicato a giugno dalla rete di cui fa parte Linea d’Ombra, nel 2022 hanno ricevuto assistenza nell’area della stazione di Trieste 13.127 persone provenienti da Paesi martoriati come Afghanistan e Iraq. Un compito gravoso che ricade soprattutto sulle organizzazioni di volontariato. Che, come sanno bene Fornasir e Franchi, devono affrontare ogni genere di difficoltà. I fondatori di Linea d’Ombra sono diventati, loro malgrado, protagonisti di una vicenda processuale che molti osservatori hanno definito come l’ennesimo caso di «criminalizzazione della solidarietà», come accade per le Ong che effettuano soccorsi in mare.

Nel febbraio del 2021 Fornasir e Franchi hanno subito la perquisizione della propria abitazione nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Trieste sul favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. Sono stati indagati per avere offerto aiuto nel 2019 a una famiglia, genitori e due bambini, di profughi curdi di origine iraniana. Qualche mese dopo l’accusa è stata archiviata dal gip.

Linea d’Ombra si occupa in media di 200 persone al giorno durante l’estate. I rapporti con la politica locale sono «pessimi», racconta Franchi. «L’anno scorso il sindaco Roberto Dipiazza ha minacciato di transennare piazza della Libertà, da noi ribattezzata piazza del Mondo». «Noi sappiamo che la solidarietà piena con i migranti è un reato – afferma Franchi – Se dovessimo essere denunciati per questo non ci tireremmo indietro. Un processo potrebbe rappresentare un’occasione per gettare luce su quella che è a tutti gli effetti una strage, visto che sono migliaia le persone morte nel tentativo di varcare i confini europei, tra l’altro anche attraverso i Balcani di cui non si parla mai abbastanza».