Un incidente mortale quest’estate e il numero dei natanti in aumento crescente riaprono il dibattito. Con cittadini e associazioni che chiedono al Comune di prendere provvedimenti

L'ultimo incidente si è verificato a metà novembre, quando un uomo di 65 anni è finito in acqua dopo lo scontro della sua barca con una bricola, uno dei pali che delimita il corso del canale Vittorio Emanuele, portato in salvo da alcuni dipendenti della compagnia di trasporto pubblico e da un motoscafo turistico. Ma quello che ha colpito tutti, a Venezia, è stato l’incidente della notte del 15 luglio, durante quella che è la festa più veneziana che ci sia, il Redentore, con più di 4 mila barche arrivate nel Canal Grande (e oltre 100 mila partecipanti in tutta la città), per assistere ai fuochi d’artificio che ricordano la fine della peste del 1577. L’imbarcazione del 27enne Riccardo Nardin, che portava a bordo due amiche, si è scontrata con una bricola non illuminata, nel canale tra l’isola di San Giorgio e San Servolo, in direzione del Lido. La partenza simultanea dei moltissimi mezzi, alla fine dello spettacolo pirotecnico, ha forse creato un’onda anomala che ha fatto perdere il controllo del mezzo al ragazzo. Lo scontro violento ha fatto cadere in acqua i tre amici: le due ragazze sono rimaste illese, mentre Nardin, dopo aver battuto la testa, non è più riemerso.

 

La morte del giovane, conducente esperto che lavorava per una compagnia di trasporto ed escursioni turistiche, ha scosso la città, riportando in evidenza il problema della sicurezza per le imbarcazioni in laguna, soprattutto la notte. Nel 2023 ci sono stati almeno sei incidenti di questo tipo, fortunatamente senza altre vittime. A poche ore dall’incidente del Redentore, alcuni giovani veneziani hanno lanciato una petizione online, chiedendo «un sistema di illuminazione lungo le bricole che renda la navigazione più sicura», che in pochi giorni ha superato le 11 mila firme.

 

«Ho percorso lo stesso tratto di canale che ha fatto quel ragazzo poco dopo di me e ho visto con i miei occhi che il canale non era illuminato. Sicuramente se la bricola fosse stata illuminata avrebbe potuto evitare l’impatto», racconta Marco Gasparinetti, consigliere comunale nella lista di opposizione Terra e Acqua. «Abbiamo sollevato il problema subito dopo il tragico incidente, con un’interrogazione presentata in consiglio comunale».

 

A fine ottobre sono arrivate le prime risposte dall’assessore con delega ai Lavori pubblici, Francesca Zaccariotto. Uno dei punti più importanti era chiarire le competenze sulle quasi 5 mila bricole presenti in laguna, divise tra comune di Venezia e Provveditorato (l’ex Magistrato alle Acque) in base ai canali di appartenenza. Se, come nel caso del canale in cui è accaduto l’incidente del Redentore, una bricola sia da sostituire perché pericolante o danneggiata, deve intervenire chi ne ha competenza, in questo caso il Provveditorato. Ma il Comune di Venezia può occuparsi dell’illuminazione ovunque ce ne sia necessità, in tutto il territorio lagunare, questo per un protocollo d’intesa del 2015 tra Comune, Provveditorato e Soprintendenza, protocollo che stabiliva anche la possibilità di realizzare bricole con materiali diversi dal legno, per diminuirne l’usura e i rischi (come i temuti coccodrilli, pezzi di legno che si staccano e galleggiano in acqua senza possibilità di essere visti se non all’ultimo momento). L’amministrazione preferisce, per il momento, illuminare quei canali in cui passano i mezzi di trasporto pubblico, come i vaporetti, lasciando ancora al buio i molti canali in cui passano i mezzi privati, come i piccoli barchini che tanti veneziani usano per spostarsi in laguna, in particolare in primavera e in estate. Con l’impegno, ancora generico, a potenziare l’illuminazione pubblica. «L’amministrazione ritiene che, in termini di priorità, si debba occupare solo del trasporto pubblico. E per noi è insoddisfacente», commenta Gasparinetti. La proposta dell’opposizione è illuminare tutti i canali con dispositivi che si ricaricano con energia solare. «Potremmo fare molto con poche migliaia di euro, per un Comune ricco come Venezia, che mette a bilancio opere pubbliche per centinaia di milioni di euro, come il Bosco dello sport».

 

La necessità di misure più efficaci per regolare il traffico acqueo in laguna e aumentare la sicurezza di chi naviga è un’esigenza ormai evidente per tutti, tanto che a metà novembre il Comune ha convocato gli Stati Generali sul moto ondoso, cui hanno partecipato enti, associazioni di categoria e gruppi sportivi. Uno dei punti più urgenti dovrebbe essere l’omologazione da parte del ministero dei Trasporti del sistema con cui vengono rilasciate le multe per eccesso di velocità in laguna, continuamente annullate perché considerate illegittime. E poi, come fa notare da anni il gruppo Insieme, che riunisce le associazioni remiere veneziane, tra le categorie più a rischio tra i naviganti nei canali come nello spazio aperto della laguna, serve affrontare drasticamente la questione del moto ondoso, che sfalda le rive e sta distruggendo una città tanto affascinante quanto fragile, attraversata ogni giorno fin nei canali più interni da mezzi di trasporto lanciati a tutta velocità, con carburanti più inquinanti di quelli delle automobili. I turisti però, si sa, non possono aspettare. Nell’ormai lontanissimo 2001 l’allora Provincia di Venezia stimava circa 25 mila imbarcazioni in circolazione in tutta la laguna. Numeri in aumento, per il moltiplicarsi di mezzi privati a disposizione dei visitatori, un fiume in piena dalla portata inarrestabile. Per la riduzione del traffico, Venezia è ancora in alto mare.