La regione ha un centro di ricerca spaziale all’avanguardia e un ateneo di eccellenza e forma giovani laureati con specializzazioni molto richieste. Ma altrove. E così le menti migliori vanno via

A Sasso di Castalda c’è un ponte tibetano in onore di Rocco Petrone, uno fra i dirigenti del programma Apollo 11 che spedì l’uomo sulla luna. Rocco nacque quasi un secolo fa negli Usa, ma questo borgo di 700 anime in provincia di Potenza ricorda che, senza l’immigrazione dei suoi parenti lucani, tutto questo non ci sarebbe stato. Quasi un secolo dopo, sembra che coltivare il futuro su semi gettati altrove sia ancora il destino che attanaglia la Basilicata.

 

Ad anno scolastico appena avviato, i dati comunicati dall’ufficio scolastico regionale segnano un calo delle iscrizioni di oltre 2 mila studenti. Basta vedere le proiezioni dell’ultimo quindicennio: solo nelle scuole dell’infanzia, il numero degli iscritti è diminuito del 23 per cento, e nei 131 Comuni della regione è stata chiusa la metà delle scuole. Ma le cifre stridono con quello che la Basilicata è diventata negli ultimi decenni: una Silicon Valley mancata, con centri di ricerca all’avanguardia che la politica nazionale, con l’autonomia differenziata alle porte, non supporta adeguatamente.

 

David Sarrocco, 37 anni, per esempio, ha lasciato Roma per lavorare presso il Centro Spaziale di Matera, l’hub dell’Agenzia Spaziale Italiana e dell’azienda e-Geos, fra i centri mondiali di raccolta e analisi dei dati dei telescopi laser attivi su tutto il pianeta: «Nel settore della geodesia, Matera è un centro di eccellenza. Con e-Geos, siamo parte di Emergency Copernicus, un progetto europeo di osservazione e monitoraggio delle emergenze che accadono in tutto il mondo», spiega. Con un dottorato in matematica alla Sapienza e un corteggiamento ricevuto da centri di ricerca esteri, Sarrocco ha comunque scelto Matera: «Ho ricevuto offerte economicamente più vantaggiose, ma Matera è un centro di riferimento nel mondo per il mio settore! E poi, qui ho trovato una comunità a misura d’uomo, in una città dove il lato umano è ancora un valore».

 

Ma la storia di David non è quella di Arcangelo Cortese, 34 anni originario di Tricarico, che da Cesena sogna di poter ritornare e trovare un lavoro in linea col suo percorso di studi. Dopo una laurea in Economia all’Università della Basilicata, lavora nel settore della logistica e del trasporto: «Pensavo che il master in Europrogettazione mi avrebbe permesso di stabilizzarmi in Basilicata, ma poi ci ha pensato il Covid a cambiare le carte in tavola. E così, nell’ottobre del 2020, ho compiuto i miei 30 anni lontano da casa, in Emilia-Romagna. Ma spero che un giorno possa ritornare in quella che resterà sempre la mia vera casa».

 

Arcangelo non è il solo. Carmelo Petraglia, professore di Economia politica e consigliere scientifico dell’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno (Svimez), spiega che tra il 2001 e il 2023 l’Italia meridionale ha perso oltre un milione e duecentomila abitanti: «La stragrande maggioranza sono giovani under 35: oltre 900 mila, di 300 mila laureati che in prevalenza cercano lavoro al Centro-Nord, il restante all’estero». Al Sud questo fenomeno è in accelerazione, ma neppure il Nord del Paese ne è immune. Riesce solo a tamponarlo con chi viene dal Mezzogiorno, spiega: «È tutto il Paese a respingere anziché attrarre talenti: si parte anche dal Nord, sempre meno competitivo rispetto alle altre regioni “forti” di Europa, per avere migliori opportunità di lavoro, salari più alti, maggiore stabilità professionale».

 

Petraglia insegna all’Università della Basilicata, centro cosiddetto di eccellenza se si guarda alla sua offerta formativa, in un contesto meridionale incubatore di realtà che lavorano nella ricerca scientifica, come l’aerospazio. Ma l’ateneo lucano, nato negli anni Ottanta, è in cima anche come presidio sociale, con il 70% degli studenti iscritti totali esonerati dalla tassazione e l’Azienda regionale per il Diritto allo Studio che eroga il 100% delle borse di studio agli aventi diritto: «Questo ha dato la possibilità a molte famiglie con poche possibilità economiche di avere il primo laureato in casa consentendo di iniziare un percorso di studi, che però viene completato altrove. Un mio studente molto brillante, per esempio, ora è economista presso la Banca centrale svedese».

 

Aziende più attrattive fanno, infatti, da sirene a giovani che, così, spopolano le aree interne. Questa odissea è tracciata dalle proiezioni Istat, discusse nel Rapporto Svimez 2023, sul processo di spopolamento in Basilicata: al 2080 la popolazione lucana sarà la metà, passando dagli attuali 541 mila a 287 mila residenti. È il cosiddetto fenomeno dello tsunami d’argento, come lo hanno definito i giovani di Generazione Lucana, un’associazione riconosciuta a livello europeo che unendo i lucani in sede e fuori sede per creare progetti e nuove visioni di futuro per la Basilicata: «Personalmente credo che chi abita nelle aree interne debba avere le stesse possibilità di scelta di chi vive nelle grandi città e questo sarà possibile solo se qualcuno si assume la responsabilità di accompagnare processi virtuosi e reali all’interno dei territori stessi, parlando con i giovani e chiedendo loro quali sono i bisogni e le necessità». Quel qualcuno di cui parla il presidente Egidio Lacanna è la politica.

 

Non bastano, infatti, sussidi come il bonus gas previsto dalla legge regionale 38/2022 per alleggerire le famiglie: l’assenza investimenti produttivi e l’autonomia differenziata daranno il colpo di grazia, come spiega Carmelo Petraglia, autore assieme a Vittorio Daniele de L’Italia differenziata (Rubbettino Editore, 2024): «L’autonomia differenziata propone un’idea sbagliata di Paese che si basa sull’illusione che il Nord possa farcela da solo. Ma anche il Nord sarebbe danneggiato da un Sud indebolito».