Lavoro

Queste 1.041 bare in piazza a Roma servono a ricordarci la strage dei morti sul lavoro

di Chiara Sgreccia   19 marzo 2024

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L'evento organizzato dal sindacato Uil vuole risvegliare le coscienze. Per ripristinare la dignità dei mestieri: «Perché non c'è più tempo per discutere. Bisogna agire»

Gianluigi lavorava per una ditta che aveva in appalto i lavori di manutenzione di un traliccio dell’energia elettrica a Teramo in Abruzzo. È morto folgorato il 25 settembre durante i lavori di manutenzione. Aveva 25 anni. Cinzia era un’infermiera originaria di Cagli, nella provincia di Pesaro Urbino e ha perso la vita a 49 anni dentro l’ambulanza nella quale lavorava. Quando, il 27 dicembre, si è schiantata contro un pullman dentro una galleria. Sono morti anche tre colleghi e il paziente che era a bordo. Marinella, 54 anni, è morta schiacciata tra le lamiere del mezzo antincendio su cui viaggiava, che si è rovesciato dopo aver spento un incendio nella provincia di Ragusa. Aveva un contratto a termine. Ha lasciato due figlie.

 

E poi Davide, Massimo, Maura, Raffaele, Barbara colpita alla testa da una raffica di proiettili violentissima. Ammazzata da un ex paziente che aveva premeditato l’aggressione, davanti all’ospedale di Pisa in cui lavorava. Morta dopo aver dedicato la vita a rendere migliore quella degli altri. 

 

La lista è ancora molto lunga. La strage continua e silenziosa: sono 1.041 le bare che hanno riempito piazza del Popolo, a Roma, il 19 marzo. Perché sono 1.041 le persone che hanno perso la vita mentre stavano lavorando nel 2023. 181, invece, i morti solo da quando è iniziato il 2024, neanche da tre mesi.

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Non numeri ma nomi, volti, storie, vite spezzate due volte: «La prima quando i lavoratori muoiono mentre si stanno guadagnando da vivere. La seconda quando la loro morte viene definita un incidente o un errore. Mentre, invece, sarebbe stata evitabile», spiega durante un requiem laico lo scrittore e drammaturgo Stefano Massini. Che ricorda come troppo spesso, in un mondo sempre più veloce e on demand, a mancare sul posto di lavoro sia proprio l’umanità: «Dobbiamo smettere di pensare che il lavoratore in carne e ossa possa essere sostituito da una macchina che non si stressa, che non si ammala, che non muore. Dobbiamo smettere di considerare l’essere umano come l’elemento debole della catena. Quando è invece l’elemento di forza. Il lavoro nasce per l’uomo, è il punto più alto in cui manifestiamo e cogliamo noi stessi nel creare qualcosa per gli altri e per noi. Nel fare», aggiunge Massari dal palco posizionato di fronte all'infinita distesa di bare che il sindacato Uil ha portato in piazza per l’iniziativa “Zero morti sul lavoro”. Pensata non solo con l’obiettivo di ridurre o diminuire le morti delle lavoratrici e dei lavoratori. Ma per azzerarle.

 

«Perché un futuro migliore è possibile. basta volerlo. Non possiamo rassegnarci all’idea che si tratti di morti inevitabili. Per questo vogliamo svegliare le coscienze, riportare l’attenzione sulle vite perse. Non c’è più tempo per discutere: è arrivata l’ora di intervenire. Vanno fermate le aziende che non rispettano le norme sulla sicurezza, bisogna aumentare i controlli e gli ispettori. L’istituzione del reato di omicidio sul lavoro potrebbe essere un deterrente per chi non rispetta le regole. E necessario per rafforzare la consapevolezza della gravità della volontaria disapplicazione delle norme e dei dispositivi di prevenzione. È una questione culturale e di civiltà», spiega il segretario generale Uil Pierpaolo Bombardieri, secondo cui lavoro precario e nero sono fattori complici nella strage dei morti sul lavoro e indicativi di un mercato che non funziona bene: «Servono scelte forti per salvare la vita dei lavoratori. La precarietà degli appalti e le gare al massimo ribasso hanno effetti pesanti sulla sicurezza sul lavoro perché chiaro che i risparmi vengono effettuati sulle applicazioni contrattuali e sugli investimenti per la sicurezza. È un fatto oggettivo che dobbiamo fermare, l’abbiamo visto tante volte. Anche un mese fa a Firenze (cinque operai sono morti il 16 febbraio a causa di un crollo nel cantiere di Esselunga, in via Mariti ndr)».

 

 

Per Bombardieri anche l’alternanza scuola-lavoro andrebbe profondamente riformata: «Non è giusto che i giovani rischino la vita mentre stanno imparando. Devono essere formati sulla sicurezza e seguiti da personale competente durante gli stage. In Italia abbiamo una legislazione importante in materia di sicurezza sul lavoro. Solo che non l’applichiamo. Perché per farlo servono tempo e investimenti. Servono soprattutto misure che siano in grado di garantire più controlli. La legge c’è, dobbiamo migliorarla con gli accorgimenti necessari ad adeguarla al mondo del lavoro che si evolve. Soprattutto, però, bisogna fare di più: investire in prevenzione e formazione. Modificare le sanzioni dal punto di vista penale», conclude Bombardieri. Convinto che nessun profitto possa giustificare la perdita di una vita umana: «Dobbiamo tornare a rispettare la dignità del lavoro».