Il caso
Definì Giorgia Meloni "neonazista": lo storico Luciano Canfora rinviato a giudizio
I fatti risalgono a delle dichiarazioni fatte dal professore nel 2022. La leader di Fratelli d'Italia, al tempo all'opposizione, aveva denunciato per diffamazione e chiesto 20mila euro di danni. «Inopportuno un processo per un giudizio politico quando dall'altra parte c'è un potere dello Stato» ribatte l'avvocato del filologo
La giudice monocratica del Tribunale di Bari Antonietta Guerra al termine della Camera di consiglio, seguita all'udienza predibattimentale di questa mattina, ha deciso di rinviare a giudizio il professor Luciano Canfora denunciato per diffamazione dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Come ha spiegato ai giornalisti l'avvocato difensore dello storico, Michele Laforgia, il giudice «ha rilevato che è necessario fare una approfondita integrazione probatoria incompatibile con l'udienza predibattimentale, ha disposto il rinvio del giudizio davanti al giudice del dibattimento che è il dottor Santoro per l'udienza del 7 ottobre».
L'episodio risale all'11 aprile di due anni fa, quando Meloni era parlamentare d'opposizione e il presidente del Consiglio in carica era Mario Draghi. Canfora fu invitato a parlare nel liceo scientifico "Fermi" di Bari nell'ambito di un incontro sul conflitto russo-ucraino e definì Meloni «neonazista nell'anima», «una poveretta», «trattata come una mentecatta pericolosissima». Per questo l'attuale premier querelò il filologo e la procura di Bari chiese la citazione diretta in giudizio. Canfora avrebbe «senza giustificazione alcuna - si legge nell'atto del legale di Meloni - leso l'onore, il decoro e la reputazione della persona offesa». «Aggredendo, vieppiù, la sua immagine, come persona e personaggio politico, con volgarità gratuita e inaudita, utilizzando volgari epiteti - imprevedibili ed estemporanei - che hanno seriamente minato la sfera intima e privata, oltre al patrimonio morale e personale della stessa persona offesa». La dinamica dei fatti avrebbe «determinato profondi strascichi sulla psiche e sull'immagine personale e professionale della parte civile, tenuto conto dell'ingiusta lesione del diritto inviolabile inerente la propria dignità, immagine e reputazione». La richiesta di risarcimento di 20 mila euro sarebbe «motivata, anzitutto, dal pregiudizio psicofisico sofferto e, soprattutto, dalla lesione alla reputazione, all'onore e all'immagine» della premier.
Per la difesa l'approfondita integrazione probatoria «non è compatibile con la struttura dell'udienza predibattimentale, cosa che anche io ho detto in discussione», ha evidenziato Laforgia. L'approfondimento riguarderà probabilmente il passaggio in cui Canfora nel 2022 durante l'intervento in un convegno in una scuola superiore barese, definì Meloni "neonazista nell'animo". «Per questo sarà necessario sentire il querelante», ha aggiunto. «E forse acquisire una massa importante di documenti biografici, bibliografici, autobiografici che ovviamente non si possono acquisire in una udienza preliminare o predibattimentale e che invece vanno acquisiti nel dibattimento e nel contraddittorio tra le parti che è la sede naturale». «Resto convinto - ha aggiunto Laforgia - che un processo per un giudizio politico per diffamazione non si possa fare e non si debba fare, e che sia molto inopportuno farlo quando dall'altra parte ci sia un potere dello Stato, perché il presidente del Consiglio è potere dello Stato».