Patrimonio naturale

L'Italia è campione europeo di biodiversità: sfruttiamola, è una miniera d’oro

di Angiola Codacci-Pisanelli   26 aprile 2024

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Proteggere l’ambiente per produrre ricchezza e lavoro. È lo scopo del National biodiversity future center. Una creatura del Pnrr che lega cinquanta centri di ricerca e duemila scienziati

Il monitoraggio dell’ululone, piccolo rospo dal ventre giallo tipico degli Appennini, esclusiva faunistica italiana a rischio di estinzione. Lo studio della «molecola del benessere», una sorta di semaforo che difende l’organismo dall’esposizione allo stress o a sostanze inquinanti. E “Nomadic”, lo spettacolo di Telmo Pievani che debutta al Festival delle Scienze del Parco della Musica di Roma, un racconto tecnico e musicale delle migrazioni come evento centrale della vita umana e di quella animale. 

 

Sono tre eventi disparati, legati però, in generale, dall’interesse per l’ambiente. E più in particolare dal rapporto diretto con le attività del National biodiversity future center (Nbfc): il centro di coordinamento nazionale delle ricerche intorno alla biodiversità che a fine maggio festeggia il primo anno di vita. «Il nostro ruolo è connettere i tanti centri di ricerca pubblici e privati che lavorano da tempo e ora sono impegnati nella gestione del più grande investimento europeo sulla biodiversità», spiega il presidente Luigi Fiorentino. Finanziato dal Pnrr con 320 milioni di euro, coordinato dal Consiglio nazionale delle ricerche, il centro coinvolge 49 istituzioni scientifiche per un totale di duemila ricercatori.

 

Il modello del coordinamento tra enti spesso lontani e diversi rimanda a un oggetto caro a chi ha a cuore l’ambiente: la ruota di una bicicletta, con un perno centrale (hub) da cui partono i raggi (spoke). Continua Fiorentino: «L’hub è formato da un team (direttore scientifico, program manager, direttore generale, responsabile legale…) e tiene i rapporti tra gli otto spoke, che fanno capo al Cnr e a diverse università». 

 

Ogni raggio ha il suo campo di ricerca, dal mare alla Terra (che vedono in campo da una parte le Università di Palermo, Napoli e Genova, dall’altra Siena, Modena e Sassari), dalle città all’impatto sulla salute umana (e qui incontriamo Pievani, che insegna Filosofia della scienza a Padova, Maria Chiara Pastore, direttrice scientifica del famoso progetto “Forestami” del Politecnico di Milano, e Hellas Cena, nutrizionista e prorettrice all’Università di Pavia).

 

Gli scopi di questa collaborazione, il direttore scientifico Massimo Labra li riassume in quattro punti: monitorare, conservare, ripristinare e valorizzare. «Monitorare serve per poter intervenire prima ancora che si verifichi un problema», spiega Labra, che insegna Biologia vegetale a Milano-Bicocca ed è tra i fondatori dello ZooPlantLab. «Conservare la biodiversità vuole dire fare azioni concrete per garantire che la ricchezza di flora e fauna che caratterizza l’Italia di oggi rimanga anche in futuro. Ma conservare non basta, dobbiamo anche ripristinare gli ambienti rovinati: si calcola che in Europa l’80 per cento degli ecosistemi sia danneggiato». 

 

E fin qui siamo su temi abituali, già tutelati dalla Costituzione – l’articolo 9 due anni fa è stato allargato alla  protezione di «ambiente, biodiversità ed ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni» – e dalla controversa Nature restoration law recentemente approvata dall’Unione europea. Il punto più originale è il quarto: «L’ultimo aspetto è forse il più importante», conferma Labra. «Siamo sempre stati abituati a considerare l’impegno per l’ambiente come un costo per la società. Noi vogliamo far capire che si tratta di un investimento: vogliamo dare valore economico alla biodiversità. Da questo punto di vista siamo i più ricchi d’Europa, contiamo più di 60 mila specie di animali e più di 10 mila di piante. Se vivessi in un Paese che ha miniere d’oro direi che l’economia si deve fondare sull’oro: ma siamo in Italia e la nostra economia deve basarsi sulla biodiversità».

 

È uno scenario concreto? Labra ne è convinto: «È stato calcolato a livello comunitario che investire un euro nella tutela della biodiversità possa portare da 10 a 40 euro di guadagno. Solo in Lombardia, e solo negli ultimi cinque anni, sono nate più di 10 mila imprese che si occupano di ambiente. Nei prossimi anni ci saranno un milione di posti di lavoro nel settore dei green job». Del resto, solo i nuovi assunti dal Nbfc sono cinquecento… Molte scoperte dai potenziali sviluppi commerciali sono a portata di mano: «Nell’ultimo anno abbiamo studiato più di 600 piante, identificando una quantità di molecole che possono avere un’attività antiossidante, antinfiammatoria, anti-ipertensiva. Sostanze preziose per produrre integratori e alimenti fortificati e forse, dopo studi più approfonditi, anche per realizzare nuovi farmaci».

 

L’occasione per fare il punto sui risultati ottenuti finora dal Centro arriverà il 22 maggio, che è la Giornata mondiale della biodiversità. In quei giorni a Palermo, sede legale del National biodiversity future center, si svolgerà il Forum nazionale sulla biodiversità, dove verrà presentato il Rapporto annuale sullo stato di flora e fauna italiane. Saranno tutti discorsi al futuro perché, sottolinea Labra, «la biodiversità non è nostra ma anche delle future generazioni. Con il Nbfc noi lavoriamo per i nostri figli e per i figli dei nostri figli». 

 

Intanto, alla fine del progetto – che come tutti quelli finanziati dal Pnrr durerà tre anni – i risultati saranno raccolti nel Gateway, «una specie di grande supermercato dove i nostri partner – i cittadini, gli enti di gestione delle aree protette, le scuole, le aziende – possono trovare una serie di strumenti messi a punto dal nostro lavoro», spiega Labra. E Fiorentino aggiunge che «le due sedi materiali saranno concentrate su due ambiti specialistici differenti: a Venezia il rapporto con aziende e startup, a Palermo la “diplomazia scientifica”, cioè la collaborazione con tutti i Paesi del Mediterraneo». 

 

Nel Gateway resteranno i risultati dei tre anni di lavoro: anche la ricerca sulla «molecola del benessere», guidata dalla studiosa milanese Gloria Bertoli, o il monitoraggio dell’ululone, che è tra i 60 progetti scelti dal bando per la tutela della biodiversità nelle aree protette.