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Israele spegne Al Jazeera: chiusura e confisca per la tv. E la tregua con Hamas si allontana

di Simone Alliva   6 maggio 2024

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L'arresto choc di un italiano a Miami. I giornalisti Rai in sciopero. Incendio in carcere per minori Beccaria. I fatti da conoscere

Israele spegne Al Jazeera, fumata nera sulla tregua
Israele spegne Al Jazeera nel Paese mentre una nuova fumata nera al Cairo allontana l'agognata tregua a Gaza, nonostante l'ottimismo dei giorni scorsi, e avvicina invece l'operazione a Rafah, nel sud della Striscia. Da oggi l'emittente del Qatar non è più visibile in Israele. Il governo Netanyahu ha infatti votato la chiusura delle attività e la confisca delle attrezzature della tv, accusata di essere "il megafono" di Hamas a Gaza e di "istigare" contro Israele.

Una decisione respinta da Al Jazeera, che l'ha definita "criminale". L'approvazione da parte del governo è avvenuta all'unanimità, con qualche mal di pancia - per la concomitanza con le trattative in Egitto - dei ministri centristi del gabinetto di guerra, Benny Gantz e Gadi Eisenkot. Lo scorso primo aprile la Knesset ha varato una legge per bandire le "emittenti straniere che danneggiano la sicurezza dello stato". Il ministro delle Comunicazioni Shlomo Karhi ha quindi firmato i provvedimenti che comprendono "la chiusura degli uffici, la confisca delle attrezzature del canale, compresi possibilmente i cellulari, e il blocco dell'accesso al sito web della tv".

Il capo del network in Israele e nei Territori Walid Omary ha preannunciato un possibile ricorso in tribunale. Hamas ha accusato Israele di voler così "nascondere la verità" sulla guerra, mentre l'Onu ha chiesto che il provvedimento sia ritirato. Frattanto la trattativa tra Israele e Hamas si è consumata in un muro contro muro, sebbene sul tavolo - secondo una fonte araba - ci fosse "la migliore bozza di accordo" elaborata finora.

I colloqui in serata sono stati dichiarati conclusi e la delegazione di Hamas - dopo aver fornito la sua riposta ai mediatori di Egitto e Qatar - è tornata a Doha "per consultazioni con la leadership" del movimento. Secondo i media egiziani, tornerà però martedì prossimo al Cairo per riprendere i negoziati mentre a Doha è arrivato in tutta fretta il direttore della Cia William Burns per spingere di nuovo alla ricerca di un'intesa prima che tutto "collassi". Le posizioni continuano tuttavia a rimanere lontanissime. Il nodo è sempre lo stesso: Hamas insiste sulla fine definitiva del conflitto nella Striscia e il ritiro "totale" dell'Idf da Gaza.

Condizioni che il premier Benyamin Netanyahu ha seccamente bocciato, liquidandole come diktat inaccettabili. È stato lo stesso leader della fazione islamica palestinese Ismail Haniyeh a ribadire la linea. "Hamas - ha detto da Doha - vuole raggiungere un'intesa globale che ponga fine all'aggressione, garantisca il ritiro dell'esercito e raggiunga un serio scambio di prigionieri. Che senso ha un accordo se il cessate il fuoco non è il primo risultato?". "È Hamas che impedisce un accordo per il rilascio degli ostaggi", ha replicato Netanyahu, aggiungendo che "Israele era ed è tuttora pronto a concludere una tregua per liberare gli ostaggi". Ma "le richieste estreme" di Hamas, ha aggiunto il primo ministro, "significano la resa" di Israele, che "invece continuerà a combattere fino al raggiungimento di tutti i suoi obiettivi".

Per questo ora l'operazione a Rafah, dove ci sono un milione e mezzo di sfollati palestinesi, sembra più vicina: "Comincerà molto presto", ha assicurato il ministro della Difesa Yoav Gallant. "Ho affrontato la questione intensamente nell'ultima settimana, compreso oggi", ha spiegato. La comunità internazionale, Stati Uniti in testa, è fortemente contraria. E forse non è un caso che per la prima volta dal 7 ottobre l'amministrazione Biden la scorsa settimana abbia deciso di bloccare una spedizione di munizioni in Israele, come riferisce Barak Ravid di Axios. Il presidente Usa si trova ad affrontare aspre critiche in patria da chi si oppone al suo sostegno incondizionato allo Stato ebraico. A febbraio la Casa Bianca ha chiesto di fornire garanzie che le armi Usa fossero utilizzate dall'esercito israeliano a Gaza in conformità col diritto internazionale, con Israele che ha fornito una lettera di assicurazioni a marzo. Al 212esimo giorno di guerra intanto, Hamas ha rivendicato il lancio di almeno 10 razzi nell'area del valico di Kerem Shalom, quello da dove transitano i camion degli aiuti umanitari, con il motivo che sul posto "si erano radunati soldati". Per tutta risposta lo Stato ebraico ha chiuso il valico, dove ci sono stati almeno 10 israeliani feriti. Secondo l'Idf, Hamas ha lanciato razzi da Rafah "a circa 300 metri da un'area usata come rifugio dagli sfollati". Gli scontri proseguono anche al confine nord di Israele: Hezbollah ha rivendicato il lancio di "decine di razzi dopo la morte di tre civili a seguito di un attacco israeliano nel sud del Libano".

Crosetto: "L'Europa non può accettare che Putin arrivi a Kiev"
"Le truppe ex sovietiche che arrivano a Kiev sarebbero un elemento totalmente destabilizzante per l'Europa e per il mondo. E porterebbero inevitabilmente a uno scontro con altre nazioni che non accetterebbero i carri armati russi al confine". Lo spiega il ministro della Difesa Guido Crosetto in un'intervista al Messaggero in cui parla del conflitto ucraino e della necessità di continuare sostenere il Paese. "Se dovessero espugnare la capitale ucraina - prosegue - si aprirebbe uno scontro drammatico. Purtroppo temo che Putin voglia tutta l'Ucraina e in più nessuno ci assicura che si fermerà all'Ucraina. È evidente che ha in mente un ordine internazionale, in cui chi è più forte, se e quando vuole, si prende le altre nazioni".

Secondo il ministro la spesa militare italiana va aumentata. "Dobbiamo porci il problema se vogliamo essere all'altezza della sfida tremenda che è stata scatenata. Gli Stati Uniti - sottolinea - sono ben oltre il 3 per cento, nel rapporto con il Pil, per le spese militari. La Gran Bretagna ha appena dichiarato di voler superare il 2 e mezzo. La Polonia è al 4. La Francia e la Germania hanno raggiunto il 2. L'Italia è tra i pochissimi Paesi della Nato di gran lunga sotto l'obiettivo che tutti i governi di tutti i colori politici, succedutisi in questi anni, si sono impegnati a raggiungere". Le spese per la difesa vanno però "escluse dal calcolo del deficit proprio per evitare che incidano su altre" perché "come dimostra la vicenda ucraina, non esisteranno più welfare, sanità, istruzione, libertà. L'Italia deve assumersi la responsabilità e decidere che cosa vuole essere nel consesso internazionale. Vuole essere un Paese che conta? O un Paese struzzo che mette la testa sotto la sabbia e si affida al caso?", conclude.

Legato e immobilizzato, arresto choc di un italiano a Miami
Non bastano le manette: prima bloccato da un ginocchio, poi la forte stretta di una cinghia ad aggiungere inutile sofferenza nella cella. Stavolta negli obiettivi delle bodycam degli agenti statunitensi c'è un giovane italiano, Matteo Falcinelli, un 25enne di Spoleto vittima di un violento trattamento degli agenti. Le immagini choc del suo arresto avvenuto lo scorso 25 febbraio a Miami, e rese note soltanto in queste ore dalla famiglia, scuotono fino a indurre alla "massima attenzione sul caso" da parte della Farnesina, che da quasi tre mesi segue la vicenda attraverso il consolato generale nella città della Florida, fin da quando Falcinelli fu bloccato dalla polizia per violenza (poi derubricata a 'resistenza'), oltraggio e violazione di domicilio quella notte in cui il ragazzo stava tentando di rientrare in uno strip club dove era stato, per riavere i suoi telefoni smarriti all'interno del locale.

Lo stesso ministro e vice premier Antonio Tajani, che ha contattato la madre del 25enne per portare la sua solidarietà, si è detto "profondamente colpito dalla violenza e dal tipo di trattamento che è stato applicato al nostro giovane connazionale: quel sistema in Italia evoca qualcosa che neppure voglio nominare". Azioni ritenute "inaccettabili" anche dal console e di cui Falcinelli porta ancora i segni di profonde ferite psicologiche, secondo quanto spiega la madre: «la sua voglia di vivere si è trasformata in un incubo di vivere». Qualsiasi siano gli scenari, si apre adesso sulla vicenda una partita delicata tra i legali dello studente spoletino e le autorità della Florida, proprio in un momento in cui gli Usa, dopo un difficile accordo si apprestano a trasferire in Italia Chico Forti, condannato nel 2000 all'ergastolo da un tribunale dello stesso Stato americano per l'omicidio premeditato di un imprenditore australiano.

"La struttura amministrativa americana dovrebbe riconoscere che c'è stato un comportamento totalmente fuori dalle regole, totalmente ingiustificato e sproporzionato rispetto a quella che era la necessità di intervento. Penso che il fine principale delle sollecitazioni di chiarimento da parte dell'Italia sia proprio questo: far capire che tutto deve essere riportato nei giusti termini", spiega il legale della famiglia, l'avvocato Francesco Maresca, riferendosi alle sue sollecitazioni alla Procura di Roma, "che può intervenire nei fatti che riguardano i cittadini italiani all'estero". Non si può escludere quindi che la Procura possa aprire un fascicolo, per richiedere ai colleghi statunitensi informazioni sull'accaduto e per sollecitare gli stessi a procedere in modo diretto nei confronti dei poliziotti.

La polizia di Miami ha avviato un'indagine interna in merito alla vicenda di Falcinelli e l'ambasciata Usa a Roma spiega: "Abbiamo visto i report, rimandiamo alle autorità italiane". Ma la madre di Matteo lancia nuove accuse: "Nel report che la polizia ha rilasciato, scritto sotto giuramento degli agenti, non c'è una sola parola che corrisponda a quanto si vede nelle riprese. C'è scritto tutt'altro", sostiene Vlasta Studenivova. Il giovane sta svolgendo al momento un trattamento alternativo al carcere, il parallelo della messa in prova in Italia e al termine di questo periodo - spiega il suo avvocato - "dal punto di vista giudiziario per lui questa vicenda si chiude". Dal segretario di Più Europa Riccardo Magi al responsabile Esteri di Italia viva, Ivan Scalfarotto, arrivano richiesta di interrogazioni parlamentari al ministro Tajani mentre Ilaria Cucchi ne annuncia una anche per il Guardasigilli Carlo Nordio. Il caso ha scatenato anche l'indignazione dell'associazione dei 'Giuristi democratici, che parlano di "brutale tortura" senza mezzi termini e secondo cui "esistono delle regole internazionali sui diritti umani che non possono essere violate né in Italia, né in Europa e nemmeno negli Stati Uniti: vige il principio universale del divieto di trattamenti inumani e degradanti e non ci sono dubbi che l'incaprettamento al quale è stato sottoposto negli Usa lo studente italiano Matteo Falcinelli sia stata una delle pratiche più crudeli e antiche di tortura". E Amnesty International aggiunge: "Immobilizzare per lungo tempo, mediante una tecnica che causa intenso dolore, una persona che evidentemente in quel momento non può costituire alcuna minaccia, è un trattamento illegale, che non trova alcuna giustificazione di sicurezza"

I giornalisti Rai in sciopero: "L'azienda replica con toni da padroni delle ferriere"
Lo scontro tra l'azienda e l'Usigrai esplode poche ore prima dello sciopero proclamato per oggi dal sindacato dei giornalisti della tv pubblica per protestare contro le scelte aziendali sul fronte della gestione del personale e per rivendicare la propria autonomia e libertà di fronte ai "tentativi di censura". A inasprire il confronto sono i video diffusi sulle reti Rai con le ragioni della protesta e la replica di Viale Mazzini che accusa la controparte di diffonre "fake news", facendo così insorgere non solo la stessa Usigrai, ma anche l'opposizione.

Nel video il sindacato attacca le scelte aziendali "che accorpa testate senza discuterne, non sostituisce coloro che vanno in pensione e in maternità facendo ricadere i carichi di lavoro su chi resta, senza una selezione pubblica e senza stabilizzare i precari, taglia la retribuzione cancellando unilateralmente il premio di risultato". Poi cita il "tentativo di censurare" il monologo di Antonio Scurati sul 25 Aprile. "Preferiamo perdere uno o più giorni di paga - si dice nel comunicato -, che perdere la nostra libertà".

L'azienda replica che "la decisione di scioperare su motivazioni che nulla hanno a che vedere con i diritti dei lavoratori si inquadra in motivazioni ideologiche e politiche". "Alcuna censura o bavaglio è stato messo sull'informazione", prosegue Viale Mazzini, invitando l'Usigrai "a cessare di promuovere fake news che generano danno all'immagine dell'azienda". Quindi l'affondo sulle rivendicazioni economiche, basato sull'impossibilità "nell'attuale quadro economico di aprire nuovi concorsi pubblici per nuove assunzioni giornalistiche a fronte di un organico di oltre 2.000 unità mentre si rendono invece necessari processi di ottimizzazione che consentano di valorizzare l'organico esistente". "L'azienda replica con toni da padroni delle ferriere - ribatte quindi il sindacato -. Quando non si hanno contenuti , la si butta sull'accusa stantia di fare politica e di far circolare fake news, un'accusa gravissima nei confronti di tutti i giornalisti e le giornaliste della Rai, che punta a screditare un'intera categoria". "Accusare centinaia di colleghi di diffondere fake news per danneggiare l'azienda è un atto gravissimo oltreché un'operazione di distrazione di massa per occultare ciò che sta davvero accadendo nel servizio pubblico", rincarano la dose Alessandra Costante e Vittorio Di Trapani, segretaria e presidente della Fnsi. Non aderiscono allo sciopero gli iscritti al nuovo sindacato Unirai. "Andremo a lavorare insieme ad altri 16 mila dipendenti di questa grande azienda - affermano - che va rilanciata e non infangata ogni giorno dopo averla lottizzata, in maniera abusiva, per decenni. È caduto il muro di Berlino, figuriamoci se non può cadere il monopolio dentro la Rai".

In giornata si capirà quanti saranno i giornalisti al lavoro, nel tentativo di mandare in onda almeno una parte delle edizioni dei tg. Sul fronte politico, il Pd esprime sostegno all'Usigrai. "È molto grave il tentativo da parte dei vertici Rai di screditare il sindacato - affermano gli esponenti Dem in commissione di Vigilanza -. Purtroppo sia i dati di ascolto che le fughe dei volti più rappresentativi e le inquietanti vicende di censura che hanno fatto il giro del mondo, testimoniano in maniera incontrovertibile che i veri pericoli per la più importante azienda culturale italiana vengono dai suoi vertici". Nega, invece, che si siano state censure il presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri, chiedendosi che fine abbiano fatto "i provvedimenti drastici" annunciati dalla Rai dopo il caso Scurati, perché dovrebbero a suo dire essere indirizzati verso "chi non ha detto la verità e ha messo in difficoltà l'azienda".

Incendio in carcere per minori Beccaria, nessun ferito
Un Incendio è scoppiato nelle scorse ore nel carcere minorile Beccaria senza che vi siano stati feriti. Secondo quanto riferito dai vigili del fuoco, le fiamme sono scaturite da una cella al secondo piano e i fumi ne hanno coinvolte altre tre, sempre al secondo piano. L'Incendio è stato spento e nessuna persona è stata coinvolta. Secondo quanto riferito dai Vigili del fuoco sono state necessarie circa tre ore per avere ragione dell'Incendio sulle cui cause sono in corso indagini. L'Incendio è scoppiato intorno alle 2 e parte dei detenuti è stata fatta uscire dallo stabile per ragioni di sicurezza. Le quattro squadre di vigili hanno finito il loro lavoro intorno alle 5. Il carcere Beccaria di Milano è da tempo al centro dell'attenzione per soprusi ai danni di detenuti per i quali è stata aperta un inchiesta che ha visto anche degli arresti di agenti della Polizia penitenziaria mentre il Natale del 2022 fu teatro di una rocambolesca evasione durante la quale fuggirono in sette, tutti rientrati o catturati.