Dopo l’attacco missilistico del 27 luglio in territorio israeliano in cui sono morti 12 bambini, la tensione è alle stelle. Netanyahu minaccia una rappresaglia su larga scala sebbene Hezbollah neghi ogni responsabilità

Sono 12 i bambini morti e 30 le persone ferite nell’attacco missilistico che sabato 27 luglio ha colpito un campo da calcio nella città di Majdal Shams, nelle alture del Golan. Territorio non distante dal confine con il Libano, annesso unilateralmente da Israele nel 1981. Si tratta del «peggior massacro nella storia del nostro popolo», ha detto il leader della comunità drusa di Majdal Shams, lo sceicco Mowafaq Tarif.

 

Secondo le autorità israeliane l’attacco sarebbe stato compiuto da Hezbollah, l’organizzazione paramilitare sciita con sede in Libano, supportata dall’Iran. Sebbene il gruppo neghi qualsiasi coinvolgimento - «la Resistenza islamica non ha alcun collegamento con questo incidente», hanno fatto sapere dall’ala militare - il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è convinto della sua responsabilità. Così il 28 luglio, rientrato dagli Stati Uniti con qualche ora di anticipo rispetto ai piani, ha immediatamente riunito il gabinetto di guerra per preparare una risposta al raid.

 

Dalla notte tra il 27 e il 28 luglio, una raffica di missili israeliani ha iniziato a colpire obiettivi definiti come basi terroristiche di Hezbollah in Libano. Ma secondo i media israeliani e la maggior parte degli osservatori internazionali, la reazione di Netanyahu sarà più molto più estesa. Restano da chiarire le dimensioni del contrattacco e se questo porterà a un ampliamento del conflitto o a una guerra totale.

 

Mentre le Nazioni Unite presenti in Libano con un contingente di oltre 10 mila caschi blu tentano di contenere la reazione israeliana, e anche gli Stati Uniti provano a calmare le acque, o quantomeno a evitare che il contrattacco delle Idf colpisca le città più popolose del Libano, è la Turchia ad alzare i toni: «Come è finito il genocida Hitler, allo stesso modo finirà il genocida Netanyahu. Come i nazisti sono stati ritenuti responsabili, anche coloro che distruggono i palestinesi saranno ritenuti responsabili. L'umanità sta con la Palestina, non distruggerete i palestinesi», ha detto il ministero degli Esteri turco poco dopo che il presidente del Paese, Recep Tayyip Erdogan aveva evocato una possibile invasione di Israele da parte della Turchia per porre fine ai bombardamenti delle Idf lungo la Striscia di Gaza che dallo scorso 8 ottobre hanno causato la morte di quasi 40 mila persone.

 

«Erdogan segue le orme di Saddam Hussein e minaccia di attaccare Israele. Lasciategli solo ricordare cosa è successo lì e come è finita», ha risposto il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz su X. Così mentre la tensione sale in Medio Oriente e  il mondo guarda con attenzione e paura alla reazione che Israele vorrà mettere in piedi, a Roma il summit che si è tenuto il 28 luglio tra i capi dei Servizi segreti di Stati Uniti, Israele, Egitto e con il primo ministro del Qatar non ha portato a nessuna soluzione ufficiale per quanto riguarda il cessate il fuoco a Gaza e le trattative per il rilascio degli ostaggi.