È figlio di una cugina di Matteo Messina Denaro. E anche suo padre è finito nei guai per essere stato vicino alle cosche. Ma lui ha dedicato la sua vita e la sua sicurezza alla lotta alla mafia

«Da venti anni mi batto per dissociarmi dalla parentela con Matteo Messina Denaro e mi definisco un attivista. Ho dedicato la mia vita e la mia sicurezza alla lotta alla criminalità organizzata a Castelvetrano». A parlare è Giuseppe Cimarosa, insegna equitazione ed è un artista di teatro equestre.

 

«Mia mamma, Rosa Filardo, è cugina di primo grado di Matteo Messina Denaro – continua Giuseppe – io sono riuscito a crescere nell’ombra, senza doverli frequentare. Mia madre era vista come una ribelle, una donna libera. Aveva deciso di lavorare, di sposare l’uomo che amava e non un uomo imposto. Io nasco da questo seme, cresciuto da una donna che era contro la mafia, in anni in cui le lotte restavano solo all’interno delle mura domestiche. Lei ha rotto una catena di ricatti sostenuta soprattutto dalle donne di mafia: amanti, parenti, mogli. La spaccatura nello stesso ceppo famigliare forse da lontano non fa effetto, ma vista nel contesto è rara, complessa».

 

Quando era adolescente, Giuseppe ha scoperto queste dinamiche ed è entrato in conflitto con suo padre, che era un imprenditore che lavorava nell’edilizia, coinvolto dal sistema mafioso locale. Fu arrestato nel 2013 per avere messo a disposizione della famiglia Messina Denaro la sua impresa. «Io e mia madre non conoscevamo i dettagli, ma sapevamo che c’era qualcosa che non andava e, quando lui è stato arrestato, sono andato via da casa per dissociarmi. Mia madre mi ha convinto a parlargli per rivelargli tutto il disgusto che provavo. In quell’occasione, mio padre ci ha spiazzati: aveva iniziato a collaborare con i magistrati e aveva anche denunciato mio zio, il fratello di mia madre. A quel punto ho deciso di perdonarlo, perché per la prima volta mi rendeva orgoglioso. Aveva fatto qualcosa di giusto. Lo abbiamo appoggiato e per noi è cambiata la vita».

 

Infatti, sono stati catapultati in un vortice di paure e isolamento. Perché il padre era sotto scorta, ma Giuseppe, suo fratello e la madre avevano rifiutato la protezione, restando a Castelvetrano per tutto il tempo in cui Matteo Messina Denaro ha vissuto a Campobello, poco distante da loro. «Mio padre s’è ammalato di cancro ed è morto dopo qualche tempo. La sua tomba è stata distrutta due volte. Io ho iniziato allora a espormi pubblicamente e credo che questo mi abbia salvato. Colpirci, inoltre, avrebbe voluto dire confermare ciò che aveva confessato mio padre e Matteo Messina Denaro non voleva attirare l’attenzione. Lui viveva non nascosto, ma libero: andava dal barbiere, a giocare a carte con gli amici. Noi invece siamo stati isolati dalla società. La mentalità l’ha protetto ed è questo che dobbiamo combattere».

 

Per provarci, all’indomani dell’arresto di Matteo Messina Denaro, la pianista e compositrice Sade Mangiaracina ha deciso di organizzare un concerto di musica e parole contro le mafie, “A Nome loro”, dedicato alle vittime di mafia, nel Parco archeologico di Selinunte, a Castelvetrano. Per bonificare i luoghi che le famiglie mafiose hanno soffocato e liberarli nel nome dei giusti. Su quel palco tanti artisti e anche Giuseppe, che si è rivolto al pubblico con coraggio: «Fra voi ci sarà anche chi ha protetto Matteo Messina Denaro. Ecco: vergognatevi! Siete stati complici della rovina di questa terra».