Il mondo che si riarma, e non si sazia, è ben descritto nell'ultimo report dell’Alleanza Atlantica. L’olandese Mark Rutte, il segretario generale nominato in autunno, si congratula con i membri della Nato per i risultati raggiunti lo scorso – il costo totale per la Difesa è passato da 1.180 miliardi di dollari a oltre 1.300 miliardi – ma subito precisa che non basta, non è ancora sufficiente, che sarà essenziale farà un salto di qualità: «Investire molto di più», ammonisce nell’introduzione del nuovo documento appena diffuso. E certamente Rutte non sarà soddisfatto dell’Italia che, secondo i calcoli Nato, arranca all’1,5 per cento del Prodotto interno lordo in spese per la Difesa, mentre ormai quasi tutti hanno agguantato l'obiettivo prefissato del 2 per cento, soprattutto i vicini di Francia (2,03 per un soffio) e di Germania (2,10 con un balzo). La media di Europa e Canada è 2 per cento tondo. La Gran Bretagna è al 2,33. Gli Stati Uniti con il 3,19 giocano in un torneo a parte e però, come va ripetendo Donald Trump, si sono stufati di reggere da soli la Nato.
Con molta diligenza e spirito trumpiano, si potrebbe aggiungere, il report di Rutte espone in grafica - più di una volta - la differenza fra gli Stati Uniti e l’Europa con il Canada. Lo scorso anno l’Alleanza Atlantica ha superato i 1.300 miliardi di dollari, un bel risultato considerando che sette anni fa erano 1.039, ma 818 miliardi provengono dalla casse di Washington. Se non fosse abbastanza chiaro, il report paragona le quote del Prodotto interno lordo con le quote di spese per la Difesa: gli americani rappresentano il 53 per cento del Pil considerando i 32 membri (inclusa la neoentrata Svezia) e coprono il 64 per del Bilancio Nato. La Francia e la Germania stanno recuperando, l’Italia troppo lentamente, la Spagna è immobile. In valore assoluti colpisce Berlino: nel 2024 ha impegnato 91 miliardi di euro per la Difesa, nel 2023 era sui 67 miliardi. La Francia sfiora i 60 miliardi con una crescita di circa il 10 per cento. L’andamento italiano col governo Meloni è piatto: 29,9 miliardi (2022), 31,3 miliardi (2023), 32,7 miliardi (2024).
Il ministro Giancarlo Giorgetti (Tesoro) ha assicurato che presto, dopo una ricognizione della Ragioneria Generale dello Stato sulle voci per la sicurezza e la difesa, anche l’Italia potrebbe scalare la vetta del 2 per cento: non lo vuole fare col debito pubblico, non lo vuole fare con acquisti improvvisati, anzi vorrebbe aspettare. E non ha torto. Perché per la riunione Nato di fine giugno, organizzata a l’Aja in Olanda in omaggio a Rutte, gli alleati hanno in serbo una gradita sorpresa: il 2 per cento è inutile, puntiamo al 3. Almeno. La fame di riarmo è ancora tanta.