La posta in gioco di questo Conclave va oltre il Vaticano: il nuovo Papa avrà un impatto sulle grandi questioni globali

Dei 133 elettori, il 70% è stato nominato da Bergoglio: un dato che potrebbe garantire continuità con il pontificato di Francesco

Nel cuore del potere spirituale cattolico di Roma, a San Pietro, da oggi si gioca una partita non solo religiosa, ma anche profondamente politica: il conclave che porterà all'elezione del 267esimo Papa della storia della Chiesa cattolica. I cardinali elettori sono 133. Il dato che conta davvero, però, è un altro: più del 70% di loro è stato nominato da Papa Francesco. Una maggioranza che potrebbe garantire continuità con il pontificato di Bergoglio e una visione della Chiesa più aperta, più sociale, più globale.

 

Il Conclave si tiene a porte chiuse nella Cappella Sistina. Si vota fino a quattro volte al giorno, alle 16:30 di oggi la prima e unica votazione della giornata inaugurale del Conclave. Serve una maggioranza qualificata: almeno 86 voti per eleggere il nuovo Papa. Dopo ogni scrutinio, le schede vengono bruciate. La fumata nera indica che non c’è ancora un accordo. Quando diventa bianca, vuol dire che il futuro della Chiesa è stato deciso.

 

La posta in gioco oggi va oltre il Vaticano: il nuovo Papa avrà un impatto sulle grandi questioni globali – dalla pace in Medio Oriente a quella in Ucraina, alle migrazioni, le diaspore contemporanee, i mutamenti climatici, la povertà -. Il Conclave è il rito più antico della Chiesa, ma parla al presente e oggi, più che mai, al futuro del mondo.

 

E proprio perché in gioco c’è un’agenda globale, lo scontro interno alla Chiesa si fa ancora più rilevante. Tra i cardinali più papabili, Matteo Zuppi – presidente della Cei, vicino a Sant’Egidio e da tempo impegnato in missioni per la pace in Ucraina – rappresenta il volto più politico e internazionale del fronte progressista. Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, uomo di apparato e di equilibrio, figura centrale nella diplomazia della Santa Sede, dalla Cina all’Ucraina. L’argentino Víctor Manuel Fernández, teologo di fiducia di Bergoglio e da lui voluto alla guida del Dicastero per la Dottrina della Fede, incarna invece la linea teologica più radicalmente riformista. Il filippino Luis Antonio Tagle, già prefetto di Propaganda Fide, è una figura ponte tra Europa e Asia e un possibile Papa “globale”, capace di parlare al Sud del mondo. 

 

Più defilato, ma ancora in campo, il canadese Marc Ouellet, espressione dell’ala conservatrice e dell’apparato curiale tradizionale. Dello stesso schieramento politico Peter Erdo, cardinale e arcivescovo cattolico ungherese, critico sull'immigrazione e vicino al presidente Viktor Orbán. Tra i conservatori anche il cardinale e arcivescovo guineano Robert Sarah

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